I “brumbies”, i cavalli selvaggi che vivono in mandrie nello Stato federale del Queensland, vengono abbattuti a fucilate da tiratori scelti che li inseguono a bordo di elicotteri: un massacro che ha già provocato la morte di oltre 4.000 animali, ordinato dal governo dello Stato. Ed è solo l’inizio. Il massacro andrà avanti fino a quando il numero dei “brumbies” sarà portato a “livelli ragionevoli”, decreta la disposizione del ministro dello Sviluppo Sostenibile Andrei Mc Namara. “Vogliono uccidere in modo disumano oltre diecimila cavalli – ribatte Jan Carter, dirigente dell’associazione ‘Salvate i brumbies’. – Per anni e anni si sono disinteressati del problema dei cavalli selvaggi, e adesso una mattina si sono svegliati e hanno deciso di andare a sparargli”.
I cavalli, come altri mammiferi (conigli, bovini, ovini, caprini), non sono autoctoni del continente australiano, ma sono stati importati dai colonizzatori europei alla fine del XVIII secolo. In un ambiente favorevole, in assenza di predatori naturali, i cavalli si sono riprodotti a ritmi elevati, tanto da rendere difficile la ricerca del cibo per le specie endemiche locali, come canguri, koala, e altri. “I cavalli sono una specie fra le tante – dice il professor Roberto Argano, biogeografo dell’Università La Sapienza di Roma. – Per l’Australia è noto da tempo il problema dei conigli e delle capre. In generale tutti i mammiferi introdotti nel continente hanno creato squilibri: quando, circa 200 milioni di anni fa, l’Australia si separò dagli altri continenti sviluppò una vita propria, in cui i marsupiali ebbero una storia evolutiva parallela a quella dei mammiferi altrove”. Insomma, la colpa, come sempre, è degli esseri umani.
Quanto ai “brumbies”, in tutta l’Australia sarebbero 300.000 (da 40.000 a 100.000 nel Queensland). “I cavalli stanno aumentando l’erosione del terreno, diffondono semi e pollini, distruggono sorgenti e corsi d’acqua, danneggiano siti culturali aborigeni, distruggono l’habitat delle specie endemiche alle quali tolgono cibo”, afferma Mc Namara. Ma gli animalisti replicano che il Ministro descrive una situazione esistente nei parchi naturali, mentre la mattanza dei “brumbies” è stata decisa a causa delle proteste degli allevatori di bovini e ovini, i cui pascoli sono a volte oggetto di scorribande da parte di “brumbies” al di fuori delle loro riserve. “Siamo d’accordo che si debba controllare la popolazione di cavalli selvaggi – dice Jan Carter – ma contestiamo il metodo adottato. Abbiamo centinaia di foto che dimostrano che i tiratori sparano a caso, lasciano animali agonizzanti, uccidono le giumente e i puledri restano orfani. Ci chiediamo inoltre se le carcasse lasciate a marcire all’aperto facciano tanto bene all’ecosistema”. Gli animalisti chiedono che si creino delle zone nelle quali spingere i cavalli per attuare un programma di sterilizzazione. E d’altra parte, aggiungono, lo sterminio dei “brumbies” è solo il primo passo verso l’eliminazione su vasta scala di caprioli, maiali selvatici, capre selvatiche, dingo, volpi, il tutto per fare posto all’estensione di allevamenti di pecore, uno dei pilastri dell’economia australiana.
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