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Luglio-Settembre/2016 - Mondo Poliziotto
Siulp
Quando il poliziotto è costretto a pagare e indebitarsi per lavorare
di Silvano Filippi - segr. reg. Siulp Veneto

Le recenti indagini sociologiche spiegano che nel nostro Paese le famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà sono qualche milione. E che per altrettante, che vivono appena al di sopra della linea di galleggiamento, basta una spesa imprevista di poche centinaia di euro per precipitare nella sofferenza economica.
Una realtà che, purtroppo, interessa un numero crescente di poliziotti. Non tanto per uno stipendio che non consente certo di scialare, ma che pur con notevoli sforzi consentirebbe di per sé di arrivare alla fine del mese. Quanto per una serie di rischi professionali ulteriori, sconosciuti ad altre categorie di lavoratori.
Al poliziotto basta infatti essere denunciato per iniziare un calvario doloroso e dispendioso. Che non finisce nemmeno quando, come nella stragrande maggioranza dei casi succede, viene assolto. Perché solo in caso di assoluzione piena il Ministero rimborserà, dopo un lungo iter di verifica, le spese. Ma solo entro il limite ritenuto congruo dall’Avvocatura dello Stato. E non è raro che il rimborso sia ampiamente inferiore alla parcella dell’avvocato, senza che sia possibile capire i criteri di congruità ai quali ci si è ispirati per operare il taglio. E siccome molti colleghi sono nella condizione di non disporre di adeguate riserve, sono costretti a chiedere sostegno a familiari, amici e financo colleghi, per anticipare il fondo spese all’avvocato prima, e per integrare il taglio del rimborso poi.
Insomma, un poliziotto, per il solo fatto di essere indagato, è esposto al rischio assai probabile di subire una perdita patrimoniale consistente anche in caso di assoluzione. E se non ha la fortuna di avere una adeguata provvista sul conto corrente, deve indebitarsi. Ma non è tutto.
Va anche peggio ai tantissimi che hanno la disavventura di subire infortuni in servizio. Per avere il rimborso delle spese mediche di cura e riabilitazione occorre attendere che sulla sussistenza della causa di servizio si pronunci la speciale Commissione centrale, che al momento ha un arretrato di circa 5 anni. E siccome la salute non può attendere i tempi della burocrazia, se il responsabile delle lesioni non è solvibile, le cure intanto se le deve pagare il collega. Sperando che un giorno, quando finalmente il suo fascicolo emergerà dagli abissi polverosi del cumulo di arretrati, il funzionario che tratta la sua pratica sia di buon umore, e gli riconosca, nel limitato numero di situazioni in cui ciò è previsto, un equo indennizzo che, nella migliore delle ipotesi, è ben lungi dal risultare soddisfacente. L’alternativa sarebbe quella di ricorrere al TAR contro l’Amministrazione per chiedere il ristoro del danno subito in servizio. La giurisprudenza in effetti è orientata a riconoscere le ragioni dei ricorrenti. Il problema è, anche qui, che un ricorso al TAR costa parecchio, e i tempi per arrivare a sentenza sono di almeno qualche anno. Un’esposizione economica insostenibile dai più.
Come Siulp del Veneto, vivendo anche in prima persona il problema, eravamo riusciti a sensibilizzare il Consiglio regionale del Veneto, che aveva approvato una legge per offrire un sostegno finanziario a quanti si fossero trovati nelle condizioni descritte. Il Governo, però, l’ha impugnata eccependone l’illegittimità per conflitto di competenza. Ma non ha ritenuto di intervenire per rimediare a tali criticità.
Mi limito a segnalare che scoraggiare ulteriormente lo spirito di sacrificio dei poliziotti, già messo a dura prova da una inenarrabile serie di frustrazioni, in un momento come quello attuale, in cui la gestione dell’ordine e della sicurezza pubblica rappresenta una fondamentale e delicatissima priorità, non è stata una scelta politica geniale. Oltre un certo limite la frustrazione si trasforma in rabbia. Fossi in chi è in grado di dettare l’agenda politica, comincerei a preoccuparmi.

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