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febbraio-marzo/2006 - Analisi
E il vecchio Osama fa dell’alpinismo
di Belphagor

Il succedersi degli avvenimenti, spesso drammatici, porta a dimenticarci quasi della sua esistenza, come se fosse un ritratto appeso al muro che si guarda di tanto in tanto. E poi eccolo che torna, in voce o mostrandosi con la sua barba grigia e il solito kalashnikov, come temendo di essere dimenticato, o di venire sostituito nell’immaginario collettivo da nuove icone del terrore. Lo scorso 19 febbraio un sito internet ha diffuso il testo integrale del messaggio trasmesso da Osama bin Laden il 19 gennaio, e non ne sono venute novità di rilievo. “Non mi prenderanno mai vivo – proclama lo Sceicco Nero – Ho giurato di vivere solo libero; anche se trovo amaro il sapore della morte, non voglio essere umiliato o ingannato”. Aggiungendo un riferimento alla guerra in Iraq che sembra riesumare la sua ostilità nei confronti di Saddam Hussein, da lui sempre condannato come un “laico” nemico dell’Islam:”I criminali americani sono arrivati a stuprare le donne davanti ai loro uomini e di torturare con acidi e trapani elettrici. Metodi barbari che rendono gli agenti americani non distinguibili dai criminali al servizio di Saddam. Ma i mujaheddin si rafforzano e aumentano di numero , grazie ad Allah”.
Si direbbe che Osama voglia anzitutto richiamare l’attenzione sul fatto di essere sempre il ricercato numero uno nella lotta al terrorismo, e quindi di correre sempre il rischio di venire catturato o ucciso. E forse batte su questo tasto perché molti si chiedono quanto sia reale questo rischio. Se davvero il capo di Al Qaeda è rifugiato nella zona al confine tra l’Afghanistan e il Pakistan, protetto da complicità tribali e da una scorta di guardie uzbeke, non dovrebbe essere impossibile snidarlo e in qualche modo eliminarlo mettendo in campo una congrua forza militare e di intelligence, tanto più avendo l’appoggio dei “servizi” pakistani: le complicità tribali, da sempre, si comprano, e non risulta che gli uzbechi siano invincibili. Probabilmente sarebbe stato possibile ottenere questo risultato a conclusione della guerra in Afghanistan, utilizzando un decimo dei militari inviati poi in Iraq, dove, va ricordato, Osama bin Laden non aveva mai messo piede. Questo, naturalmente, se lo Sceicco si trova lì, e non altrove. D’altra parte, prendere Osama, vivo o morto, potrebbe creare gravi problemi: morto, si rischia di farne un martire molto pericoloso data l’aria che tira nelle contrade arabe e islamiche, vivo, significherebbe dare l’avvio a un processo facilmente trasformabile in una cassa di risonanza per la sua criminale dottrina jihadista. Forse, dovunque si trovi, è preferibile lasciarlo a fare dell’alpinismo.
Quanto al richiamo all’Iraq, e alla similitudine, denunciata con accuse grottesche, tra gli americani e Saddam, Osama sembra voler prendere le distanze da chiunque, nel mondo arabo, abbia una visione nazionalista e laica, e non accetti i dogmi dell’integralismo religioso trasferiti sul piano politico: e nello stesso tempo evita di pronunciarsi sullo scontro cruento in atto in quel Paese tra sunniti, in larga parte baathisti, seguaci di Saddam, e sciiti, che detengono il potere politico e militare grazie all’appoggio delle forze della coalizione occidentale.
In una situazione piuttosto caotica, Osama bin Laden non si sente obbligato a chiarire le sue intenzioni, al di là delle solite deliranti dichiarazioni contro “i sionisti e i crociati”. Un modo per dire a tutti “Ricordatevi che ci sono anch’io”. E in un certo senso, osservando i conflitti periodicamente innescati dal fanatismo, può vantarsi di essere stato lui a dare l’avvio a questo sinistro meccanismo. Anche se questo è accaduto, e continua ad accadere, con il concorso di errori, poca lungimiranza, calcoli sbagliati, o semplice stupidità, da parte di chi afferma di voler contrastare la strategia del terrore.
Nel frattempo, lo Sceicco Nero conosce un discreto successo sul mercato editoriale americano, dove, tra altre opere dedicate alla sua figura, è diventato un bestseller “Messages to the World” (Messaggi al mondo), un libro che raccoglie tutti gli scritti e i discorsi di Osama negli ultimi dieci anni. Pubblicato da Verso, una casa editrice che solitamente stampa opere di filosofi e studiosi europei (Adorno, Sartre, Foucault, Bobbio, Carlo Ginzburg, Franco Moretti), il volume è curato da Bruce Lawrence, professore alla Duke University e esperto di Islam.
Secondo il professor Lawrence, Osama bin Laden è una personalità che andrebbe studiata attentamente, un intellettuale capace di parlare un linguaggio comprensibile al mondo musulmano nel terzo millennio, dotato di un’accorta retorica, di adeguati riferimenti storici, e persino di humor. Lawrence definisce Osama “un nuovo Nasser”, forse trascurando il fatto che il vero Nasser gli integralisti islamici (i Fratelli musulmani egiziani) preferiva farli impiccare. L’abilità dello Sceicco starebbe soprattutto nell’affermare il concetto di “guerra giusta” contro i “nemici religiosi”, i soliti “sionisti e crociati”, dichiarando che qualsiasi azione violenta “non annunciata”, come gli attentati terroristi, contro “nemici civili, siano essi anche donne e bambini, è adesso giustificata in nome dell’Islam”.
Certo, conoscere meglio il proprio nemico è sempre utile. Comunque, da tempo si era capito che Osama bin Laden oltre che un grande criminale è anche un uomo astuto, capace di giocare con le parole come con gli esplosivi. Anzi, con gli esplosivi lascia “giocare” i suoi seguaci. Lui preferisce l’aria salubre dei monti.

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