Abbiamo chiesto, nell’aprile scorso, al senatore Rino Serri, sottosegretario agli Affari Esteri con delega per l’Africa, il suo punto di vista sulla situazione dello schiavismo infantile.
- La questione della nave Eriteno, ha fatto risaltare il problema della schiavitù dei bambini in Africa.
- Sì, ma eviterei di andare sulla notizia scandalistica, in quanto della nave non se ne sa più niente e si è già smesso di parlarne, con il rischio che il problema verrà dimenticato. E questo in realtà è il vero pericolo. Credo che questo fenomeno diffuso in varie forme in tutta l’Africa subsahariana - il fatto che si vendano i bambini - vada reso ben esplicito. È un fenomeno che nasce sì da una tradizione, ma fondamentalmente da due fattori.
Il primo è la povertà: ci sono famiglie talmente povere, che vivono a livello della pura sussistenza, se non al di sotto, per le quali vendere il bambino presenta due vantaggi: da un lato per il bambino stesso che altrimenti muore e dall’altro per la famiglia che ne ricava un piccolo reddito. Questa è la ragione di massima, ma non va vista solo come una colpa dei genitori. In realtà c’è una precisa responsabilità dei mercanti che speculano su questo e su di loro bisogna colpire. Se però non si conduce la lotta alla povertà, il fenomeno non si estingue.
C’è un secondo aspetto da considerare. I ragazzi vengono ceduti, con la prospettiva, che a volte è solo un’illusione, di poter andare a scuola a prepararsi meglio per il futuro. Qualche volta è una promessa non mantenuta, qualche volta è vera a metà, nel senso che si trasferiscono in città con qualche parente che sta meglio. Il vero fenomeno però rimane la vendita.
- A livello di legislazione, come si stanno muovendo i paesi interessati?
- Ci sono situazioni molto diversificate. Tendenzialmente tutti i paesi tendono a darsi una legislazione per punire il commercio e impedire la vendita, ma la sanzione legislativa non può affrontare il problema, che ha un’altra natura. Non è un reato da estirpare, è un fenomeno sociale da superare con una persecuzione su chi specula su questo fenomeno: i mercanti.
- I mercanti sono a vario livello? Dal piccolo che recluta materialmente il ragazzino agli intermediari disposti in maniera piramidale gli uni rispetto agli altri?
- Una grande organizzazione sul fenomeno di massa non esiste: la grande vera organizzazione c’è su altri aspetti che ci riguardano molto da vicino.
Mi riferisco allo sfruttamento sessuale dei minori, il meccanismo di reperimento di bambini da adottare con dei criteri non sempre controllati e infine quello ancora più drammatico: il commercio degli organi. Qui sì che ci sono delle organizzazioni internazionali, certamente strutturate in modo piramidale.
Il fenomeno della vendita è legato essenzialmente alla povertà. Lo sfruttamento è organizzato per singoli settori, legati ad organizzazioni: per le ragazze mandate a fare lavori domestici nelle famiglie o nelle piantagioni di cacao. Singole aree, singole aziende che riguardano lo sfruttamento del lavoro minorile.
- A livello del governo italiano ci sono delle iniziative per fronteggiare questo fenomeno?
- Sì. Dal ’98 abbiamo adottato un documento programmatico nel Comitato direzionale della cooperazione allo sviluppo, sulla questione dei diritti dei minori e su questo ambito abbiamo una serie di programmi che sono in corso. Un programma è in corso in Angola per il potenziamento delle strutture giudiziarie che siano in grado di giudicare i minori, perché si avvalgono della magistratura tradizionale che non è adeguata. Poi ci sono diversi programmi per il recupero dei bambini di strada, in vari paesi. Abbiamo firmato una convenzione con la Oil, l’organizzazione internazionale del lavoro e abbiamo dato un contributo di 18 miliardi per programmi che questa organizza per lo sfruttamento del lavoro minorile.
(a cura di Silvia Ragni)
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