home | noi | pubblicita | abbonamenti | rubriche | mailing list | archivio | link utili | lavora con noi | contatti

Giovedí, 22/10/2020 - 13:27

 
Menu
home
noi
video
pubblicita
abbonamenti
rubriche
mailing list
archivio
link utili
lavora con noi
contatti
Accesso Utente
Login Password
LOGIN>>

REGISTRATI!

Visualizza tutti i commenti   Scrivi il tuo commento   Invia articolo ad un amico   Stampa questo articolo
<<precedente indice successivo>>
Dicembre/2004 - Analisi
Analisi
La saga dei 'mercenari'
di Paolo Pozzesi

La vicenda si svolge su due scenari. Uno iracheno (nel senso di guerra, bombardamenti, terrorismo, omicidi, affari), uno italiano (nel senso di diatribe e ostentazione di nobili sentimenti). Il primo, serio, drammatico, gravido di pericoli presenti e futuri; il secondo, poco o niente affatto serio, ma anch’esso non privo di pericoli.
Parliamo del caso dei quattro “contractors” (il termine inglese è quello più o meno ufficiale) italiani sequestrati in Iraq: Salvatore Stefio, Maurizio Agliana, Umberto Cupertino, poi liberati, e Fabrizio Quattrocchi, assassinato dai rapitori. In seguito vi era stato il sequestro di Enzo Baldoni, inviato del “Diario” e pacifista, anch’egli assassinato. E di Simona Pari e Simona Torretta, operatrici dell’organizzazione di soccorso non governativa “Un ponte per…”, fortunatamente liberate.
La tragica disavventura dei “contractors” è tornata, clamorosamente, di attualità a causa di una parola contenuta nella richiesta di divieto di espatrio per un indagato, redatta dal gip di Bari Giuseppe De Benedictis il 1° ottobre scorso. Una parola: “mercenari”. La richiesta era stata respinta dal Tribunale del riesame, ma questo poco importa per quanto è seguito. L’inchiesta, ancora in corso, riguarda l’ipotesi, sorretta da vari elementi, di arruolamenti in Italia per attività militari all’estero, in violazione dell’art.288 del codice penale; e l’indagato in questione è Giampiero Spinelli, 30 anni, residente a Sanmichele di Bari, ex presidente della Stta (Specialized training tactical agency), in rapporti con André Vernis, un ex legionario titolare della Bodyguard Europe 2000.
Mercenari? La levata di scudi è stata corale da parte della maggioranza governativa, con qualche aggiunta estemporanea di commentatori usi a dire la loro su qualsiasi argomento. Ministri, sottosegretari, parlamentari, sono insorti contro De Benedictis (e in generale, secondo un copione ricorrente, contro i magistrati). Il giudice è stato messo pesantemente sotto accusa per “aver insultato la memoria del patriota italiano Quattrocchi, nonché la dignità dei colleghi del Quattrocchi”, sottolineando “il processo di infiltrazione della propaganda islamica perfino nelle nostre istituzioni”: lo ha affermato il parlamentare leghista Mario Borghezio. Altri hanno ripreso il tema delle “infiltrazioni ideologiche”, le solite “toghe rosse”, per capirci. Anche se il giudice De Benedictis non è assolutamente un pacifista, e ha dichiarate simpatie di destra. Però, ha tenuto a ripetere, “sono in primo luogo un giudice”. Ed è proprio questo il punto. Un giudice si muove basandosi sui fatti, sulle testimonianze, e sulle leggi: gli altri vanno tranquillamente a ruota libera, senza sapere e senza voler sapere. Dalla cattedra televisiva di Otto e Mezzo, Giuliano Ferrara ha invocato addirittura l’intervento del presidente della Repubblica. Mentre l’ex presidente Cossiga ha chiesto un’indagine sul gip “per verificare se abbia relazioni con ambienti militanti dell’estremismo islamico o organizzazioni pseudo-pacifiste che aiutano la ‘resistenza’ irachena”.
Saremmo curiosi di apprendere che cosa sia uno “pseudo-pacifista”, ma è inutile chiederlo. Ricordiamo solo che Enzo Baldoni (italiano, sì, ma evidentemente per qualcuno non un “patriota”) venne accusato, prima e dopo la sua uccisione, di aver cercato delle “vacanze elettrizzanti” (in Iraq, sotto le bombe); e che le due Simone furono abbondantemente svillaneggiate, con titoli in prima pagina, dopo il loro rilascio, per aver riconfermato la loro opposizione alla guerra in Iraq.
Secondo il dizionario Zingarelli, mercenario è chi “presta la propria opera a pagamento”. Nell’ordinanza del gip di Bari, i quattro sono anche definiti “fiancheggiatori delle forze anglo-americane”, e viene detto che questo “spiega, anche se non giustifica, il loro sequestro”. In realtà, non è mai stato molto chiaro quali fossero i compiti di Agliana, Cupertino, Stefio e Quattrocchi in Iraq, dove la loro presenza non era stata notificata all’ambasciata italiana. Nei loro ingaggi appaiono diverse sigle e mediatori, società con sede legale all’estero, e lo stesso Stefio risulta a capo di una di queste, la Presidium, “leader nell’addestramento operativo in Paesi ad alto rischio”. Stando alla testimonianza di Agliana, erano armati di pistole e mitragliette, e dotati di radiotrasmittenti e cellulari. Sembra che formassero un commando, denominato Delta, con base in un albergo di Baghdad, il Babylone, dove operavano delle unità americane, e – curiosamente – anche dei guerriglieri baathisti, che gli americani preferivano lasciare tranquilli. E nell’episodio del sequestro entra anche un computer portatile di Stefio, preso e analizzato dai sequestratori, contenente informazioni sulla Presidium, compresa una lettera di Spinelli che faceva riferimento a un contatto con i servizi israeliani. Nel complesso, una situazione perlomeno intricata. Ed è per districarla che erano state aperte due inchieste giudiziarie: quella di Bari, e un’altra a Genova, dove risiedeva Quattrocchi.
Se ci trasferiamo sullo scenario iracheno, dalle chiacchiere si passa alla drammatica realtà quotidiana di quel paese. E, come spesso accade, ad esprimersi chiaramente è proprio la stampa americana. Il 21 ottobre, mentre in Italia i giornali si agitano sull’”offesa” di un termine ritenuto scandaloso, il New York Times pubblicava in prima pagina un’inchiesta titolata “Mercenario, che mestiere è ?”, dedicato all’attività delle milizie private che operano in Iraq. Ma anche il Corriere della Sera, che rileverà “Un lessico da brivido” nell’ordinanza del gip di Bari, il 18 ottobre pubblicava su mezza pagina un articolo sullo stesso tema, dal titolo “Gli eserciti privati/un’ombra su Baghdad”. E si scriveva di “eserciti ombra, reticolari, con gerarchie indipendenti, , fuori di ogni controllo e asserviti a logiche in parte di affari, ma unificati dallo sfruttamento dell’instabilità. Mobilità, aggressività, mancanza di regole e di referenti istituzionali a cui rispondere, li rendono efficienti, e paradossalmente meno esposti a rischi. A meno che non se li vadano a cercare”:. E anche il capo del Pentagono, Donald Rumsfeld, in una lettera al Congresso ha denunciato la presenza in Iraq di oltre 20.000 “contractors” delle compagnie private, di varie nazionalità, prevedendo un loro aumento nell’immediato futuro. E’ lecito chiedersi che cosa faccia veramente in Iraq questa multinazionale dei “contractors”? Forse, chi ne ha il dovere dovrebbe informarsi, e informare l’opinione pubblica, su questo aspetto, inquietante e nascosto, di una guerra apparentemente sempre più assurda. Apparentemente.

<<precedente indice successivo>>
 
<< indietro

Ricerca articoli
search..>>
VAI>>
 
COLLABORATORI
 
 
SIULP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
 
Cittadino Lex
 
Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!
 
 
 
 
 

 

 

 

Sito ottimizzato per browser Internet Explorer 4.0 o superiore

chi siamo | contatti | copyright | credits | privacy policy

PoliziaeDemocrazia.it é una pubblicazione di DDE Editrice P.IVA 01989701006 - dati societari