home | noi | pubblicita | abbonamenti | rubriche | mailing list | archivio | link utili | lavora con noi | contatti

Giovedí, 22/10/2020 - 14:41

 
Menu
home
noi
video
pubblicita
abbonamenti
rubriche
mailing list
archivio
link utili
lavora con noi
contatti
Accesso Utente
Login Password
LOGIN>>

REGISTRATI!

Visualizza tutti i commenti   Scrivi il tuo commento   Invia articolo ad un amico   Stampa questo articolo
<<precedente indice successivo>>
maggio/2001 - Interviste
1981-2001
La Polizia del dopo-voto
di

Claudio Giardullo, Segretario del Silp-Cgil, risponde alle nostre domande su come è cambiata la Polizia e sui veri o presunti pericoli di un processo di “militarizzazione”; sull’impiego razionale dei Corpi civili e militari in difesa della collettività

A vent’anni dalla Riforma, secondo te, la Polizia è migliorata?

Senz’altro; la Polizia è migliorata moltissimo rispetto a quella di venti anni fa che era prevalentemente una Polizia di quantità più che una Polizia di qualità. In questi venti anni c’è stato un profondo cambiamento, anche nella composizione della Polizia: la presenza delle donne, la presenza di giovani con un livello di scolarizzazione alto, che fino a vent’anni fa, appunto non era frequente. Questo ha cambiato profondamente il volto della Polizia. Anche le organizzazioni sindacali hanno consentito di stringere un rapporto molto più stretto tra la Polizia e la società civile, e molti giovani, più di prima, hanno considerato quella del poliziotto come una professione interessante, gratificante. Quando oggi viene bandito un concorso per l’ingresso in Polizia arrivano anche 300 mila domande per 1000 posti a disposizione; questo fino alla Riforma non succedeva, perché, allora, il rapporto tra i posti a disposizione e le domande era uno a tre, qualche volta anche uno a due, il che la dice lunga sul tipo di selezione che fino a vent’anni fa si poteva fare. Quindi grande cambiamento dell’immagine della Polizia nella società civile e grande cambiamento da parte della Polizia. C’è stato sicuramente uno sviluppo tecnologico notevole, in questi vent’anni, nel lavoro che svolgiamo; c’è stata una apertura progressiva, ma netta, della Polizia verso la società civile che, ovviamente, ha rafforzato e consolidato i sentimenti dei valori democratici e costituzionali da parte delle Forze di polizia, che ha consentito a questa Polizia di fare fronte a momenti difficilissimi della vita del Paese, come il terrorismo, la lotta alla mafia quando questa aveva un chiaro significato eversivo, quando colpiva i poliziotti, ma era chiaro che stava colpendo il cuore dello Stato. Quindi la Polizia è cambiata, in positivo, profondamente, grazie anche e soprattutto alla Riforma, questo non vuol dire che la Polizia non debba subire ancora delle innovazioni, non vuol dire che la Polizia non sia alla vigilia di profondi cambiamenti, se vuole stare al passo con i problemi di sicurezza che abbiamo e con la nuova domanda di sicurezza che il cittadino pone a chi governa questo Paese.

Rispetto a questo discorso, dal punto di vista culturale, oltre che organizzativo e tecnologico, c’è chi paventa il rischio di tornare indietro, proprio perché abbiamo una società che propone una domanda di sicurezza, che può essere interpretata in modi diversi e potrebbe anche essere vista come un ritorno indietro a certi comportamenti che erano stati superati, come il processo di militarizzazione, le stellette, le gerarchie, ecc. È vero questo oppure sono critiche sbagliate?

Uno dei limiti della legge 121 è di aver fissato alcuni principi strategici, come quelli del coordinamento per esempio, di non aver determinato e realizzato da subito gli strumenti, sia normativi che organizzativi, perché questo principio potesse essere applicato come quotidiana regola di vita dei Corpi di Polizia. Il che ha consentito negli anni una certa trasformazione, forse anche uno stravolgimento del principio iniziale fondamentale della legge 121, per cui è l’autorità civile che ha la responsabilità dell’ordine e della sicurezza pubblica nel nostro Paese; i Corpi di Polizia sono degli organi esecutivi di direttive e di indirizzi che devono venire dall’autorità civile. Per cui in questi anni è avanzata, tra chi ha la responsabilità prevalente delle Forze di polizia e negli ambienti militari delle Forze di polizia, l’idea che in fondo le responsabilità del settore della sicurezza pubblica potessero essere appannaggio sia dei Corpi civili che dei Corpi militari. Questo è il limite di fondo di una legge che appunto non ha dato poi la possibilità di realizzare fino in fondo l’idea che Corpo civile e Corpo militare possono convivere in un sistema come il nostro che è un sistema misto, ma che, poi, la responsabilità non può che essere di un Corpo civile. Parlare di “militarizzazione” come qualcuno fa è, secondo me, esagerato. È vero che affermare che i Corpi militari possono essere tranquillamente alternativi anche all’autorità civile è indirettamente un processo di militarizzazione, però in fondo di questo si tratta, cioè l’idea che i singoli Corpi di Polizia possano operare nelle singole realtà (e purtroppo anche in campagna elettorale abbiamo sentito esprimere questo “tifo” quando il leader dell’opposizione dice che lui proporrebbe la divisione delle città fra le diverse Forze di polizia o attribuirebbe la responsabilità dell’ordine e della sicurezza pubblica a diverse Forze di polizia nelle diverse città in relazione a chi è più bravo, a chi è più produttivo). In fondo non si fa altro che affermare l’idea che nel nostro Paese, la responsabilità della sicurezza pubblica possa essere attribuita anche agli organismi militari. E questo è, il fatto che sia stata avanzata questa idea, che sia stata considerata normale, plausibile, nonostante la Riforma dell’81, nonostante si sappia che nel mondo occidentale la responsabilità della sicurezza pubblica non può che essere dell’autorità civile, il fatto che sia avanzata questa idea costituisce, appunto, una contraddizione profonda rispetto a quella legge e anche una tendenza pericolosa per un Paese civile e democratico come il nostro, non perché le Forze di polizia militare non diano garanzie da questo punto di vista, ma perché sul piano dell’ordinamento costituzionale, in un Paese democratico del mondo occidentale, la difesa e la funzione che svolgono fondamentalmente i militari, la sicurezza pubblica non può che essere di responsabilità dell’autorità civile, salvo poi l’impiego completo di Forze di polizia che possono essere anche militari e nulla toglie rispetto alla funzionalità complessiva del sistema. A condizione appunto che sia chiaro chi ha le responsabilità, chi ha i poteri e chi è coordinato e deve osservare gli indirizzi e le direttive che vengono dall’autorità civile e quindi dal governo che in quel momento è espresso dal Paese.

Adesso siamo alla vigilia di elezioni politiche, secondo te, quali saranno i rischi e comunque la politica della sicurezza che dovrà affrontare qualsiasi governo uscirà dalle urne?

Ovviamente, da quello che stiamo vedendo anche in campagna elettorale, i rischi di cui dobbiamo parlare, oltre a quello già citato, rispetto all’idea che, la sicurezza è indifferente se è diretta o no da civile o militare, è già un rischio. L’altro rischio riguarda l’idea sbagliata di decentramento delle funzioni di sicurezza pubblica. Noi riteniamo assolutamente auspicabile un decentramento delle funzioni di Polizia e di sicurezza pubblica, a condizione ovviamente che questa funzione rimanga una funzione nazionale perché ormai, sul piano tecnico, la sicurezza non ha più una dimensione territoriale limitata, non è più provinciale, non è regionale, ormai non è più neanche soltanto nazionale ma le dinamiche criminali vanno guardate in un’ottica che è anche internazionale. Ma comunque anche in un’ottica internazionale il territorio, la dimensione sulla quale bisogna costruire programmi di sicurezza per rispondere alla domanda del cittadino, deve essere considerato in funzione nazionale. Noi consideriamo profondamente sbagliata l’idea di costituire Polizie regionali perché questo non avvicina l’attività di Polizia al cittadino perché vorrebbe dire scippare le funzioni di Polizia ai comuni che sono l’ente locale che più immediatamente risponde alle esigenze complessive del cittadino, quindi compresa anche la sicurezza dal punto di vista della vita urbana. Ci sarebbe un accentramento e non un decentramento delle funzioni e poi comunque, rispetto ai nuovi scenari delle dinamiche criminali, le Polizie regionali non possono strutturare una visione complessiva dei fenomeni che invece oggi è la prima condizione per affrontare in maniera efficace le questioni della sicurezza.

Di fronte a questi processi, per logica e anche per esperienza politica, uno dovrebbe pensare che sarebbe opportuna e necessaria un’unità dei sindacati. Invece oggi assistiamo a una divisione. Come vedi questo problema?

Le ragioni della costituzione del nostro sindacato del Silp-Cgil sono ormai note, comunque ruotano innanzitutto attorno alle esigenze di una rappresentanza sindacale in una fase così delicata della vita del Paese dal punto di vista della sicurezza e dei processi di cambiamento; una rappresentanza di ispirazione autenticamente confederale che potesse partecipare ai processi di riforma, e far partecipare i lavoratori di Polizia a questi processi di riforma.

La nascita del Silp-Cgil sta innanzi tutto in questo: noi abbiamo giudicato insufficiente, assolutamente insufficiente l’azione del Sindacato Unitario nei suoi ultimi sviluppi. Quando noi, dopo averlo costituito vent’anni fa l’abbiamo consolidato, ormai ritenevamo che facesse un’altra politica. Invece abbiamo verificato a un certo punto il venir meno delle ragioni per la nostra permanenza, innanzitutto per questa insufficienza di presenza, di iniziativa sul piano della riforma. L’unità tra gli operatori di Polizia, l’unità strategica tra gli operatori di Polizia che si riconoscono nei valori confederali è sicuramente un elemento di forza. Questo tipo di unità dal nostro punto di vista comunque ormai se è, se sarà possibile realizzarlo, come sindacato confederale lo consideriamo unità-valore in sé, ma le nostre prospettive strategiche diventano anche quelle di realizzare il massimo dell’unità possibile fra le diverse organizzazioni che si richiamano a questi valori. Il massimo dell’unità possibile in questo momento non può che essere quello di eventuali strutture federative tra organizzazioni che sono e ormai inevitabilmente rimarranno diverse. Tra singole organizzazioni di ispirazione confederale, che fanno una scelta netta non ambigua rispetto alla loro ispirazione ideale e culturale, ma che scelgono volontariamente, in maniera convinta, di fare un percorso insieme dal punto di vista del progetto, dal punto di vista delle iniziative, dal punto di vista dell’attività quotidiana, perché, appunto hanno come comune denominatore valori confederali comuni, questa può essere la condizione. Ormai invece possibilità di ritorno indietro non ce ne sono dal punto di vista di ricostruzione di sindacati unitari, non ci sono più le condizioni.

Quando parli di percorsi comuni a che cosa di riferisci? Quale tipo di unità è possibile tra Silp e Siulp?

Si tratta di due stadi di rapporto unitario. Si possono avere rapporti unitari sulle singole iniziative, sono auspicabili pure, oppure si possono immaginare rapporti unitari anche più stabili attraverso, in futuro, in prospettiva, attraverso strutture, ripeto, federative che non annullino le differenze delle singole organizzazioni, ma ne mettano in comune solo gli elementi di unità, gli elementi di identità, sono cose eventualmente da costruire, ma che presuppongono appunto con molta chiarezza due condizioni. La prima è che ogni organizzazione ha la sua autonomia, la sua identità politica e culturale e la conserva gelosamente. La seconda condizione è che sia chiaro che le strutture che eventualmente dovessero far parte di una organizzazione di tipo federativo che si richiama al mondo confederale, ognuna di queste strutture deve fare una netta scelta di riferimento di ispirazione. Una scelta ambigua da questo punto di vista non sarebbe compresa.

<<precedente indice successivo>>
 
<< indietro

Ricerca articoli
search..>>
VAI>>
 
COLLABORATORI
 
 
SIULP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
 
Cittadino Lex
 
Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!
 
 
 
 
 

 

 

 

Sito ottimizzato per browser Internet Explorer 4.0 o superiore

chi siamo | contatti | copyright | credits | privacy policy

PoliziaeDemocrazia.it é una pubblicazione di DDE Editrice P.IVA 01989701006 - dati societari