home | noi | pubblicita | abbonamenti | rubriche | mailing list | archivio | link utili | lavora con noi | contatti

Giovedí, 22/10/2020 - 14:41

 
Menu
home
noi
video
pubblicita
abbonamenti
rubriche
mailing list
archivio
link utili
lavora con noi
contatti
Accesso Utente
Login Password
LOGIN>>

REGISTRATI!

Visualizza tutti i commenti   Scrivi il tuo commento   Invia articolo ad un amico   Stampa questo articolo
<<precedente indice successivo>>
giugno/2001 - Interviste
Giovani / Il Pianeta Oscuro
Quando il crimine è "atto naturale"
di Marco Cannavicci

I fatti di Novi Ligure ripropongono il caso dei delitti (anche gravissimi) commessi dagli adolescenti e che, nella maggior parte dei casi, sono originati da espressioni emozionali e sensazioni momentanee come rabbia, odio, frustrazione, aggressività, eccetera

La cronaca dei delitti di Novi Ligure, per mano dei due adolescenti Erica ed Omar, ha portato alla luce una dura realtà: gli adolescenti possono arrivare a odiare i genitori al punto da desiderare di ucciderli. Questa realtà era poco conosciuta dall’opinione pubblica, ma era preesistente ai delitti di Novi Ligure e di norma relegata, sui giornali, alle brevi di cronaca. Nel corso degli ultimi anni ci sono stati in Italia vari episodi di parricidio e matricidio, ma nessuno di questi ha avuto la risonanza dei delitti di Novi Ligure al punto da scuotere la coscienza dell’opinione pubblica obbligando gli adulti a chiedersi chi sono gli adolescenti di oggi, cosa desiderano, cosa amano e cosa odiano, e, soprattutto, perché uccidono.
Mai prima d’ora nel mondo gli adolescenti dell’area occidentale avevano goduto di libertà, mezzi economici, tecnologia, opportunità di divertimenti come oggi. Eppure mai prima d’ora si era assistito ad una ribellione degli adolescenti così forte e violenta. Mai prima d’ora si era riversata sull’infanzia una così forte ricaduta culturale delle conoscenze di pedagogia e delle scienze dell’educazione. Eppure gli adolescenti frutto di questi modelli educativi, oltre ogni aspettativa, sono aggressivi, violenti ed uccidono gli altri, i coetanei, i diversi, i genitori, se stessi con tanta facilità ed odio.
Quello che sta accadendo agli adolescenti oggi è qualcosa di diverso da ogni possibile previsione e da ogni analisi finora effettuata sul mondo giovanile. Il delitto di Novi Ligure ha immesso un fatto nuovo nella psicologia adolescenziale e ha spazzato via tutto quanto finora sia stato scritto sul mondo giovanile. Agli esperti dell’argomento si impone quindi la necessità di ripensare al mondo giovanile con nuove idee, nuove teorie e nuove riflessioni. Probabilmente nei prossimi anni sarà necessario riscrivere la psicologia e la sociologia adolescenziale.
In Italia attualmente vivono circa 3 milioni e mezzo di adolescenti di età compresa tra i 14 ed i 20 anni. È ipotizzabile che molti di loro stiano vivendo una situazione di crisi personale, soprattutto per i passaggi difficili e traumatici che avvengono tra i 15 ed i 17 anni, e che la stiano vivendo in silenzio, da soli, cercando con le proprie risorse una soluzione o una via d’uscita. Molti di loro la troveranno attraverso atti violenti, atti criminali, l’uso di sostanze stupefacenti, oppure rendendosi semplicemente disponibili per commettere crimini, quando capiterà l’occasione, ed anche disponibili per entrare nelle varie forme della criminalità organizzata (nelle regioni a rischio di questo tipo di reclutamento).
Chi è in crisi, adulto o giovane che sia, non può farcela da solo con le proprie forze e quando ne diviene consapevole sceglie soluzioni estreme come il suicidio oppure difendendosi con sintomi compatibili con la patologia psichiatrica. Ogni problema o disturbo in adolescenza ha una sua prospettiva evolutiva di tipo negativo: le crisi cronicizzano, si ripetono, creano stress e paura permanente. Un noto esperto di infanzia ed adolescenza ha scritto che “se tutto si prepara nell’infanzia, tutto si gioca nell’adolescenza” nel senso che sono formativi gli anni dell’infanzia per la strutturazione e formazione della personalità ed il frutto di questa preparazione si rende evidente nell’adolescenza, ma ormai è tardi per intervenire preventivamente e bisogna ricorrere ai ripari.
In adolescenza si possono avere situazioni critiche improvvise di disagio e malessere psicologico che possono portare un ragazzo ritenuto fino a quel momento “normale” a commettere atti antisociali, criminosi, solo per cercare uno sfogo ed una possibile risposta allo stato di crisi.
Per studiare questo mondo giovanile sono necessari dei punti di riferimento, dei parametri, delle chiavi di accesso peculiari che non è possibile prendere a prestito da altri studi o inchieste. In questa nostra analisi, che si baserà sullo studio di alcuni di questi fattori peculiari caratterizzanti il mondo giovanile, il primo problema è individuare i parametri di indagine. Per questo studio ne sono stati individuati cinque:
a. le loro regole;
b. il bisogno di forti emozioni;
c. le scelte edonistiche;
d. l’intolleranza alle frustrazioni;
e. il mancato controllo degli impulsi.
Le loro regole – Gli adolescenti hanno le loro regole e queste non le hanno apprese per condizionamento educativo familiare, ma per “contaminazione” ed imitazione passiva dei comportamenti del gruppo di appartenenza o dai modelli dei media che vengono maggiormente seguiti (Mtv, Videomusic). Queste regole, estranee al contesto sociale e lontane dal modello familiare, si prestano ad una facile e naturale conflittualità con il mondo degli adulti, a partire dai genitori e verso tutte le figure educative (della scuola, del lavoro, dello sport, della società). Ne consegue che ogni contatto fra il mondo degli adulti e quello adolescenziale è in grado di far emergere questa diversità di regole con vissuti di frustrazione, di conflitto ed insofferenza da entrambe le parti. Si arriva al punto, all’interno di una “normale” famiglia, che ogni comunicazione produce in entrambe le parti conflitto e frustrazione.
Non sentendosi compreso dai genitori l’adolescente sceglie i suoi pari, i coetanei, il gruppo che parla, vive e la pensa come lui. Alla fine l’adolescente matura un bisogno di appartenenza ed aderenza culturale quasi morboso al gruppo e alle sue amicizie. Si matura un bisogno continuo di stare in compagnia dei propri coetanei, di riunirsi in gruppi per fare tutti insieme le stesse cose. Questi gruppi legano i membri con una forte coesione arrivando a posizioni acritiche anche nei confronti delle degenerazioni dei comportamenti di gruppo, come i comportamenti antisociali, violenti e criminali. Questi gruppi possono anche degenerare in atti di teppismo gratuito, in furti, in rapine, in aggressioni, in spaccio di droga (come nelle baby gang, presenti principalmente a Milano, e che sono formate da ragazzi bene della città), senza che nei componenti possa emergere una critica o un rifiuto di tali comportamenti.
Nel gruppo gli esempi comportamentali derivano dai videoclips musicali e dai film del cinema americano: gli attori e gli interpreti di questi video hanno preso il posto dei modelli familiari e dei punti di riferimento genitoriali. Il giovane imita il cantante, imita l’attore e prende sempre più le distanze dal genitore considerandolo un modello da rifiutare e ripudiare.
Non essendoci vie di mezzo, spazi di compromesso e regole condivise tra il gruppo e la famiglia, ecco che la scelta avviene automaticamente per il gruppo e per dimostrarne l’appartenenza gli adolescenti sentono il bisogno di avere un look uniforme e di seguire imperativamente le indicazioni della moda giovanile. I video musicali hanno in questo modo generato una classe giovanile dove il modo di parlare, di vestire, di muoversi, di mangiare e di divertirsi è uniforme. È una specie di “clonazione culturale” di soggetti biologicamente differenti, clonazione che gli adulti non capiscono in quanto conduce alla scelta ossessiva di una marca e non di un prodotto.
Non esiste nulla al di fuori del gruppo, non sono concepibili altre appartenenze, e questo conduce ad un rifiuto di molti concetti sociali, come la politica, ed al rifiuto dell’informazione ingessata dei media. Negli anni ’70 i giovani si scontravano in piazza per l’idea della politica, oggi semplicemente la rifiutano, considerandola estranea alle loro scelte.
Il bisogno di forti emozioni – In un mondo esteriormente uniforme come quello adolescenziale ognuno vuole cercare e vivere stati d’animo e sensazioni particolarmente forti ed originali. Questa ricerca li rende disponibili ad accettare la proposta di qualsiasi esperienza, assumere qualsiasi sostanza e prestarsi a qualsiasi complicità. Questo comportamento tuttavia non è tipico solo di questa classe giovanile, ogni generazione ha sentito il bisogno di “bruciarsi” in qualche modo attraverso la ricerca di stimoli e sensazioni forti. Sentono l’esigenza di stordirsi ballando in discoteca per molte ore, essendo disponibili all’uso delle sostanze stupefacenti, di mescolarle, alternarle, sperimentarle. Gli adolescenti di oggi offrono un quadro diverso del consumatore di sostanze stupefacenti rispetto ai consumatori del passato: il quadro del politossicofilo. Il politossicofilo, non è dipendente dalle sostanze, non ha crisi di astinenza, mantiene il lavoro e gli amici, quindi non fa un uso continuativo di droghe, più che altro le assume in modo ricreativo il fine settimana e per le ritualità di gruppo. Però è disponibile ad assumere di tutto, mescolando le varie sostanze in modo originale e pericoloso, senza dunque le preferenze ed esclusività che hanno caratterizzato il consumo delle generazioni passate.
Nella ricerca incessante delle forti emozioni c’è spazio anche per la facilità ai rapporti sessuali che, nonostante le campagne informative sui rischi infettivi della sessualità non protetta, sono generalmente promiscui, con continuo scambio di partner. La facilità ai rapporti sessuali si deve anche per un ulteriore nuovo aspetto di differenziazione rispetto alle generazioni precedenti: l’iniziativa e l’intraprendenza delle ragazze, non più relegate ad un ruolo di attesa e di passività nei confronti dell’intimità sessuale. Le ragazze esprimono le loro scelte ed i loro desideri in modo diretto, senza paure e senza pudori: passare dal primo incontro all’intimità sessuale avviene in tempi brevissimi e senza impegni affettivi.
Il bisogno di forti emozioni tuttavia non è solo questo. È anche il bisogno di sfidarsi con pericolose gare di auto e di moto (mettendo a repentaglio la vita anche degli altri), il bisogno di sfogare le frustrazioni e la violenza assorbita dai media e dalla musica (dietro gli esempi dei videoclips di Eminem e di Marilyn Manson, oppure di film violenti come “Natural born killer” o “Hannibal”), il bisogno di provocare una rissa per fare a pugni e picchiare gli altri (come allo stadio o in discoteca).
Il bisogno di sfogare la violenza e l’aggressività assorbita in modo passivo dai video, ed in qualche modo legata alle forti emozioni, aumenta anche la violenza in ambito scolastico: con sevizie verso i compagni e le compagne più deboli, con pestaggi, con stupri, con taglieggiamenti sul modello del racket. E questi comportamenti violenti sono compiuti non da ragazzi difficili o dei quartieri socialmente emarginati, ma dai ragazzi di buona famiglia (stravolgendo le teorie classiche sulla criminogenesi e sulla devianza giovanile).
Le scelte edonistiche – Con le regole personali e la ricerca continua ed incessante delle forti emozioni il comportamento non può essere orientato che verso le scelte del piacere personale: la ricerca del piacere personale prende il posto di qualsiasi altro obbligo o impegno morale. Con la ricerca del piacere vengono messi da parte i sensi del dovere, le regole sociali, il procrastinare il successo del risultato finale con i sacrifici attuali. E fra le scelte edonistiche troviamo tutto ciò che in qualche modo può dare una sensazione di piacere. Ecco quindi essere compatibile con questa ricerca un uso continuativo ed eccessivo di sostanze che danno piacere, come la birra e gli alcolici, ma anche gli spinelli, gli acidi e l’ecstasy (utile soprattutto per reggere le 6 ore di ballo in discoteca).
Di fronte a tutti i prodotti che l’industria produce per il piacere dei consumatori i giovani sono i soggetti più passivi della comunicazione commerciale finalizzata al consumo. I giovani sono il target preferenziale di tutti gli operatori del marketing e della comunicazione pubblicitaria. I giovani devono consumare sempre di più, devono avere desideri per tutto ciò che è futile ed effimero. Devono quindi spendere, spendere tanto, e per farlo hanno bisogno di soldi. Soldi che loro non guadagnano, che non vengono dati con la paghetta a sufficienza rispetto alle esigenze e che in qualche modo devono essere trovati.
Per i giovani, secondo i risultati di varie inchieste, i soldi fanno la felicità. E la felicità è tecnologia (cellulari, sms, internet, chat, mps, hi-fi), moda, moto e motorini, auto, discoteca, griffe che vanno per la maggiore (il look obbligato condiviso, cioè la clonazione culturale) e per mantenere l’uso di tutti questi oggetti, e delle abitudini che danno piacere, hanno bisogno di molti soldi. È per questi soldi che si prostituiscono e spacciano droga, anche se vivono in famiglie benestanti. Prostituzione e spaccio di droga che aprono dei nuovi capitoli della sociologia e della devianza giovanile poiché avvengono in assenza di emarginazione e disagio sociale. In questo caso la prostituzione avviene nel senso più puro ed originale del termine: sesso in cambio di soldi.
La paghetta non basta per gli alcolici, la discoteca, il motorino, la droga, la scheda del cellulare ed ecco che qualsiasi modalità illecita (o deviante) diviene utile, in modo acritico e machiavellico, per conseguire il denaro.
Le scelte edonistiche creano insofferenza alla noia e alla solitudine, insofferenza al dovere e al sacrificio, intolleranza all’etica e alla morale. Le scelte edonistiche, presentando il vantaggio attuale e a breve termine rispetto ad una eventuale punizione futura, a lungo termine, creano la disponibilità al delitto (furto, rapina, violenza, truffa...) inducendo il giovane a ritenere di riuscire a farla franca e, nel caso venga arrestato, di non dover scontare alcuna pena, in quanto minore.
L’intolleranza alle frustrazioni – Per la naturale immaturità i giovani hanno bisogno di protezione, rassicurazione, attenzione, comprensione, in una parola, di affetto. E non solo dai loro familiari, anche dagli amici e dai fidanzati. Dell’affetto, come il cibo, i giovani ne hanno bisogno tutti i giorni. Non è pensabile tenere un giovane a digiuno per 6 giorni e rimpinzarlo la domenica, come molti genitori pensano di fare, facendosi vedere solo nei giorni festivi.
Il non ricevere l’affetto così come atteso dall’adolescente porta alla frustrazione e la conseguente intolleranza alla frustrazione provoca ribellione. Ribellione agli altri, ribellione alle regole, ribellione alla società: ribellione a tutti.
Quando sono i genitori a provocare la frustrazione di negare ai figli il consenso sulle loro scelte, come ad esempio un fidanzato non condiviso, un viaggio negato, un motorino contestato, i soldi non dati a sufficienza, la ribellione conduce non all’adattamento e alla rassegnazione come nelle generazioni passate, ma alla ricerca di un modo per sbarazzarsi dell’ostacolo (il genitore), anche pensando di uccidere il genitore (come il recente caso di Novi Ligure, oppure il delitto commesso da Pietro Maso a Verona alcuni anni fa).
Ribellione, edonismo, regole personali, bisogno di emozioni forti ecco che possono anche spiegare il bisogno di usare auto e moto molto potenti (anche truccate) per correre e sfidarsi. Gli incidenti stradali, per molte ragioni, sono la prima causa di morte degli adolescenti in Europa. La seconda causa di morte sono le droghe psicostimolanti (come le anfetamine e l’ecstasy) usate nelle discoteche. Ribellione è sfidarsi in modi cruenti e violenti, come le risse nelle discoteche, in birreria e allo stadio.
Il mancato controllo degli impulsi - I crimini che i giovani commettono, a differenza dei crimini commessi dagli adulti, spesso non hanno una base di consapevolezza, manca cioè la volontà (il dolo) di commettere il reato, manca la premeditazione, manca il vantaggio personale. Spesso i crimini commessi dagli adolescenti sono degli atti naturali, espressione dell’emozione e della sensazione del momento, come la rabbia, l’odio, la frustrazione e l’aggressività. Sono semplici espressioni comportamentali giovanili che dipendono in modo diretto dal loro stato d’animo perché gli adolescenti non sanno gestire, né controllare, né comunicare l’emozione e l’impulso del momento. Anche gli adulti hanno quelle emozioni negative, tutti noi proviamo quotidianamente rabbia ed odio, ma esistono delle difese culturali in noi per cui riusciamo a controllare tali impulsi. È stato il sistema educativo, familiare e scolastico (anche religioso), a farci costruire quelle difese e quell’autocontrollo. Se il giovane esprime gli impulsi in modo diretto è perché nessuno ha costruito o formato in lui delle difese psicologiche. Le difese vengono costruite modellando il proprio comportamento sulla base di persone che rappresentano i punti di riferimento. È osservando loro che impariamo a rispondere, parlare, reagire e comportarci nelle varie situazioni sociali, conflitti e litigi compresi.


L’osservatorio di Los Angeles

Los Angeles ha il triste primato di rappresentare un osservatorio privilegiato del disagio e della delinquenza giovanile. Secondo il Dipartimento di Polizia circa 100 mila giovani al di sotto dei 18 anni fanno parte delle oltre 600 bande di quartiere dedite a violenze pubbliche e private. Nell’area urbana di Los Angeles, grande più o meno come la nostra Umbria, vi si trova la più alta concentrazione di violenza e criminalità giovanile del mondo. Lo spettro di criminalità legato a queste bande giovanili comprende omicidi, furti, rapine, estorsioni, aggressioni, rapimenti di bambini, con la particolarità locale delle sparatorie da auto e moto in corsa. La grande maggioranza delle sparatorie avviene in quartieri economicamente e socialmente più emarginati. I programmi messi a punto per arginare questo fenomeno hanno evidenziato l’inutilità dei programmi repressivi legati ad un aumento della Polizia, evidenziando la necessità di intervenire, in maniera preventiva, sui fattori di disagio individuale e sociale, includendo famiglia, scuola, ambiente abitativo e di lavoro.


Fare a pugni per onore è giusto

Secondo una indagine condotta dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione, su un campione di 4.803 studenti di 15 anni che frequentano le medie superiori, se è in gioco l’onore del proprio gruppo o della propria famiglia, l’uso della violenza e l’idea di battersi sono giudicati positivamente da circa il 30% dei ragazzi. La maggioranza di questi ragazzi, che farebbero a pugni per onore, è rappresentata da maschi. Nel corso della stessa inchiesta è emerso inoltre che per circa il 25% degli intervistati non è grave dire piccole bugie dal momento che non fanno male a nessuno. Infine sono stati resi noti degli altri dati, emersi da studi condotti dall’Eurispes, secondo cui i bambini italiani, negli anni dell’obbligo scolastico, passano più tempo davanti alla Tv che sui banchi di scuola: 15 mila ore davanti al piccolo schermo e 11 mila sui banchi di scuola.

<<precedente indice successivo>>
 
<< indietro

Ricerca articoli
search..>>
VAI>>
 
COLLABORATORI
 
 
SIULP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
 
Cittadino Lex
 
Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!
 
 
 
 
 

 

 

 

Sito ottimizzato per browser Internet Explorer 4.0 o superiore

chi siamo | contatti | copyright | credits | privacy policy

PoliziaeDemocrazia.it é una pubblicazione di DDE Editrice P.IVA 01989701006 - dati societari