Estate del 1984, Terry Broome
ventiquattro anni, arrivata in Italia
pochi mesi prima, entra nel giro
della “Milano di notte”, ma finisce
per uccidere un corteggiatore
troppo pressante
Milano, corso Magenta 84. Sono le prime ore del mattino del 26 giugno 1984. La ventiseienne Terry Broome, aspirante modella, uccide con due colpi di rivoltella Smith & Wesson cal. 38 special, il playboy Francesco D’Alessio, 40 anni.
Un delitto un po’ particolare - se così possiamo dire - dal momento che l’americana, rea confessa, dichiara agli inquirenti che ha sparato al D’Alessio perché non sopportava più le sue avances volgari.
Due giorni dopo, al funerale della vittima, nella chiesa della Beata Vergine a San Siro, ci sono solo pochissime persone, oltre ai congiunti di D’Alessio. Eppure questa vittima era conosciuta da tutti nella Milano che conta; la gente cosiddetta “bene” lo vedeva apparire ogni sera nei night e nei ristoranti più famosi in compagnia di qualche bella fanciulla. Romano di nascita, Francesco, figlio del più famoso allevatore di purosangue (l’avvocato Carlo), ex rugbista, ex tennista, ex marito della modella americana Cheryl Stevens, giocatore assatanato (e perdente fisso...), milionario per nascita ma randagio per vocazione, gran predatore di ragazze.
Aveva smesso di guidare perché si sfracellava puntualmente contro gli alberi: “dimenticava” di vedere la strada.
Era uno che affittava una suite al Grand Hotel e de Milan ma dormiva vestito su un divano della hall. Uno che ordinava sei vestiti per volta ma poi ne metteva uno solo fino a che non gli cadeva di dosso. Sempre sporco, capelli unti, barba non fatta da parecchi giorni. Il suo sport preferito era quello del “rimorchio” delle belle figliole, forse attratte dall’aria smaliziata di questo play boy lombardo. Ma lui non si univa mai con nessuna. Non amava le donne; le usava semplicemente. Amava, come si vantava con gli amici, collezionarle: andarci a letto e nulla più. Così cercò di fare con la bella Terry che però non era affatto libera da legami. Faceva coppia, infatti, con Giorgio Rotti, commerciante in preziosi di trentun anni. Non bello, grassoccio, mangione ama tenersi in forma con... stimolanti vari. Ama girare con la S. & W. nella cintola.
Con lui, la giovane Terry conduceva una vita abbastanza movimentata. Le lunghe notti di veglia con “sniffate” di coca; i fine settimana lunghissimi, le amicizie un po’ rapaci. Ad onta di tante frequentazioni vip, l’americanina un lavoro come diceva lei, non l’aveva trovato. Sì, c’erano stati dei “provini” presso qualche agenzia, ma di concreto nulla.
Prima di incontrare Giorgio Rotti, aveva avuto brevi e sostanziose relazioni con vari giovani. Si finiva spesso in una villa della Brianza dove le coppie si concedevano momenti di intimità.
Una sera come tante, nel villone brianzolo, Terry si trovò a litigare in maniera piuttosto concitata con Giorgio Rotti. L’uomo l’aveva strapazzata senza riguardi. E lasciata “strapazzare” da altri convitati. Si trattava (e non era la prima volta...) di “sesso svelto”. Sì, lei recalcitrava un po’, in realtà poi finiva per cedere.
Una sera Francesco D’Alessio era presente ad una di queste ammucchiate. Per questo aveva cominciato a perseguitare Terry: telefonate, battute pesanti, approcci non sempre signorili (ma si poteva prendere una condotta diversa da uno sciupafemmine come lui?).
Ma lei, tutto sommato, era fedele a Rotti: quest’ultimo, a dire di molti, si era veramente innamorato della bionda americana. Aveva così cominciato una sorta di opera di “redenzione” nei confronti della donna. Cercava di non farla bere, di non farle sniffare la coca. Questa “redenzione”, però, non andava a genio a Francesco D’Alessio che si vedeva sfuggire una preda su cui aveva messo gli occhi. Di qui le minacce.
Come la sera prima del delitto. D’Alessio compie il suo solito giro nei locali notturni; arriva al Nepengha, tappa d’obbligo di tutti i sedicenti viveur milanesi. D’Alessio, forse un po’ ubriaco, inciampa e cade proprio davanti al tavolo di Terry e Giorgio Rotti: a lui si rivolge dicendogli che presto a tardi gli romperà la faccia. Terry si alza e va nel bagno. Francesco le corre dietro. Sarà le a raccontare alla Polizia (e a confermare ai giudici) che l’uomo le si para davanti e si slaccia i pantaloni. Il giorno dopo Terry si impossessa della rivoltella di Rotti, va in casa D’Alessio e lo uccide.
Al processo, che si conclude nel giugno 1986, Terry - difesa dall’avvocato Raffaele Della Valle, viene condannata per omicidio volontario, ma non premeditato, a quattordici anni di carcere. L’avvocato di Parte Civile per la famiglia, D’Allora, ha cercato di ridimensionare l’episodio svoltosi nella toeletta del night e che avrebbe scatenato la furia di Terry. In sostanza, dice il legale, il gesto di toccarsi i genitali era soltato un tic tipico dei tennisti. E D’Alessio era un tennista o meglio, lo era stato.
Ma come mai Terry era finita a Milano dagli Stati Uniti? Il processo rivelò che era stata chiamata dalla sorella Donna, già... in carriera nella città del Nord. Forse voleva sottrarsi ad un passato di sfortune che la perseguitava: stuprata a sedici anni per una intera notte da un gruppo di uomini; maltrattata dal padre, reduce dal Vietnam ma anche epilettico. A diciannove divorzia, dopo un solo anno di matrimonio, da un coetaneo che entra ed esce dalle cliniche specializzate per disintossicarsi da droghe di vario genere.
Alcuni tentativi di suicidio, poi l’arrivo a Milano dove, nell’aprile 1984, appena messo piede, viene derubata del suo gruzzolo: 900 dollari. E poi ecco l’incontro con Rotti, le serate a base di coca e di sesso veloce.
Nel carcere di Bergamo ove scontava la pena (12 anni, dopo la riduzione in Appello) fa buona amicizia con alcune compagne di cella (fra cui delle terroriste dissociate); apprende l’arte di modellare ceramica.
Uscita dalla galera Terry Broome concede l’esclusiva delle sue memorie al direttore di Oggi, Paolo Occhipinti. A chi le telefona risponde di non poter parlare per non violare il patto con il settimanale. Ma, ad una giornalista del Corriere della Sera concede qualche parola: “Sono risorta grazie al carcere; ora ritorno a casa mia, negli Stati Uniti. Là mi avrebbero mandata a morte...” Tutto sommato, quindi, qui in Italia l’è andata bene.
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