I premi assicurativi, specialmente per le due ruote, sono aumentati a dismisura. La colpa? Certamente delle denuncie per falsi incidenti che hanno portato la città partenopea ad un livello di sinistri tre volte superiore a quello degli Usa. Furti d’auto: in un anno, se ne sono registrati oltre quarantamila!
Motorino indispensabile per andare a scuola (niente bus anche per ore intere, in quei tempi a Napoli), e un giorno mio figlio allora sedicenne tornò appiedato: aveva urtato non ricordo cosa, manubrio deformato, chissà il meccanico quanto avrebbe preso per la riparazione.
Dovette meravigliarsi e perfino commuoversi della mia paziente o serena reazione, peraltro velata da rammarico perché certe spese in tempi di cassa integrazione giornalistica proprio non erano in calendario.
Un paio di giorni dopo la riparazione, tornò raggiante annunciando: “Il padre del mio compagno di banco lo ha saputo e dice che vuole farmi la lettera... lui scrive all’assicurazione che io l’ho danneggiato, quelli rimborsano e facciamo a metà...” Ci volle parecchio per fermare l’uragano di urli e improperi all’indirizzo del padre del compagno di banco e di tutta la famiglia: fu quando il ragazzo chiese, inebetito, perché m’arrabbiavo tanto alla prospettiva di ristorare l’esborso. Lui credeva d’aver fatto una cosa buona e giusta; ma come...?
Allora capii che bisognava spiegare. E non solo a lui.
Vedi ragazzo, qui a Napoli son talmente tanti a “fare la lettera” che adesso l’espressione non vuol più dire “scrivere una missiva” ma farsi i denari con l’assicurazione; c’è gente che s’è ripagata mezza automobile nuova “facendo lettere” a tutto spiano.
E le Assicurazioni sanno benissimo che i due terzi dei sinistri sono falsi: lo sanno i periti, gli avvocati, i liquidatori, i carrozzieri, i meccanici. Sono falsi e costosissimi, però le Assicurazioni pagano, eccome, a occhi chiusi, senza fiatare. Perché? Ma è semplice: per non rimetterci, aumentano i costi per gli assicurati. Tutti. Sia per quelli che non fanno un solo danno in dieci anni, sia per quelli che dell’aumento se ne fregano perché hanno pronta un’altra lettera per l’assicurazione. Che paga subito i danni minori. Ma se qualcuno muore o rimane invalido, ci vogliono anni e decenni per il risarcimento...
Solo a Napoli? Provare per credere, ragazzo, telefona a tua zia che sta in provincia di Gorizia e chiedi. Sentito? Per un’auto come la nostra, o quasi, lei paga giusto la metà della metà rispetto a noi. Lo sai che questo significa anche disoccupazione, malavita, corruzione, immoralità pubblica...? Già, perché se uno ha un’azienda con tre camion, ben si guarda dal comprarne un quarto o un quinto visto quel che costa l’assicurazione, e questo significa quattro autisti in meno, e meno affari di quelli che si potrebbero fare. E ci sono squadrette di gente che non solo fanno sinistri falsi, ma poi vanno a fare il “recupero crediti”; e che ne dici di Uffici giudiziari sommersi da procedimenti per sinistri che tutti sanno essere falsi, ma che si può fare se non c’è tempo e neanche la voglia di accertarli come tali, perché “tanto c’è l’Assicurazione...” Appunto.
Secondo choc per il rampollo allora sedicenne, poco dopo, quando preso posto con gli altri nell’auditorium della scuola, baldanzoso che sua madre fosse fra gli oratori della “Giornata per l’educazione alla legalità” si rivide nel racconto della vicenda familiare, sia pure riferita al “figlio d’una amica”.
Ancora più sconvolto poi per il mormorato triste assenso di quasi tutti - un migliaio di studenti - alla domanda su quante volte avevano sentito i genitori dire che avrebbero “fatto la lettera”, e alla conseguente deduzione che così concorrevano a preparare ai loro stessi figli un futuro di disoccupazione, illegalità, violenza.
Decine di volte, nelle scuole, ho ripetuto quel racconto, sempre lo stesso esito e gli stessi riscontri.
“Ma che volete farci...? C’è l’Assicurazione che paga!” Esclamazione che ho dovuto sentire molte decine di volte, quando chiedevo se non c’era da insospettirsi sul dato che Napoli aveva il record dei furti d’auto e anche quello del minor numero di vetture recuperate, ovvero nessuna. Mentre a Livorno non solo ne rubavano di meno, ma la Polizia riusciva a recuperarne il 70%! Un problema di professionalità dei mariuoli?
Eppure se ne era lagnato addirittura il dottor Renato Golia, Procuratore generale, rampognando che essendo stati archiviati in un anno la bellezza di 40.884 procedimenti per il furto di altrettanti veicoli, gli Uffici giudiziari s’erano “ridotti al ruolo di inutili passacarte fra la Polizia giudiziaria e le società di assicurazione”.
“Ma è difficile bloccare questi pazzi, e poi, c’è l’Assicurazione che paga...!” Era, ed è tuttora, la risposta a proposito della quasi inesistente repressione su strade dove chi viaggia su due o su quattro ruote non vede più né strisce, né pedoni, né semafori, né limiti di velocità, né marciapiedi, né sensi vietati, né altro. Né viene visto.
La controprova? È nelle statistiche costanti delle contravvenzioni: il 70% è per divieto di sosta, ossia per veicoli che non uccidono, non fracassano femori, non vanno col rosso, non procedono contromano, non sfrecciano, non urlano, non inquinano, non portano bambini sandwich fra guidatore e volante (o manubrio). Il restante esiguo 30% è suddiviso fra chi passa col rosso (18%) e altra robetta. Non c’è quasi traccia di multe, ritiro patente e sequestro del mezzo per “velocità pericolosa”, per il sorpasso a destra sulle fermate dei bus in modo da falciarne i passeggeri, per i motorini sovraccarichi come una station wagon, per gli infanti messi in mortale pericolo, per i caschi non indossati, e per quelle centinaia di infrazioni veloci e letali (ai pedoni è riservato il 13% degli incidenti). Uno spettacolo quotidiano che lascia trasecolati, a Napoli, solo i turisti.
“Viviamo in un Paese con probabilità di sinistri superiore del 50% rispetto alla media europea, il triplo rispetto agli Stati Uniti. La probabilità di danni fisici è tre volte superiore rispetto a Svizzera, Germania, Inghilterra. E il costo dei danni fisici è tredici volte superiore al costo dei danni materiali...”; parole di Enrico Tomaso Cucchiani, amministratore delegato della Lloyd Adriatico, il quale dichiara la sua convinzione che il costo dei premi assicurativi verrebbe dimezzato se si potesse lavorare nelle condizioni ambientali (e anche fiscali) del resto d’Europa.
Difficile sperare che cambi il comportamento stradale nella città dove il prestito d’onore per l’imprenditoria giovanile è stato rapidamente negato a giovani che si proponevano di andare nei cortili delle scuole con go-kart, biciclettine e segnali stradali per far conquistare il “patentino” ai ragazzini delle elementari, ovvero l’educazione stradale, e la prevenzione, prescritte invano pure dai programmi scolastici.
Alla fine del blocco per gli aumenti, lo scatto in alto dei premi assicurativi ha finalmente suscitato la protesta più generale, l’attenzione non più saltuaria degli organi d’informazione, l’iniziativa delle varie associazioni consumatori, un tentativo di intervento del governo (il tutto nel silenzio dei partiti del “Polo”, usi a cavalcar tigri del genere, ma non se al Cavaliere Berlusconi appartiene una grande società assicurativa).
Per un motorino da 50 cc un diciottenne residente a Napoli deve pagare 2 milioni e 115 mila lire annue, un bel po’ di più rispetto alle 500 mila di Milano, 780 mila di Roma, per non parlare del poco che si paga nelle piccole città del Nord e in parecchie del Sud.
E un celibe trentenne per l’auto di media cilindrata neanche tanto veloce, a Napoli rischia di pagare fra i 4 e i 9 milioni l’anno. Eppure nella stessa città le statistiche dicono che la guida è sì più “sinistrosa”, ma è quella che fa registrare il minor numero di incidenti mortali, anche perché sono ben poche le strade sulle quali si può correre, dove non a caso la statistica partenopea viene tristemente pareggiata alle peggiori.
Anche delegazioni, ripetute, per segnalare il notissimo obbrobrio delle truffe alle Assicurazioni; con piglio energico è stato alla fine affrontato l’annoso fenomeno: in Procura è stato annunciato un Pool specializzato, sui quotidiani è stata pubblicata senza stupore la notizia che da due anni era stato rivelato l’allarmante dato che almeno 150 mila veicoli circolavano con falsi contrassegni assicurativi (qualcuno aveva indagato, o indagò dopo tale allarme? Non è dato di saperlo).
L’Ufficio dei Giudici di Pace, che ha ereditato il pletorico lavoro dell’abolita Pretura, ha chiesto un’anagrafe dei testimoni di sinistri, ovvero l’immissione in un computer di tutti coloro che si presentano a testimoniare. Si formerebbe così un elenco sul quale ogni magistrato potrebbe quotidianamente riscontrare la presenza dei “professionisti del sinistro”, per denunciarli se li trova presenti “per caso” in più di cinque incidenti. Ce ne sono alcuni che sono riusciti a vedere e a testimoniare su quattro incidenti in un giorno; altri ne hanno visto un paio alla stessa ora in luoghi diversi e assai distanti, manifestando il dono dell’ubiquità.
Sono ventidue le compagnie di assicurazione al centro di indagini, quasi tutte come vittime di truffe.
Sgradevole record tocca alla “Fate”, alla quale due titolari di un’agenzia pratiche auto mandavano foto di veicoli variamente danneggiati con relativa ammissione di responsabilità dei loro assicurati, i quali però non ne sapevano nulla; gli stessi truffatori con documenti falsi si spacciavano per i danneggiati e riscuotevano i risarcimenti.
Di recente s’è saputo che aver l’auto vecchiotta, con ammaccatura o graffio o fanalino cadente, se scoraggia i ladri in cerca di roba nuova e lucente, incoraggia certuni che annotano la targa e l’Assicurazione, colore, tipo, ora e luogo, quindi “fanno la lettera” dichiarando di essere stati danneggiati da un guidatore che non se n’è accorto e si è allontanato. Per cui la Compagnia contesta al suo assicurato l’aver causato un danno, e questi non può difendersi né sostenere che la sua auto è intatta e immacolata. Salvo che non chiami quattro testimoni falsi (o cinque visto che devono essere, per prassi, uno in più dell’avversario) disposti a sostenere che erano con lui in quell’auto e in quel giorno a mille chilometri di distanza. Così la spirale dell’illegalità s’allarga ancora.
Il procuratore aggiunto Roberto D’Aiello, affrontando il problema di coordinare la Sezione reati contro il patrimonio che si occupa dei falsi sinistri e relative false testimonianze con quella che s’occupa di truffe e quindi dei falsi contrassegni assicurativi, non nasconde che la situazione è grave: “Una decina di sostituti, sommersi da migliaia di denunce. E non si può certo pretendere da Polizia e Carabinieri che si dedichino alle truffe assicurative a tempo pieno...”
Gli fa eco Antonio Ardituro sostituto procuratore titolare di una decina di inchieste su falsi sinistri: “L’unica via d’uscita per il cittadino onesto è denunciare, querelare... ma purtroppo si perde tempo e denaro”.
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