La nuova figura giuridica si pone come mediatore tra Società e Stato per decidere la rivendicazione o la negoziazione dei conflitti, per proporre soluzioni, collaborare con l’Amministrazione
Il difensore civico è un istituto di partecipazione popolare previsto dalla legge 142 del 1990. L’art. 8 prevede che ogni ente locale può dotarsi di un difensore civico per garantire la buona amministrazione.
Le funzioni sono quelle di garanzia e di controllo della buona amministrazione.
La figura deriva dall’ombudsman svedese.
Il termine “ombudsman” necessita di spiegazione ulteriore perché in realtà è stato usato indiscriminatamente per definire un insieme eterogeneo di istituti.
Il termine “ombudsman” deriva dal medioevale umboosmaor, riferito a persona che ha l’umboo (il potere di agire a favore di un altro).
Dall’inizio del secolo il termine si è diffuso dapprima negli altri Paesi scandinavi e in seguito in molti altri paesi. Nonostante si fosse distinta la sua competenza con riguardo alla materia creando l’Ombudsman per la libertà nel commercio e nell’industria (Naringsfrhetsombudsman – 1954), per la parità dei sessi (Jamstalldhetsombudsman – 1979) o ratione loci, come nei paesi a struttura decentrata quali la Spagna e l’Italia, la definizione tradizionale, al di là delle sue applicazioni, è quella di “un ufficio previsto dalla Costituzione o da una assemblea legislativa o Parlamento e diretto da un pubblico ufficiale indipendente, di alto livello, che è responsabile di fronte alla assemblea legislativa o Parlamento, che accoglie reclami contro agenzie governative ufficiali e impiegati, da parte di persone che hanno subito un danno o che si attiva da sé, e che ha il potere di investigare, di raccomandare azione correttiva e di pubblicare rapporti”.
Questo modello classico o legislativo o parlamentare si contraddistingue per le seguenti caratteristiche:
1) accoglie i reclami di privati cittadini nei confronti dell’amministrazione pubblica e cerca di risolvere i casi fondati;
2) ha il potere di fare indagini e di accedere a tutti i documenti ed uffici;
3) non ha il potere di annullare una decisione o di emettere sentenze vincolanti, ma può emanare raccomandazioni, esprimere critiche e dare pubblicità ai casi (l’efficacia dell’istituzione è costituita dalla autorevolezza che le è attribuita dalle istituzioni politiche);
4) è indipendente dal potere esecutivo ed è nominato dall’organo legislativo.
E’ con queste caratteristiche che viene assunto anche in Italia, dal momento che la legge 142 del ’90 prevede gli istituti di partecipazione popolare per garantire il diritto di accesso e la trasparenza così come previsti dalla legge 241 dello stesso anno.
In tale modo il difensore civico diventa l’istituto per la difesa dei diritti individuali come quello di opporre reclami, di essere ascoltati, di far intraprendere un’azione correttiva quando si subisca un danno. E’inoltre garante dei diritti umani così come previsti dalla Convenzione Europea di salvaguardia dei diritti umani, richiamati anche all’art. 2 della Costituzione.
In Italia i difensori civici sono 350; quelli locali ed i regionali sono stati nominati quasi ovunque con alcune eccezioni nelle regioni meridionali.
L’efficacia dell’azione dei difensori civici deriva, si è già detto, dalla autorevolezza che il sistema politico attribuisce loro ma quando è previsto ed è eletto, tale istituto diventa la cartina di tornasole della disponibilità dell’ente ad operare in modo democratico, a gestire i conflitti, ad operare la parificazione delle parti: cittadino e pubblica amministrazione.
Il difensore civico si pone, quindi, quale mediatore tra società e Stato per l’accrescimento della conoscenza e della coscienza civica e dell’amministrazione, per educarla alla accoglienza ponendosi nei confronti del cittadino in modo che si possa valutare la sua posizione per decidere la rivendicazione o la negoziazione del conflitto o per proporre soluzioni, collaborare con l’amministrazione e comprenderne la complessità.
In Italia il difensore civico si caratterizza sostanzialmente per essere indipendente anche se è organo interno all’amministrazione, autonomo pur se elettivo.
È un comunicatore pubblico, in un ambito in cui le amministrazioni pubbliche non possono più connotarsi come “autorità” o come soggetti che assistono, ma devono essere in grado di attivare meccanismi di collaborazione, di disponibilità, affinché l’informazione sull’azione da intraprendere sia adeguata da parte di tutti i portatori degli interessi in gioco.
È un valutatore della buona amministrazione o meglio dell’amministrazione accogliente. Come magistrato di persuasione evidenzia, nella relazione tra cittadino e Pubblica Amministrazione quanto, a seguito dell’interpretazione delle leggi e della loro attuazione secondo ragionevolezza, gli interessi sottesi alle posizioni giuridiche possono avere tutela e quali possano essere le soluzioni alternative. Il metodo riguarda lo spazio e il tempo dedicato alla soggettività e individua gli esiti di un’indagine giusta, affidata alla sensibilità, all’intuizione e alla capacità ricostruttiva degli operatori che sono da una parte il cittadino informato e dall’altra il burocrate formato.
Per la costruzione di “una rete di contenimento” di fronte al rischio di un eccesso di pretese di risarcimento o di abusi d’ufficio o anche per il solo dubbio di errore, da una parte o dall’altra.
Il conflitto è quello tra cittadino e Pubblica amministrazione ma rinvia anche a quello tra istituzioni forti e istituzioni deboli. La sintesi riguarda lo scontro inteso non come scambio ma come conflitto distruttore, concetto negativo tendente a riaffermare nel linguaggio, e in ogni altra pratica sociale, la scarsità di comunicazione proficua.
Nel linguaggio usato dagli uffici per definire e comunicare le storie e i fatti delle persone è evidente questa negatività tant’è che è in corso una lunga operazione alla ricerca della semplificazione del linguaggio, in ossequio alla certezza e trasparenza dell’amministrazione .
La questione del conflitto tra istituzioni deboli e forti, invece, dipende proprio dai contenuti e dalla rappresentazione semantica dei discorsi. Le istituzioni di garanzia parlano di garanzia dei diritti e di autotutela mentre, nella logica della divisione dei poteri, le istituzioni “tradizionali”, politiche e amministrative, parlano di diritti, enunciandoli nel primo caso o utilizzandoli nel secondo.
Il conflitto chiama un soggetto ad emergere e a nominarsi, a realizzare/attuare i propri interessi. Così il difensore civico media quella posizione “tra”, quello spazio grigio che può assumere colore e senso solo se le parti in conflitto intendono usarlo e disporne per trasformare costruttivamente la loro relazione.
Condizioni affinché il conflitto sia possibile, è che i due soggetti del contendere si riconoscano in quanto tali. La novità interessa la Pubblica Amministrazione come punto di vista “dal basso” dell’osservazione utile al cambiamento.
Solitamente il cittadino è in posizione soccombente rispetto alla struttura complessa che gli si para davanti, con il rischio, nel caso di resistenza, di trovarsi nel castello kafkiano.
La legittimazione dell’ ”avversario” fa sì, comunque, che il conflitto si apra.
Questo riconoscimento per l’amministrazione che vuole cambiare è già previsto dalla legge e deve, quindi, solamente essere accolto nel pensare comune. L’amministrazione necessita della collaborazione dei cittadini senza la quale non può esservi un adeguato monitoraggio dei bisogni da risolvere.
Il confine o limite è la soglia al di sotto della quale nessuno dei soggetti pensa di poter andare. Ciò presuppone chiarezza circa i propri interessi, bisogni, desideri, diritti da salvaguardare o da soddisfare.
Il conflitto è agibile quando i rispettivi prezzi di riserva sono enunciati ed espliciti. Il prezzo di riserva si sottrae alla contrattazione, ma è utilizzabile nella relazione in cui è dicibile.
Il conflitto allora va gestito, ma alla sua risoluzione o all’esito si può preferire la rappresentazione continua dello stesso nella quale i soggetti contendenti non sono sullo stesso piano ma uno è attivo e l’altro passivo e non esiste comunicazione, ascolto, progettualità o mediazione.
Se la scelta è la gestione, il difensore civico sarà mediatore e promotore dell’ascolto, per un’istruttoria ermeneutica del caso, per trasferire competenze e informazioni, per implementare un diritto nella sua rappresentazione classica transattiva.
Il diritto diventa l’interfaccia necessaria del conflitto attraverso il quale le parti si rivelano e si risolvono. Viene ricercata la legittimità del conflitto. Si ricerca la sua dimensione quotidiana e possibile. Gli ambiti sono tutti i luoghi possibili di giustizia.
Il diritto civile richiede una risarcibilità che vada oltre il danno alla persona.
Il diritto penale, una certezza istituzionale del ruolo più garantista della pena (diritto penale minimo).
Il diritto amministrativo è caratterizzato da un trend che vede la Pubblica Amministrazione e il cittadino in una relazione paritetica e non più basata sul potere di imperio, in uno spazio orizzontale e non più verticale.
Le parole chiave di questo nuovo diritto sono: accesso, partecipazione e informazione.
Il difensore civico agisce per la disponibilità delle informazioni che sono strutturate nella forma del diritto (ma non sono solo diritto). Non si limita ad accrescere la possibilità del controllo dal basso, in modo continuo e diffuso, della politica dell’amministrazione, ma offre la possibilità di progettare e proporre soluzione alternative a quelle delle istituzioni, allargando il ventaglio delle opzioni possibili perché provenienti da un monitoraggio spontaneo.
Il compito del difensore civico è proprio quello di mettere in relazione la società civile con lo Stato attraverso un’intermediazione possibile. Tale compito ne implica anche altri che sono preparatori e che integrano la funzione della difesa civica; tra questi i più significativi sono la reale individuazione degli attori principali del mutamento e la selezione degli obiettivi manifesti o impliciti e come questi possano essere accolti.
Buona amministrazione significa anche interrogarsi sull’efficacia del diritto rispetto alle aspettative che i soggetti sociali ripongono nei mutamenti normativi.
Per costruire una mediazione efficace e quindi una difesa civica utile è necessario prima di tutto interpretare adeguatamente le aspettative sottese dalle richieste.
A tal fine è necessario dislocare il discorso nella comunicazione e nella cultura.
Il diritto è basato essenzialmente su un linguaggio e sulle norme dei segni che, in quanto tali, vanno soggetti a interpretazione. Funzione del diritto è la ricerca di un accordo, per un’interpretazione comune del senso che si vuole dare ad un segno rispetto ad un altro. La storia dei diritti va letta come storia dei conflitti e viceversa.
La vittima indica un conflitto che riguarda aspetti particolari della vita di ciascuno che si desiderano agire in prima persona, senza deleghe.
Ecco che la difesa civica muta il proprio significato e la funzione per la quale è nata: non è più colui che “agisce per”, ma è colui che agisce perché non ci sia delega ma assunzione di responsabilità e presa in carico.
Lo scenario dovrebbe essere quello di una amministrazione che apprende il cambiamento e si dispone come amministrazione di servizio.
Risponde all’esigenza di uno spazio pubblico dove si possono esporre i problemi, anche privati o che sembrano tali, che si vogliono comunicare, esprimere in un ambito in cui sia comunque rispettata la privacy. Uno spazio dove comunque ciascuno rimane corresponsabile della loro soluzione. I conflitti che si devono affrontare nell’ufficio della difesa civica nascono per il modo in cui sono concretamente interpretati dalle istituzioni pubbliche i diritti sociali della gente, per il modo in cui sono distribuiti risorse e benefici, in quale modo sono organizzati i servizi.
La mediazione agìta dal difensore civico è quella amministrativa e riguarda appunto il nuovo diritto amministrativo e cioè il diritto amministrativo negoziato e garantista.
Si differenzia da quella civile operata dalle Camere di commercio e dalle Camere degli avvocati per il fatto che i soggetti del conflitto sono, per una parte, sicuramente pubblici, e questi devono conciliare la tutela dell’interesse pubblico con il rispetto delle posizioni singole, che prima, si diceva, “affievolivano”. I princìpi su cui si basa questa mediazione, presupposto di possibile negoziazione, sono quelli della certezza, dell’efficienza, dell’efficacia e della economicità, che sono princìpi riferiti specificamente all’ambito pubblico; in più esiste ora la necessaria cooperazione tra le parti per il raggiungimento dell’assetto degli interessi effettivamente esistenti.
La cooperazione, che è un elemento mutuato dal contratto, si basa su un principio che invece è squisitamente pubblicistico ovvero quello della “partecipazione”. Nell’attuazione della “partecipazione” l’ente democratico evidenzia la necessità che l’autorità che decide si fondi sulla legittimazione data non solo dal potere previsto dalla legge, ma anche dall’accordo richiesto e palesato dalle parti.
Questa nuova situazione che riempie quello spazio e tempo grigi, che fino ad oggi penalizzava essenzialmente il cittadino destinatario del provvedimento, oggi viene agìta dal cittadino, sovrano e agente, che collabora e risponde. Così come dall’altra parte non esiste più un ingranaggio della macchina amministrativa ma una persona, un soggetto, agente e responsabile delle proprie azioni e dei propri convincimenti espressi.
Nel preambolo del progetto di risoluzione europea approvato il 17 giugno 1999 sulla mediazione europea, (Rapporteur M. Martin Hass), prima dell’articolo che delinea l’ambito proposto per la mediazione degli Ombudsman, si legge:
“Che la mediazione, in quanto mezzo di prevenzione e di regolamento di conflitti, può ridurre il contenzioso giurisdizionale e, per questo, il carico di contenzioso amministrativo potendo essa dare delle risposte soddisfacenti ai cittadini e facilitare così la relazione tra questi e la Pubblica Amministrazione”.
“Che si dimostri necessario ad un livello diffuso che l’attuazione di un’istituzione possa perseguire la ricerca dell’equità, del rispetto dello stato di diritto e della buona amministrazione, e di tutto quanto sia idoneo a stabilire un dialogo tra Pubblica Amministrazione e cittadini”.
“Che l’attività dei Mediatori locali e regionali capaci di esercitare funzioni di inchiesta e di verifica del buon funzionamento dell’azione amministrativa può contribuire a ridurre la distanza tra l’amministrazione pubblica e i cittadini europei e migliorare l’efficacia e la trasparenza dei servizi amministrativi facilitando l’accesso alle procedure amministrative”.
Estrapolando le caratteristiche in sintesi: il difensore civico contribuisce, da una parte al consolidamento della tutela dei diritti umani, dall’altra al miglioramento della relazione tra amministrazione pubblica e società civile.
Mira a realizzare la tutela più vicina ai cittadini.
È indipendente e imparziale e la competenza è essenziale per espletare la funzione. Si consiglia di evitare la nomina di un politico, di verificarne e valutarne la formazione e la preparazione, di remunerarlo adeguatamente. Deve essere nominato da assemblee elettive locali.
Può essere un organo monocratico o collegiale.
Per le funzioni, le indicazioni del documento rilevano l’importanza delle differenze dei sistemi giuridici. In linea di massima esso estende tutti i suoi poteri nell’ambito delle materie di competenze dell’autonomia che lo elegge, ma in realtà la competenza alla tutela dei diritti dovrà potersi esplicare in tutti i casi in cui questa non è possibile altrimenti, anzi si sottolinea che le limitazioni di competenza dovranno essere ridotte all’indispensabile.
Nel rapporto con le competenze dell’autorità giudiziaria al comma IV dell’art.17 si legge che “converrebbe, nell’interesse della protezione degli individui, di non escludere la possibilità di scelta tra le due procedure così come la loro utilizzazione successiva” .
In quest’ultima previsione vi è una forte qualificazione di mediazione della funzione che l’avvicina a quella francese e a quella che in Italia esiste nell’ambito del penale minorile.
Questo inquadramento della difesa civica tra le figure o gli istituti di mediazione giuridica è una novità nel panorama delle opinioni sulla difesa civica anche se risente del fatto che sia la mediazione che ogni riflessione sulla stessa è solo di recente oggetto di dibattito in Italia.
La crisi della giustizia e la ricerca di identità dei giuristi italiani che nel panorama europeo risentono della loro tradizionale chiusura a contributi, considerati interferenze, delle scienze sociali o delle discipline legate alla psicoanalisi, e che si sono ritrovati ad affrontare ambiti ed approcci per i quali gli strumenti cognitivi e materiali a loro disposizione non sono più sufficienti.
L’esigenza forte di un garantismo non solo nel processo ma anche fuori del processo, ha moltiplicato gli ambiti di giustizia non giurisdizionale.
Le sperimentazioni in corso nella giustizia minorile per l’attenzione che si vuole dare al minore come soggetto debole e particolarmente attaccabile dall’impatto del processo, richiama i beneficiari della difesa civica che sono essenzialmente soggetti deboli di fronte ad un’amministrazione che impone spesso loro di soccombere pur potendo essi avere interessi meritevoli di tutela o almeno di attenzione.
Non è solo la natura dei destinatari ad accomunare difesa civica ed esigenze del minorile, ma anche le modalità di comportamento.
Gli uffici interistituzionali per la mediazione, infatti, spesso partono da un iter consistente nella stipulazione di protocolli di intesa tra enti locali e vari enti interessati alla gestione dei conflitti familiari e ad evitare al minore il processo, spesso inevitabile.
La cultura che si basa sui protocolli o sulle intese è in realtà la nuova cultura amministrativa che intende superare i dissidi anche interistituzionali ponendo intorno ad un tavolo tutti i soggetti coinvolti per affrontare la loro effettiva disponibilità alla cooperazione e alla disponibilità d’intesa. In questo modo si pone il problema comune, si valutano le risorse e le possibilità di negoziazione per l’organizzazione e la presa in carico dei problemi. Si assume infine da parte dei presenti la responsabilità per quanto si è dichiarato volere assumere.
I princìpi base di tali documenti sono comuni in tutti gli ambiti. Se la mediazione è “l’attività di cui un terzo neutrale, il mediatore, ha il compito di favorire la comunicazione tra due o più soggetti in conflitto” e il mediatore “non giustifica, non impone soluzioni, ma offre l’opportunità di parlare e di essere ascoltati in uno spazio protetto, libero e confidenziale” , allora il difensore civico può essere qualificato come mediatore, la sua attività essendo quella di gestire i conflitti tra Pubblica Amministrazione e cittadini. Attraverso sia un’istruttoria, curata con colui che lamenta la cattiva amministrazione, sia per mezzo di un’ermeneutica che decodifica il linguaggio, si instaura la negoziazione che eviti ritardi o soccombenze e trovi soluzioni alternative. Una volta individuata e chiarita la situazione, qualora ne sussista la possibilità, è dato al difensore civico di costruire incontri e relazioni per la negoziazione, per facilitare l’accesso e quindi l’informazione, ma anche l’efficacia della capacità di agire che di diritto è prevista in capo al cittadino, ma che di fatto spesso non è riconosciuta né considerata.
La mediazione può essere intesa come “nuova modalità di intervento giudiziario, che prendendo atto della crisi del sistema retributivo riabilitativo, propone una nuova risposta nell’area della giustizia”, oppure come “progetto sociale globale ispirato ad una nuova filosofia del rapporto-confronto dei due temi del diritto e della violenza… come realizzazione della pace sociale” in ogni caso potrà essere il contenuto di una esperienza di difesa civica utile per la buona amministrazione.
Infatti la “malamministrazione” riguarda tutti i settori dell’amministrazione e cioè le funzioni, l’organizzazione, le procedure, i mezzi ed il personale. “Le funzioni, che spesso esse sono mal definite, oppure si sovrappongono le une alle altre (le cosiddette funzioni dormienti); l’organizzazione, che non di rado risulta eccessivamente pesante oppure, al contrario, sotto dimensionata rispetto alle funzioni da svolgere; le procedure che, tanto più sono complicate, lente e farraginose, tanto più produrranno situazioni di cattiva amministrazione; i mezzi, che per essere carenti o comunque inadeguati alle funzioni da svolgere, sono anch’essi un fattore dell’amministrazione”. Quando questi settori riguardano la giustizia sono ancora più opprimenti .
La violenza che subisce un cittadino in questi casi è pari alla rabbia che lo prende dal momento che è consapevole che queste prestazioni sono remunerate dalla collettività e quindi sono veri e propri inadempimenti di una parte quando l’altra ha già adempiuto alla prestazione.
Come la mediazione, la difesa civica assume buona parte della sua ragione di essere dalle esperienze reali dal basso, sulle quali poggia l’itinerario e il fondamento del proprio mandato.
Anche la difesa civica si inserisce in un’ottica in cui l’intervento giudiziario cambia prospettiva. Si inserisce in quella galassia di tutela, anche precedente o a parte del processo, che funge da alternativa di giustizia fungibile. Come strumento ulteriore non solo per deflazionare la giustizia tradizionale ma proprio come un nuovo modo per interpretare la giustizia e il diritto.
La mediazione come contenuto fondamentale della difesa civica non è prerogativa solo giuridica ma anzi si costruisce con un contenuto interdisciplinare e trasversale proprio come le risposte che richiedono coloro che esprimono i bisogni e le situazioni che con tale tramite si intendono affrontare. Non è infatti necessario essere giuristi per ricoprire la funzione di difensore civico è necessario però che essa si ponga sempre secondo il principio di legalità che è un cardine intorno a cui gira la difesa civica insieme a quello dello Stato di Diritto.
La definizione in itinere della mediazione va di pari passo con quella, anch’essa in itinere, della difesa civica che per analogie e per differenziazioni si assumono come istituzioni di tutela.
In particolare il ruolo sociale del difensore civico si è arricchito nei contenuti passando dal ruolo di controllo sulla buona amministrazione sempre più a quello di “referente” dei cittadini che ad esso si rivolgono per affrontare le situazioni in cui ciascun privato può trovarsi nei confronti della pubblica amministrazione e che sono abitualmente conflittuali e nelle quali tradizionalmente il cittadino soccombe.
Nello stesso modo è un referente sia per l’amministrazione in genere che per il funzionario amministrativo che vuole apprendere in modo da aggiornare la propria competenza, per “imparare” ad essere sempre disponibile nei confronti del cittadino, a trovare soluzioni legali, ma inedite nel corso della “negoziazione” o prima dell’istruttoria del caso.
Le tecniche di tutela di cui la difesa civica può disporre perché la sua attività di mediazione sia efficace dipendono da quanta autorevolezza gli amministratori che l’hanno prevista e nominata riescono ad infonderle. È questione, quindi, di cultura e di scelta politica. Oltre a questa c’è l’ambito di relazione che chi esercita il mandato riesce ad instaurare in una rete di tutela e di solidarietà orizzontale.
Non c’è omogeneità tra le azioni dei difensori civici perché fino ad ora sono stati isolati e quasi nascosti; ora, invece, anche in Italia è nata l’esigenza di organizzare la rete dei difensori civici per rendere più omogenei gli approcci, pur nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza e per promuovere la cultura della tutela dei diritti nell’opinione pubblica.
C’è quindi un’istruttoria in cui si assumono le informazioni della persona che si è rivolta al difensore civico anche solo per capire se c’è lesione o solo percezione di questa o solo scorrettezza. Si affronta infine l’attuazione o meno della legge, si valuta l’approccio “urbano e corretto” del funzionario e poi si chiede l’accesso, le motivazioni degli eventuali ritardi, diffidando conseguentemente ad adempiere. Al vertice di tutto non sta necessariamente l’esito del contenzioso. Quello che conta è il processo in cui per il cittadino acquista senso la propria cittadinanza, per la persona la propria dignità, in uno spazio e un tempo condivisi e vissuti da protagonista che può assumere una decisione a riguardo.
Si fortifica il senso che ciascuno ha dello Stato di Diritto e della connessione tra potere e autorità e tra amministrazione e politica, coniugando il proprio particolare con l’universale e soprattutto assumendosi da parte di ciascuno l’impegno e la soddisfazione che il cambiamento passa anche attraverso un interstizio.
La letteratura sulle pratiche si fonda essenzialmente sulle relazioni dei difensori civici che denunciano la condizione sociale e culturale dei cittadini in quel territorio, ma soprattutto dell’apparato politico e burocratico e che contribuiscono ad una corretta formazione dell’opinione pubblica. Fungono da cartina di tornasole del grado di autonomia e di effettiva democrazia.
L’altra fonte, poi, sono gli articoli dei giornali o le pubblicazioni e gli interventi che i difensori civici tentano di effettuare con effetto diverso a seconda delle diverse condizioni in cui operano.
I difensori civici, nonostante le difficoltà, insistono nel loro operato verificando anche quello che sostiene Putnam nel recente La tradizione civica nelle regioni italiane e cioè che quello che conta e che fa la differenza fra le parti del nostro Paese non si basa sui fattori economici ma sul senso civico e cioè sulle ragioni storiche, sulle tradizioni di vita civile e sull’autogoverno locale. Appare molto inerente ed utile, allora, la parabola che segue sul dilemma tra senso civico e razionalità”:
Il tuo grano è maturo, oggi; il mio lo sarà domani. È utile per entrambi se io oggi fatico per te e tu domani dai una mano a me. Non provo nessun sentimento di gentilezza nei tuoi riguardi e so che neppure tu ne provi nei miei. Perciò io non faticherò per te; se mi dessi da fare per te nel mio interesse, sperando di ricavarne qualcosa, so che rimarrei deluso e conterei invano sulla tua gratitudine . Così ti lascio lavorare da solo; tu ti comporti verso di me allo stesso modo. Il tempo cambia ed entrambi perdono il raccolto per mancanza di fiducia reciproca e di una garanzia. Per mediare, così, forse l’irrimediabile.
Mediazione e difesa civica si collocano in un dibattito non lineare sul cambiamento e sul rapporto tra diritto e giustizia. Francesca Vianello sottolinea, rinviando a Sousa Santos, come “nel piano di trasformazione pratica dell’amministrazione della giustizia, il movimento di informalizzazione abbia portato alla creazione di meccanismi di trattamento procedurale e di risoluzione delle dispute che si contraddistinguono per quelle caratteristiche che sono i presupposti teorici dei nuovi programmi di mediazione”.
La crisi della giustizia si fonda sostanzialmente sulla necessità che nella frammentazione sociale ciascuno possa sentire di potere essere garantito da altri meccanismi oltre quelli usuali e tradizionali previsti e utilizzati per la tutela dei diritti.
La difesa civica come istituzione di garanzia promuove la ridefinizione della giustizia o meglio promuove una decodificazione dei linguaggi e delle modalità di tutela.
Quindi la sua forza non sta nella garanzia dell’esito richiesto, ma nel potenziamento della conoscenza e della consapevolezza dei soggetti per la negoziazione.
È chiaro che questo meccanismo può essere criticato in quanto strumento di neutralizzazione dei conflitti, che crea false aspettative già nell’intervento sul tempo dell’attesa e interferendo, poi, sui meccanismi di possibile tutela, rendendoli obsoleti. Nella realtà, comunque, la difesa civica agìta come mediazione riscontra effetti positivi sia per l’autonomia dell’istituzione che per l’aspetto di controllo dal basso che viene ad assumere. Il conflitto non si neutralizza ma si evidenzia e se ne verifica la sussistenza nella disponibilità delle parti a gestirlo.
Il difensore civico non è un giudice né deve essere un giurista e in questo senso non può necessariamente costituire un’alternativa per i giuristi in crisi di identità. Diventa, però, per il giurista che eventualmente ricopre il mandato, un modo per ridefinire la giuridicità come istituzione e come relazione pubblica, arricchendo di altri contenuti e di altre prassi la propria professionalità.
Il rapporto di ridefinizione tra potere e autorità, quindi, si pone, oltre che tra istituzioni deboli e forti anche tra istituzioni e movimenti nel momento in cui un’istituzione come la difesa civica diventa l’esperimento più probabile per far diventare sociale ciò che è istituzionale, differenziandosi al contempo dal movimento che tutela ma si appropria dei conflitti a suo piacimento, senza regole o controllo.
È un magistrato di persuasione proprio perché non ha lo scopo di applicare la legge, ma utilizza la legge come riferimento per l’effettiva tutela degli interessi meritevoli. Ugualmente i critici possono pensare che questo intervento possa fare parte di un disegno di giuridicizzazione dei rapporti sociali, per una rilegittimazione giudiziaria e per la rilegittimazione del governo.
Ne segue che chiunque pensi possibile la strategia che conduce alla mediazione, anche storica, per trasformare lo Stato contemporaneo, potrà rispondere a questa obiezione.
Chiunque pensi si debba ovviare alla necessaria connessione tra violenza e diritto in una prospettiva non solo spiegabile ma anche condivisibile e utile al cambiamento. La difesa civica, insomma, può essere vista come l’occasione per esprimere, nella sua funzione di mediazione, il diritto anche come fatto culturale oltre che quale strumento di regolazione sociale. Ne deriva quindi che il giurista che ricopre il mandato sarà tenuto non solo ad arricchire l’esperienza dei contenuti propri della sua competenza ma anche ad esprimere quei contenuti e quelle forme della legge che hanno soprattutto senso positivo. Uno di questi è che il diritto esprime il fatto che gli ordinamenti sono condizionati nello spazio e nel tempo dai bisogni e che il diritto nasce per soddisfare questi bisogni nella convivenza pacifica.
La difesa civica diventa occasione di sperimentare la possibilità di trasferire competenza per scegliere le opzioni che il diritto offre per transigere il conflitto, per le possibili concessioni che le parti possono darsi se dispongono effettivamente dei diritti sui quali si fonda la lite. Una sperimentazione che si deve affrontare con efficacia, visibilità e leggerezza.
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