Sono un centinaio i Paesi presi di mira da un’operazione di spionaggio informatico che avrebbe come origine la Cina, con l’obiettivo di controllare e contrastare le attività del Dalai Lama e dei suoi seguaci. Lo ha appurato un’indagine condotta da Ronald Delbert, Greg Walton, Nart Villeneuve e Rafal A. Rohozinski, ricercatori del Munk Center for International Studies dell’Università di Toronto.
L’operazione di spionaggio, battezzata Ghost Net, ha infiltrato almeno 1.295 computer di ambasciate, ministeri degli Esteri, uffici governativi, soprattutto in Paesi dell’Asia meridionale e sudorientale, oltre ai centri del Dalai Lama in India, Bruxelles, Londra e New York. E, solo per mezza giornata, un computer della Nato e uno dell’ambasciata indiana a Washington.
L’operazione Ghost Net sarebbe ancora in corso, riuscendo a infiltrare una media di dieci computer a settimana, grazie a un software che permette anche di azionare le telecamere e i sistemi di registrazione dei computer, consentendo di vedere e ascoltare che cosa accade nella stanza controllata in questo modo.
Comunque i ricercatori canadesi hanno precisato che - pur essendo la Cina il punto di partenza di questa rete di spionaggio telematico - non è provato il diretto coinvolgimento delle autorità di Pechino. E Wenqi Gao, portavoce dell’ambasciata cinese a Washington ha virtuosamente dichiarato: “Sono vecchie storie e vecchie sciocchezze. Il governo cinese è contrario e proibisce severamente i crimini informatici”.
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