Troppo spesso, accade che il “libero
convincimento” del giudice, si traduca
in un “libero abritrio” naturalmente
a danno dell’imputato
E’ possibile che un marito decida di uccidere la moglie e poi lasci innumerevoli tracce del suo delitto, tanto da essere incriminato e condannato?
Se l’assassino è stato Nigrisoli, questi sarebbe una specie di mister Hide e dottor Jekill perché premedita in un modo diabolico l’omicidio, ma poi dimostra un comportamento irrazionale, infantile, sciocco, da non delinquente, da persona molto sprovveduta; perché lascia tracce notevoli, insomma porta gli inquirenti verso sé stesso.
Questa è la valutazione per quanto riguarda la personalità di Nigrisoli.
Alla luce dei fatti, secondo il tuo giudizio, potrebbe trattarsi di un ennesimo errore giudiziario?
Può trattarsi di un errore giudiziario? Sempre può trattarsi di un errore giudiziario quando il processo non ha un imputato che confessa, quando non c’è una flagranza evidente, sanzionata da tutti. Un delitto di qualunque tipo, (per delitto intendo un reato qualunque) può essere visto in vario modo.
In poche parole, quando non c’è la confessione e quando non c’è una flagranza assolutamente palese, il processo è sempre tecnicamente indiziario. Nel processo indiziario dove si deve formare la prova, si deve valutare la prova, l’errore umano è possibile sempre. In Italia ancora di più, e questo purtroppo non lo dice quasi nessuno. Noi lo abbiamo detto in altre interviste proprio su questo giornale: il libero convincimento del giudice può spesso rendere compiuto un elemento indiziante che in realtà manca, un complesso probatorio che manca. Quello del “libero convincimento” è un istituto che abbiamo solo noi in Italia. Spesso è una chiave di lettura che ci fa credere che il giudice non ha fatto ricorso al libero convincimento, ma al libero arbitrio, perché spesso con le parole si riesce a colmare un vuoto probatorio reale. E quindi in questi casi l’errore giudiziario è sempre possibile. Faccio riferimento al libero convincimento del giudice perché è proprio questo che fa sì che in Italia ci siano più errori giudiziari del dovuto.
Torniamo al caso Nigrisoli, calcolando che sono passati 44 anni; oggi certamente, quel tipo di processo, avrebbe una possibilità maggiore di approfondimento sul piano di analisi, del Dna e così via. E quindi si potrebbe avere oggi un quadro, uno scenario più compiuto del delitto, con l’individuazione delle eventuali condotte di responsabilità penale di Nigrisoli.
Però, se me lo permetti, (anche perché qualche volta tu lo solleciti) voglio tornare all’attualità: mentre facciamo quest’intervista, a Garlasco è stata scarcerata la persona che era indagata; bisogna che si capisca, che questi omicidi che effettivamente spaventano l’opinione pubblica, sono spesso omicidi inutili, stupidi. In questo caso non voglio parlare di Garlasco ma in genere, di omicidi in cui non si capisce il movente e - addirittura - spesso non si riesce ad approfondire il piano di ricostruzione storica del fatto, dell’omicidio. E quindi la gente è disorientata. Questo contribuisce a far credere all’opinione pubblica che c’è un delitto inspiegabile, non c’è movente, non si trova l’arma del delitto, non c’è sostanzialmente nulla; oppure che le piste seguite sono sbagliate; arrivano i Ris o la Polizia Scientifica e risolvono tutto. Li vediamo con le tute da visitatori lunari, i telefilm ci spingono a queste scene dove la “scienza” risolve tutto. Bisogna uscire da questo luogo comune perché è pericoloso.
L’analisi del Dna, tornando al caso Garlasco, della macchia di sangue trovata sul pedale della bicicletta: se è una macchia ematica, non si sa. Una macchia sul pedale della bicicletta non vuol dire nulla rispetto ad un omicidio di cui non si conosce il movente, non si conosce l’arma usata; ma soprattutto, lo ripeto, non si conosce il movente. Quindi, la macchia di sangue non ha nessun significato, ammesso che sia di sangue.
Durante il processo, i periti di parte contestarono la certezza del metodo usato dalla perizia ufficiale esclusero la presenza di curaro nei liquidi organici della vittima. Oggi, forse, la scienza è in grado di fare meglio che non 44 anni addietro?
Occorre far capire alla gente che le analisi, i metodi super moderni che abbiamo (e siamo fortunati di averli oggi rispetto a quando si è svolto il processo Nigrisoli) spesso servono solo da riscontro. Devono fare riscontro, ad esempio, agli accertamenti dei Ris, ad un quadro probatorio che ha un suo modo di esistere, di essere, una sua ragionevolezza di fondo.
Quindi io credo che non abbiamo fatto male, partendo dal caso Nigrisoli, a spostarci sul piano dell’attualità, magari proprio parlando di un processo vecchio di 44 anni. Ripeto: allora, se ci fossero stati i riscontri, davanti ad un piano omicida che sembrava essere quello dell’uccisione della propria moglie, per altro madre di tre figli, il tutto solo per poter convivere con un’altra, sarebbe stato tutto più razionale. Ma se si fossero avuti dei riscontri sul curaro, riscontri di tipo tecnico quasi certi, giacché non esiste la certezza; ad esempio: quando c’è la perizia balistica, non è che si può stabilire con precisione che quell’arma ha sparato; si può stabilire con la precisione del novanta per cento. Questo significa che c’è un dieci per cento di margine di errore. Allora, facendo un’astrazione, in un processo in cui l’unico elemento indiziante è la prova balistica che ha dato risultati positivi contro l’imputato, dobbiamo dire che è una prova sicura al novanta per cento. Un solo elemento, che non ha il cento per cento della certezza, può arrivare a far condannare una persona? No.
Il principio fondamentale, mi permetto di ripeterlo nelle tue interviste attraverso questo giornale che mi è molto caro, è questo: non si può condannare senza prove certe ed assolute. Altrimenti bisogna assolvere, perché una persona innocente in carcere è un vero e proprio delitto dello Stato contro l’innocente che sconta una pena che non deve scontare perché non ha commesso il fatto.
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