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Aprile - Maggio/2020 - Articoli e Inchieste
Donne e violenza
“Codice Rosso” per le denunce nei casi di violenza domestica e di genere
di Lucia Purgato

Una legge che non punta solo su un inasprimento delle pene ma agisce anche sul fattore tempo.

Il 9 agosto 2019 è entrata in vigore la legge 19 luglio 2019 numero 69, meglio conosciuta come CODICE ROSSO. Perché si chiama codice rosso? Perché permette di intervenire con urgenza, una “corsia preferenziale” per le denunce nei casi di violenza domestica e di genere. Una risposta alle tristi esperienze di donne uccise o che hanno subito violenze molto gravi.
Una Legge che non punta solo su un inasprimento generalizzato delle pene, ma agisce sul “attore tempo” come elemento determinante per scongiurare l’esito irreparabile e combattere così il dilagare di violenze, maltrattamenti e femminicidi.
Infatti, prevede tempi brevi per lo svolgimento delle indagini ed un’accelerazione dell’avvio del procedimento penale per alcuni reati gravi (maltrattamento in famiglia, stalking, violenza sessuale), allo scopo di adottare velocemente eventuali provvedimenti di protezione e tutela delle vittime. Inoltre, le pene previste diventano più severe se i reati risultano commessi in famiglia o in ambiti di rapporti di convivenza. Prevede, poi, l’introduzione dei reati di “revenge porn”, sfregi al viso e matrimoni forzati. Quale iter storico ha portato a stabilire nuove regole e strategie di intervento?
Un po' di storia…
• Fino al 1956 ancora si parlava di potere correttivo del “padre di famiglia”, spesso facente uso della forza, che era, per così dire, tollerato e giustificato;
• nel 1969 viene finalmente considerato costituzionalmente illegittimo l’adulterio (art.559 c.p.);
• nel 1975 decade il modello di famiglia “patriarcale”;
• nel 1979 l’Assemblea Generale dell’ONU approva la CEDAW (Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne); entrerà in vigore dal 1981, man mano ratificata in vari Paesi del Mondo (oggi vi aderiscono 187 Paesi), in Italia dal 1985;
• nel 1981 entra in vigore la Legge n.442 che segna la fine del “delitto d’onore” (art. 587 c.p.) e del cosiddetto “matrimonio riparatore” (art. 544 c.p.);
• nel 1996, dopo una maturazione di circa 20 anni, finalmente viene approvata la Legge n.66 sulla violenza sessuale, che non considerava più questo reato come un delitto contro la moralità pubblica ed il buon costume, ma un delitto contro la Persona;
• nel 2009 è stato introdotto il reato di stalking (atti persecutori);
• nel 2011 la Convenzione di Istanbul, primo strumento legislativo internazionale che mira alla prevenzione e alla lotta alla violenza contro la donna e alla violenza domestica;
• nel 2013 viene convertito in Legge n.119 (femminicidio) il decreto legislativo n.93, recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere”;
• il 19 luglio del 2019 viene approvata la Legge n.69, entrata in vigore il 9 agosto, meglio conosciuta come “CODICE ROSSO”.

Quali sono gli ambiti di intervento della legge sul codice rosso?

La nuova Legge sul codice rosso prevede 21 articoli ed ha introdotto modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere I reati interessati dall'intervento di tutela e repressione sono quelli di cui agli articoli del codice penale:
– art. 572 c.p. (maltrattamento contro familiari o conviventi);
– art. 582 c.p. (lesioni personali);
– art. 583 quinquies c.p. (deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso);
– artt. 576 e 577 c.p. (aggravanti applicabili alle lesioni);
– art. 609 bis c.p. (violenza sessuale);
– art. 609 ter c.p. (aggravanti in materia sessuale);
– art. 609 quater c.p. (atti sessuali con minorenne);
– art. 609 quinquies c.p. (corruzione di minorenne);
– art. 609 octies c.p. (violenze sessuali di gruppo);
– artt. 612 bis (atti persecutori) e 612 ter c.p. (diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti).
Per i suddetti reati si inaspriscono le sanzioni già previste dal Codice Penale. Ad esempio, le pene sono più severe se i reati avvengono in contesti familiari, perciò la reclusione da 2 a 6 anni previste dall’art.572 c.p. diventa da 3 a 7 anni; viene aumentata fino alla metà se la violenza è avvenuta in presenza o a danno di un minore, in presenza di una donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità o se il fatto è commesso con armi. Il minore di anni 18 che assiste ai maltrattamenti in famiglia viene considerato persona offesa. Inoltre, è prevista l’applicazione di misure di prevenzione personali (sorveglianza speciale e obbligo di dimora in altro Comune) per l’uomo violento. Anche per la violenza sessuale (art.609 bis e seguenti) si inaspriscono le pene: si passa dalla reclusione da 5 a 10 anni (e da 6 a 12 in presenza di aggravanti). Vengono eliminate le “fasce d’età”, nel senso che il reato si intende riferito alla minore età, senza distinzione tra i 14 o 16 anni. E, per gli atti sessuali con minorenni? La pena è aumentata se l’atto avviene con minore di anni 14 in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, anche solo se viene “promessa”. Per la violenza sessuale di gruppo, infine, la pena della reclusione passa da 6 a 12 anni, e, se ci sono aggravanti (ex art. 609 ter c.p.) dagli 8 ai 14 anni.

Nuovi reati introdotti
Sono stati poi introdotti 4 nuove fattispecie di reato nel codice penale e sono:
• Articolo 387 bis C.P. Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Cosa significa? Chiunque, essendovi legalmente sottoposto, violi gli obblighi o divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari di cui agli articoli 282-bis (allontanamento dalla casa familiare) e 282-ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) del codice di procedura penale o dall'ordine di cui all'articolo 384 bis (misura pre-cautelare dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare) del medesimo codice è punito con la reclusione da sei mesi a 3 anni. In sostanza, le modifiche della nuova Legge sono servite a rendere tali obblighi ancora più incisivi.
• Articolo 558 bis C.P. Costrizione o induzione al matrimonio. Chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile è punito con la reclusione da 1 a 5 anni. E non solo, infatti, la stessa pena si applica a chiunque, approfittando di condizione di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, abusando delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità per affidamento, la induce a contrarre matrimonio o unione civile. La pena diventa più grave se commessa ai danni di un minore di anni 18, e dai 2 si passa ai 7 anni di reclusione se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni 14. La punibilità è prevista anche per fatti avvenuti all’estero ad opera o in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia.
• Articolo 612 ter C.P. Il così detto “revenge porn”, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti. Quest'articolo introduce una fattispecie di reato ad hoc volta a sanzionare il fenomeno del cosiddetto “revenge porn” e punisce chiunque, senza il consenso delle persone in esse rappresentate, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, dopo averli realizzati, sottratti ovvero ricevuti o acquistati, al fine di recare loro un danno. È prevista una pena da 1 a 6 anni di reclusione ed una multa da 5.000 a 15.000 €. La stessa pena si applica a chi avendo ricevuto o comunque acquisito tali immagini o video, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recale loro un danno. Quindi commette reato anche chi “condivide” tali immagini o video. La pena è aumentata se i fatti sono con commessi dal coniuge anche separato o divorziato o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata di un terzo alla metà sei fatti sono commessi in danno di persone in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Il delitto è punito a querela della persona offesa e il termine per proporre la querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi più gravi nonchè quando il fatto è commesso con altro delitto per il quale è già prevista la procedibilità d'ufficio.

• Articolo 583 quinquies C.P. Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso. Chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso è punito con la reclusione da 8 a 14 anni. La condanna, ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell'articolo 444 c.p.p., per il reato di cui al presente articolo, comporta l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno. Il provvedimento inoltre interviene sull'articolo 576 c.p. per prevedere l'ergastolo nel momento in cui dalla commissione di tale reato consegua la morte della vittima. Questo delitto viene incluso tra i reati violenti di tipo intenzionale che attribuiscono alla vittima il diritto ad essere indennizzata dallo Stato.

In ambito “procedurale” cosa è cambiato?

La legge fa riferimento a specifici corsi di formazione per il personale della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e della Polizia Penitenziaria, in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati di violenza domestica e di genere, tutt’ora in fase di “allestimento”. Guardando indietro, percorsi formativi ad hoc esistevano già, e sono quelli che poi hanno portato a stilare ad esempio il protocollo Eva (acronimo di “esame violenze agite”) e all'uso del sistema SARA. In particolare, il protocollo Eva è uno strumento che suggerisce le modalità di intervento nei casi di liti in famiglia e permette di inserire nella banca dati delle forze di polizia, lo SDI, indipendentemente dalla presenza di una denuncia o querela da parte della vittima, una serie di informazioni utili a ricostruire tutti gli episodi di violenza domestica che hanno coinvolto un nucleo familiare; inoltre, la raccolta così capillare di dati statistici permette di intervenire nel tempo con strumenti normativi adatti. Mentre l'uso del sistema SARA serve a valutare il rischio del ripetersi di abusi in situazioni note.

Ma quali novità ha introdotto la legge sul codice rosso in ambito procedurale?

È prevista un'accelerazione dell'iter dei procedimenti che riguardano i casi di violenza, per esempio la denuncia avrà una corsia preferenziale, le indagini e i procedimenti giudiziari saranno più veloci. Nasce l'obbligo per la polizia giudiziaria, in presenza di determinati reati (maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale aggravata, atti sessuali con minori, corruzione di minore, violenza sessuale di gruppo, stalking, lesioni personali aggravate commesse in contesti familiari di convivenza) di dare priorità alle indagini. La polizia giudiziaria una volta acquisita la notizia di reato riferisce immediatamente al pubblico ministero anche in forma orale. Alla comunicazione orale poi seguirà, senza ritardo, quella scritta. Dall’iscrizione della notizia di reato il Pubblico Ministero avrà un tempo massimo di tre giorni per ascoltare la testimonianza della vittima (art.362 comma 1-ter c.p.p.). Il termine di 3 giorni può essere prorogato solo in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni 18 o per la riservatezza delle indagini, anche nell'interesse della persona offesa. Gli atti di indagine delegati dal pubblico ministero alla polizia giudiziaria avvengono senza ritardo. Sin dal primo contatto vengono fornite alla persona offesa informazioni sulle strutture sanitarie presenti sul territorio, sulle case-famiglia, i centri antiviolenza e le case rifugio, quindi su tutti i servizi di assistenza alle vittime.

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