Il comparto sicurezza non ha bisogno di “accorpamenti creativi” ma di più uomini sul territorio, come ha dichiarato Fabrizio Maniago, segretario provinciale del Siulp di Trieste
Non si contano più gli appelli del capo della Polizia Franco Gabrielli riguardanti la carenza di uomini e donne nella Polizia di Stato. Nel giro di otto anni la Polizia cambierà pelle e su 100 mila poliziotti, 40 mila raggiungeranno la quiescenza. Il 40% della forza odierna dovrà essere sostituito nel giro di pochi anni e la domanda da porsi è: ci riusciremo?
Dopo le cartolarizzazioni delle scuole allievi agenti, i mancati investimenti per provvedere alle manutenzioni che rendono i presìdi di formazione ridotti per le capacità ricettive e numeriche di formazione non ci attende un bel futuro.
I segnali sono già chiari all’orizzonte e giorno dopo giorno vengono certificati dall’amministrazione, come avviene in questi giorni nell’ultima informazione preventiva comunicata al sindacato. La parola d’ordine per sopravvivere è “accorpare”. A Trieste si vuole l’accorpamento dell’ufficio di Polizia di frontiera marittima con il settore terrestre. Oggi più che mai nessun ufficio di Polizia dovrebbe essere soppresso o accorpato perché abbiamo già visto questi fantomatici accorpamenti o ristrutturazioni: alcuni anni fa, infatti, ci fu l’accorpamento tra il commissariato di San Sabba e quello di Rozzol Melara. Tale riorganizzazione avrebbe dovuto rendere più efficiente il sistema sicurezza con un aumento delle pattuglie sul territorio. Ma così non è stato.
Dietro la parola “accorpamento” si nasconde, talvolta, la cessione di territorio alla criminalità. Il comparto sicurezza non ha bisogno di “accorpamenti” creativi ma di maggiore organico, di un numero più elevato di uomini sul territorio. L’accorpamento di cui si parla rischia di creare una commistione tra due plessi che hanno sviluppato competenze molto diverse in àmbiti molto diversi. Competenze che si perderebbero nel corso del tempo con questo accorpamento.
La Polizia di frontiera marittima si occupa dei controlli di frontiera esterna Shengen, all’interno di un porto in continua espansione. Si pensi alla ristrutturazione dei magazzini del Porto Vecchio, alla via della Seta, alle numerose navi da crociera che Venezia ha dirottato sul capoluogo giuliano. Il porto zona franca extra-doganale appetibile, dove confluiscono merci da tutto il mondo e su cui il potente mercato cinese ha puntato gli occhi.
Un’eccellenza nel traffico delle merci. La SIOT con i suoi 4 ormeggi dedicati ai giganti del mare, con le superpetroliere che trasportano greggio rendono il porto di Trieste uno tra i più importanti del Mediterraneo. Quello tergestino uno dei pochi porti in Italia in cui gli ormeggiatori lavorano 24 ore su 24, consentendo alle navi di entrare ed uscire nell’arco di tutto il giorno e di tutta la notte.
Per quanto riguarda invece la Polterra, un dato su tutti è rappresentato dalla rotta balcanica che ha ampiamente superato i 5 mila ingressi dall’inizio dell’anno. Quotidiani sono i filmati che i frontisti postano sulla rete: un passaggio continuo di 30/50 persone al giorno, perlopiù richiedenti la protezione internazionale. Si tratta di una fascia confinaria ampia ed impervia, aspra come il Carso su cui insiste, che viene presidiato dalle pattuglie delle sottosezioni di Rabuiese, Opicina e Fernetti che operano in territorio sloveno. Si tratta di due plessi complementari ma ben distinti nei compiti e nell’allocazione. La Polmare incardinata sul molo in posizione centrale, pronta ad intervenire immediatamente sia nel Porto Vecchio che in quello nuovo, a salvare le vite dei migranti nascosti nei Tir che sbarcano dai traghetti, a reprimere le condotte lesive del bene giuridico vita, ad effettuare indagini di altro profilo con la sua squadra di PG (Polizia Giudiziaria). La Polterra ha un cuore centrale che coordina tre sottosezioni, ubicate a ridosso dei punti nevralgici di ingresso dalla Slovenia ed è pronta ad intervenire in qualunque momento, attenendosi alle norme giuridiche che lo consentono, art. 10 d, lgs 286/98 per gli accordi bilaterali italo-sloveni.
Se veramente si ritiene importante la sicurezza bisogna potenziare i plessi. La Polizia di frontiera marittima di Trieste deve rimanere autonoma così come quella terrestre, che con i loro controlli quotidiani a capillari operano da deterrente contro la criminalità organizzata. Esperienze, attività e formazione diverse non possono essere riunite. “Accorpamento” è una parola che andrebbe espunta dal vocabolario della sicurezza, è un progetto che livella in basso esperienze e normalizza competenze e quindi va respinto.
L’accorpamento è una strada che porta all’omologazione dei compiti, che favorisce la semplificazione in un mondo in cui, invece, c’è sempre più bisogno di specialità e di specificità.
Fabrizio Maniago - Segretario Siulp - Triest
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