Oggi noi italiani siamo coloro
che accolgono.
Ieri eravamo quelli che venivano
accolti
Passato e presente che si ripetono. Coincidenze che sembrano impressionanti e che sono quanto mai attuali. Loro e noi, emigrati in Italia dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo e emigrati italiani nel mondo.
Sarebbe necessario fare una riflessione seria e approfondita. Dal momento che questo è il tema dei nostri giorni, del nostro attuale presente e del nostro futuro prossimo. Un tema che è stato raccontato da chi il mondo lo guarda, lo osserva e prova a descriverlo.
Lo ha raccontato Giovanni Maria Bellu, ex inviato di Repubblica ed ex condirettore dell’Unità con il libro I fantasmi di Portopalo, uscito nel 2004 per la collana Le strade blu di Mondadori, da cui è stata tratta la fiction andata in onda su Rai Uno con lo stesso titolo. Natale 2006: nel canale di Sicilia avvenne quello che all’epoca fu considerato il più grande naufragio della storia del Mediterraneo dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Circa 300 giovani uomini di origine pakistana, indiana e tamil morirono mentre, a bordo di una carretta del mare, erano partiti in cerca di condizioni migliori di vita.
Quella vicenda passò quasi completamente sotto silenzio e fu quasi completamente dimenticata benché un centinaio di superstiti - abbandonati dai trafficanti su una spiaggia del Peloponneso e arrestati dalla Polizia greca - l’avessero raccontata nei dettagli. Le loro testimonianze, secondo le autorità italiane, non potevano essere considerate attendibili: se veramente fosse avvenuto un naufragio di quelle dimensioni i corpi delle vittime sarebbero stati trovati a decine. Invece non ne era stato rinvenuto nemmeno uno.
Come era possibile? I fantasmi di Portopalo racconta, in prima persona, come Giovanni Maria Bellu incontrò un pescatore - Salvo Lupo - di Capo Passero, Sicilia Orientale, che gli rivelò come davvero erano andate le cose. Una verità tragica e drammatica da sembrare inverosimile: erano state trovate decine di cadaveri. Ma i pescatori avevano deciso di lasciarli dove stavano, cioè in mezzo al mare. Perché l’inizio di qualsiasi tipo di indagine avrebbe significato la chiusura dello spazio di pesca per un tempo indeterminato, un danno economico enorme. Se la notizia di quel gigantesco naufragio fosse finita sulle prime pagine dei giornali, avrebbe danneggiato anche l’economia nazionale. Allora meglio tacere e voltare le spalle, facendo finta di non vedere. Facendo finta che non fosse accaduto nulla. ... [continua]
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