Nel rinviare a giudizio un imputato, la Procura
deve poter contare su elementi d’accusa
univoci e concordanti, tanto da diventare
nel corso del giudizio, prove. Questo
non è avvenuto nel caso del delitto di Arce
Tre gradi di giudizio, compreso quello della Cassazione, assolvono un imputato di omicio. Indagini superficiali o perdurante ostinazione da parte degli inquirenti, anche in assenza di prove incontrovertibili?
Sinceramente, non conosco il caso in concreto se non attraverso le cronache e le varie ricostruzioni che sono state fatte.
Però come principio generale se fallisce in tre gradi di giudizio, evidentemente l’accusa non ha elementi tali da poter affrontare un dibattimento per arrivare ad una sentenza di condanna.
Il punto è sempre quello, l’accusa quando c’è un fatto grave come questo, che colpisce particolarmente l’opinione pubblica, si affretta in qualche modo (non sempre espansivo) a chiudere le indagini e portare in giudizio qualcuno (in questo caso il carrozziere Belli) senza disporre di elementi che in dibattimento possano reggere.
Gli indizi che una Procura raccoglie nei confronti di una persona che poi ritiene di poter portare a giudizio, devono essere talmente corposi e collegati tra di loro e di interpretazione non equivoca, ma di interpretazione univoca, per cui in dibattimento quegli stessi indizi diventano prove.
Tutto questo, nel caso del Belli non è avvenuto, evidentemente la proposizione dell’accusa era debole in primo grado, in secondo grado, in terzo grado.
Evidentemente non si è fatto niente per rafforzare la tesi accusatoria, magari in appello, raccogliendo nuove prove, nuovi elementi.
Però, ripeto, non conoscendo le sentenze non posso dire di più.
Probabilmente nella sentenza di primo grado che assolve il Belli ci sono dei rilievi che probabilmente l’accusa doveva recepire e doveva poi cercare, in secondo grado, di sviluppare questi temi, queste tracce accusatorie, queste tracce probatorie.
Ti posso dire che di norma, un’accusa che fallisce così clamorosamente in tre gradi di giudizio, vuol dire che è un’accusa che parte con il piede sbagliato. Alla base non c’erano gli indizi giusti per poter sostenere l’accusa di questa persona.
Il telefono cellulare della vittima (dal quale non si separava mai) “ricompare” in casa della ragazza. Che significato può avere – a tuo giudizio – un fatto di questo genere?
E’ difficile dare un significato a questo elemento, perché potrebbe essere anche che la vittima quel giorno non lo aveva con se perciò è stato ritrovato in casa.
Se, come è stato detto che questo è stato riportato in casa, non riesco a decifrare questo “messaggio” nei confronti di qualcuno.
Sarebbe un fatto talmente irrazionale ed illogico che - appunto - non è interpretabile.
Quale idea ti sei fatto su questo delitto senza colpevole (almeno fino ad oggi)?
Purtroppo l’amarezza per delitti senza colpevoli, è forte; anche perché significa che c’è un colpevole in libertà.
E’ sempre questo il problema: che si deve arrivare ad una sentenza di condanna solo attraverso un prova certa.
Il Nuovo Codice di Procedura Penale che ha stabilito le regole del nuovo processo, che per me tanto nuovo non è visto che ha quindici anni, ha indebolito un po’ il pilastro della prova nel processo penale.
Mentre il vecchio Codice esigeva una prova vera, certa, il nuovo processo ha stabilito che quando ci sono indizi gravi, precisi e concordanti, questi fanno prova. Cioè hanno sostituito la prova certa, che doveva essere quasi palpabile secondo le indicazioni del vecchio Codice, doveva essere all’americana, cioè certezza al di là di ogni ragionevole dubbio.
Il nuovo Codice prevede che indizi gravi, precisi e concordanti costituiscano prova nella sentenza di condanna.
In realtà tutto questo, se unito, come è unito in Italia al libero convincimento del giudice, (e l’Italia è l’unico Paese al mondo che ha il libero convincimento dei giudici) finisce per far diventare la prova molto fragile, molto flebile.
In realtà, il nuovo Codice di Procedura Penale ha fatto un passo indietro rispetto al passato. Tanto è vero che sono aumentate le richieste di revisione dei processi e sono aumentati, statisticamente, gli errori giudiziari.
Per esempio il caso Tortora è stato un clamoroso errore giudiziario che però poi non ha retto al secondo dibattimento, in Corte d’Appello, proprio perché si è cercata, la seconda volta, dopo la condanna a 10 anni la prima volta, una prova certa, assoluta, che in realtà non esisteva.
Oggi si parla molto di certezza della pena e si parla molto di meno della certezza della prova. Io ribadisco che la certezza della pena è un principio sacrosanto, ma quando la pena è certa per la persona che è stata condannata senza prove e quindi si presume essere innocente, la certezza della prova, per l’innocente, è un crimine che lo Stato paga nei confronti di chi è assolutamente incolpevole.
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