Una ragazza
che in America aveva
avuto terribili
esperienze viene
a Milano. Ma - per sua
sfortuna - capita
in un mondo ancor
più nefasto
Terry Broome uccise per disfarsi di un corteggiatore volgare ed insistente. Era credibile questa tesi difensiva?
La tesi difensiva era credibile ed è stata anche creduta. Dalla misura della pena che ha avuto Terry Broome si può comprendere, con evidenza, che era stata concessa l’attenuante della provocazione.
Quindi sicuramente è stata processualmente ritenuta credibile la sua versione.
Io credo che il giudizio su questa ragazza debba essere più articolato e credo che la Corte d’Assise di Milano abbia valutato tutto il complesso della vita dell’imputata. Non solo ha valutato il comportamento di chi ha ucciso, (ripeto ucciso) per provocazione: era stata insultata, era stata mortificata, era stata trattata come un animale, non certo come un essere umano; penso che la Corte d’Assise di Milano e poi la Corte d’Assise d’Appello abbiano valutato tutta la sua vita. Una vita molto infelice, di una ragazza che nasce in America, la vita la mette alla prova nel modo peggiore: violentata da un gruppo di uomini di colore, il rapporto con il padre, credo epilettico, malato ed alcolista, del tutto inesistente. Quindi probabilmente la sorella Donna, che era già modella a Milano, in realtà la chiama per sottrarla da un ambiente terribile per lei, da un ambiente malsano, che era poi l’ambiente familiare. La caratteristica di queste ragazze qual è? E’ che sono carine, gradevoli, quindi possono fare le modelle, così faceva la sorella Donna e questo ha ritenuto di dover far fare alla sorella Terry. Quindi questo il motivo della chiamata.
Secondo il tuo giudizio il passato burrascoso della Broome negli Stati Uniti, può essere stato di un qualche peso nell’omicidio?
Il passato tragico, infelice certamente ha influito non solo sul suo delitto ma anche nella irrogazione della pena: se in primo grado ha avuto 14 anni poi la pena è stata ridotta a 12 e poi è uscita prima dei dodici anni per la buona condotta.
Devo dire che tutto questo era stato ben descritto nelle memorie che aveva rilasciato ad Occhipinti, direttore di Oggi, e credo che sia significativa la frase che ha detto ad una giornalista del Corriere della Sera “sono risorta grazie al carcere, torno a casa mia negli Stati Uniti”. E (come tu ricordi nella cronaca del fatto) fa una sottolineatura: “là sicuramente mi avrebbero mandato a morte”. Gli Stati Uniti su questo sono duri, non so in che Stato vivesse, ma probabilmente si riferiva ad uno di quelli che prevedeva la pena di morte.
Il processo penale americano è più rigido, è più severo, non tiene conto, come è giusto che sia, e come noi teniamo conto in Italia, di tutta una vita che deve essere giudicata. Un essere umano non può essere giudicato per un comportamento che mette in essere in un determinato momento, in un determinato minuto. Deve essere giudicato per tutta la sua vita. Una cosa è l’omicidio che compie una persona che ha un passato criminale; ben diversa cosa è l’omicidio che viene compiuto perché una persona si trova ad essere provocata, minacciata nella sua vita privata, nella sua famiglia.
In questo noi in Italia abbiamo una civiltà giuridica avanzata, anche se sembra paradossale esprimere questo concetto di un momento in cui il mondo giudiziario è un po’ in fermento, forse uno dei peggiori che l’Italia abbia mai avuto. Però questo non cancella la tradizione della nostra civiltà giuridica. Giustamente in una civiltà giuridica avanzata l’uomo si giudica non solo per l’atto che compie, che naturalmente è importante, e al centro del processo, ma al centro del processo deve collocarsi tutta la sua vita.
E proprio a proposito della sorella di Terry Broome, che ruolo ha avuto (se ne ebbe) nella sua vicenda italiana?
Questa era una ragazza vittima di una società e di una situazione personale familiare molto tragica, vittima all’interno della famiglia, vittima del padre, vittima di una società violenta, come quella americana; la sorella credeva di fare l’unica cosa buona, accettabile: quella di sottrarla a questo ambiente e portarla a Milano. Ma dove la porta? Nella Milano peggiore che sia esistita in questi ultimi decenni. Una Milano arrogante, prevaricatrice, che era la Milano della vittima. La vittima era una persona che godeva di privilegi notevoli per la famiglia, per lo stato sociale, per la situazione economica e quindi riteneva che tutto ciò l’autorizzasse a passare sopra a qualunque aspetto che riguardava la dignità delle donne, delle ragazze che frequentavano. E credo che nei giudizi la Corte d’Assise e poi la Corte d’Assise d’Appello abbiano tenuto conto non solo dell’atteggiamento provocatorio della vittima, ma anche di tutta la vita di questa persona, che era una vita di un dissociato, di un mentecatto, di un prevaricatore, di un violentatore.
Insomma, è stata una brutta storia, in cui si è rappresentata una Milano ancora peggiore di quella relativa ad una piccola parte dell’America che aveva reso la vita impossibile a questa ragazza.
Terry era fuggita dall’America arretrata, mi riferisco a quel pezzettino di geografia da cui era scappata, mi riferisco alla famiglia nella quale era impossibile vivere. Era fuggita da lì ma poi si era trovata in una Milano che non era certo una Milano da bene. Una Milano di prevaricazione, di delitti, di reati, di droga, una Milano decadente, brutta, da non ricordare.
Ripeto, sicuramente la sorella l’ha richiamata a Milano credendo di trovare una soluzione per la vita brutta ed insopportabile che stava vivendo Terry.
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