Donato Bilancia,
diciassette omicidi,
ancora oggi cerca
di giustificare
i suoi delitti
con motivazioni
di vario genere. In
realtà in lui prevaleva
il “gusto di uccidere”
Come si può definire, dal punto di vista criminologico, Donato Bilancia? Voglio innanzitutto ricordare che Bilancia non l’ho difeso in dibattimento, perché ho rinunciato prima dell’udienza.
Da un punto di vista criminologico Bilancia viene definito un serial killer. Io credo, in realtà, che sia un serial killer piuttosto atipico. Perché dei diciassette omicidi che lui ha compiuto, che naturalmente ha ammesso, i primi omicidi hanno, se così si può dire, un movente, seppur inquadrabile in una mente devastata: quindi lui uccide per un motivo. In genere il serial killer non ha mai un motivo, uccide per uccidere, per il piacere di uccidere. Nei primi omicidi lui uccide sempre per il piacere di uccidere, anzi, scopre il piacere di uccidere, proprio con i primissimi omicidi. Quando uccide lo fà perché ritiene di essere stato frodato come nel caso di Centenaro, che secondo lui aveva barato al gioco; così pure per il caso dell’orafo Parenti. I primi delitti sono al limite della serialità, poi, da quello che ho potuto capire parlando con lui, studiando le carte, l’omicidio lo compie perché sente un irrefrenabile bisogno di vendetta. Dopo comincia a capire che l’omicidio gli da una grande gioia. Da quel momento prevale il piacere di uccidere e naturalmente da quel momento diventa un serial killer.
Secondo te, può esistere in tutti questo piacere di uccidere?
Il piacere di uccidere non credo che esista in tutti noi. Però, verso le persone che hanno grandi frustrazioni e grandi complessi di inferiorità c’è un odio verso il mondo, che si può tradurre anche nel piacere di uccidere.
Sicuramente Bilancia era un frustrato. Lui ha compiuto 17 omicidi e secondo me lui arriva a tanto perché vittima di frustrazioni di vario genere.
Il primo omicidio, lo compie perché convinto di essere vittima di un grande sopruso, poi comincia a prendere consapevolezza del piacere che gli aveva dato il primo omicidio, il secondo, e così via. Poi uccide senza motivazioni. Uccide sul treno le donne. Una singolare e stupefacente caratteristica di Bilancia è che lui non sopporta la vista del sangue. Tanto è vero che quando uccide sul treno Elisabetta Zappetti, avendo questa vittima perso molto sangue, lui cerca di coprirla con la sua giacca, perché ha paura che se vede scorrere il sangue a terra, nella toilette del treno, si può sentire male, svenire. C’è anche questa singolarità.
Davanti ai magistrati lui stesso ammise i crimini, dando loro una giustificazione. Poi però, disse che per gli altri aveva provato piacere ad uccidere. Durante l’interrogatorio, si faceva una specie di autoperizia psichiatrica quale giustificazione, invocando le sventure familiari.
Come si svolse il processo?
Su come si svolse il processo, debbo rifarmi alle cronache giornalistiche. Come ho accennato, rinunciai al mandato. Rinunciai perché mi accorsi che in un certo momento lui era stato preso da un delirio di onnipotenza. Tutto questo perché probabilmente all’interno della sua mente si stava realizzando un programma. Cioè lui frustrato, con una esistenza grigia, cominciava ad essere un protagonista della vita, della cronaca nera. Una delle richieste che mi aveva fatto, che cominciava a destare in me perplessità sull’opportunità di continuare a difenderlo, era che lui voleva gestire i rapporti con la stampa. Io gli risposi che gestire dal carcere i rapporti con la stampa era un po’ difficile perché in genere questi rapporti li stabilisce l’avvocato in sintonia con l’imputato. Poi gradualmente mi disse che voleva essere centrale come personaggio, nella sua difesa. Il momento di rottura fu questo. Io avevo capito che se avessi richiesto una perizia psichiatrica in Italia, nessun perito psichiatra avrebbe avuto il coraggio di dire se lui era incapace o semi incapace di intendere e di volere, nessun perito italiano avrebbe detto questo. Perché si sarebbe dovuto dire al pm: “signor pubblico ministero, lei mi ha dato l’incarico di fare la perizia”.
Io avevo preso contatto con una associazione di psichiatri francesi e questi erano disponibili ad affrontare questo processo come miei consulenti. Bilancia mi disse che questo non andava bene. A questo punto tra la richiesta di essere il gestore dei rapporti con i media ed il fatto che voleva pure intervenire sulla perizia psichiatrica mi fece rinunciare.
Naturalmente i periti italiani lo dichiararono perfettamente capace di intendere e di volere. E se vuoi un mio parere, lo è: lui è perfettamente consapevole, non è una mente tanto alterata da non avere la consapevolezza di quello che fa.
Oggi Bilancia ripete la storia di un misterioso complice nei suoi delitti? Gli si può credere?
La storia del complice. Lui ha sempre detto che era solo. Adesso la storia del complice ha una spiegazione molto semplice. Attraverso la storia del complice, vuole ritornare alla popolarità. In fondo quello che voleva da me. Mi chiese di nuovo di occuparmi di lui, mi sollecitava di un accertamento al Csm, perché lui si era rivolto al Csm. Io gli spiegai in una lettera che il Csm non c’entrava niente, perché quell’organo valuta l’aspetto disciplinare del magistrato. Effettivamente ha ancora le idee piuttosto confuse.
Il processo, per come si è svolto, gli ha dato tante garanzie, non è stato certo un processo che lo ha privato di garanzie. Certamente in un processo come questo è quasi impossibile sperare che davanti ad una malattia mentale, o una diminuita capacità di intendere e di volere, i periti avallino tali assunti. In questo caso non c’è ridotta o annullata capacità di intendere e volere: Bilancia è una mente criminale. E’ uno che ha il piacere di uccidere.
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