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Marzo/2010 - Analisi
Sugli Ogm più pareri divisi che certezze
di Belphagor

“Un pessimo giorno per l’Europa”ha sentenziato l’associazione ecologista Friends of the Earth (Amici della Terra). Pessimo giorno quel martedì 2 marzo scorso, in cui la Commissione dell’Unione Europea ha decretato la fine del rigoroso divieto degli Ogm (Organismi geneticamente modificati), un tabù durato dodici anni? A questo proposito i pareri sono divisi, anche se sembra formarsi una maggioranza contraria.
Il via libera alle culture transgeniche riguarda in particolare Amflora, la Superpatata (nome in codice EH192-527)brevettata dalla multinazionale tedesca Basf. Un tubero al quale la manipolazione genetica ha conferito una straordinaria capacità di produrre amido. E non potendosi raggiungere un accordo nel Consiglio europeo – l’organismo formato dai rappresentanti dei governi europei – la decisione è stata presa dal maltese John Dalli, nominato dal febbraio scorso commissario Ue alla Salute. La Superpatata, si precisa, sarà coltivata solo per usi industriali, ma i suoi sottoprodotti potranno essere destinati all’alimentazione degli animali, e nello stesso tempo sono stati liberalizzati tre tipologie di grano Ogm Monsanto, per mangimi e alimentazione umana. Insomma, si profila una situazione che potrebbe essere ad alto rischio, se davvero di pericolo si deve parlare. E su questo punto, lo ripetiamo, i pareri non sono concordi.
Per cercare di farsi un’opinione abbastanza corretta, vediamo la definizione di Ogm: un organismo geneticamente modificato è un essere vivente che possiede un patrimonio genetico modificato con tecniche che consentono l’aggiunta, l’eliminazione, o la modifica di elementi genetici. Viene chiamato “gene marker”, o marcatore, il gene che verifica l’avvenuta modificazione genetica. E qui ci si trova di fronte a uno dei problemi più rilevanti: infatti ogni marcatore è resistente ad alcuni antibiotici, e questa resistenza potrebbe trasferirsi, per via alimentare, nei consumatori di prodotti legati agli Ogm. Nel caso della Superpatata Amflora, il “gene marker” è resistente alla kanamicina e alla neomicina, due antibiotici considerati molto importanti in alcune terapie.
La Commissione Ue oggi si dice sicura che non vi siano rischi concreti, anche se fino al febbraio scorso il nulla osta all’Ogm era bloccato dall’opposizione del greco Stavros Dimas, commissario per l’Ambiente. Poi vi è stato il “cambio della guardia” dei commissari. Quanto al maltese John Dalli, il neo commissario alla Salute si è assicurato l’appoggio dell’Efsa (European food safety authority), e del suo direttore esecutivo, la francese Catherine Geslain- Lanéelle. Un parere favorevole che dovrebbe avere il suo peso. L’Efsa, con sede a Parma, è definita nel suo sito ufficiale “la chiave di volta dell’Unione Europea per la valutazione dei rischi relativi alla sicurezza alimentare umana e animale. In stretta collaborazione con le Autorità nazionali, e in aperta consultazione con le parti interessate, l’Efsa fornisce consulenza scientifica indipendente e comunica in modo chiaro sui rischi esistenti e su quelli emergenti”.
In realtà su questo argomento di chiaro ve n’é ben poco, e la continua e variegata polemica tra favorevoli e contrari somiglia molto a un dialogo fra sordi. I sostenitori dell’Ogm vantano la maggiore resa delle colture, il minore impiego di pesticidi e concimi chimici con la creazione di specie con bisogni nutritivi ridotti, e con una aumentata resistenza agli erbicidi che consentirebbe di eliminare definitivamente le malerbe. E ancora, la possibilità di creare cibi migliori per durata e valore nutritivo, farmaci prodotti in maniera più sicura ed economica, e nove terapie contro cancro, Aids e malattie genetiche. Aggiungendo un ventaglio di prospettive riguardanti la fabbricazione di organi e tessuti partendo da singole cellule e una serie di clonazioni.
Tutte balle, replicano gli oppositori. I rischi rappresentati dai “gene marker” sono reali, e le piante create artificialmente potrebbero sviluppare sostanze allergeniche o tossiche. Inoltre, è considerato pretestuoso l’argomento secondo cui gli Ogm favorirebbero i Paesi poveri, i protagonisti della fame del mondo: questi sarebbero legati obbligatoriamente ai brevetti, dato che le multinazionali creano appositamente piante la cui semente non può essere ripiantata l’anno seguente, costringendo gli agricoltori ad affrontare a ogni stagione la spesa per l’acquisto delle costose sementi geneticamente modificate.
Una inattesa voce a favore dell’agricoltura transgenica è venuta dal Vaticano, attraverso un intervento al vertice sui problemi dell’economia che si è tenuto a Cuba del vescovo Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze. Monsignor Sanchez Sorondo si è detto favorevole agli Ogm a condizione che questi prodotti dell’ingegneria genetica servano ad alleviare la fame nel mondo, e non divengano strumenti di speculazione, contando evidentemente su una poco verosimile vocazione caritatevole delle multinazionali. Ma se abbondano i pareri contrari, non mancano le autorevoli posizioni favorevoli. Come quella di Roberto Defez, esperto di biotecnologie del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), che approva la decisione della Commissione Ue, respinge le ipotesi di rischio a causa del “gene marker”, e definisce le preoccupazioni in proposito “assolutamente infondate, solo fobie o paure legate alle possibili conseguenze economiche”.
Ma, a proposito del solito vile denaro, Carlo Petrini, fondatore del movimento Slow Food ribatte che “Sono in ballo grandi interessi economici e si rimette tutto in discussione”. E l’agronomo Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura dell’Europarlamento, invita ad evitare strumentalizzazioni in un senso o nell’altro, e dichiara: “Gli Ogm non sono il diavolo e fa bene la Commissione europea a muoversi con gradualità e cautela, attenendosi al principio di precauzione. Già oggi il 90 % della soia importata e utilizzata in Europa è geneticamente modificata. E da essa dipende gran parte della produzione europea di latte e di carne animale. Tra l’altro vale la pena di sottolineare che lo stesso Barroso ha detto che l’ultima parola sugli Ogm spetterà comunque ai singoli Paesi europei, ed essi avranno facoltà di autorizzarne o meno la coltivazione sul proprio territorio”.
E a proposito di governi, il ministro italiano delle Politiche Agricole, Luca Zaia, si dichiara fermamente contrario agli Ogm, e annuncia: “Valuteremo la possibilità di promuovere un fronte comune di tutti i Paesi che vorranno unirsi a noi nella difesa della salute dei cittadini e delle agricolture identitarie europee”. Anche se nemmeno le associazione di categoria sono d’accordo. La Coldiretti fa appello alle Regioni che vogliono vietare la coltivazione degli Ogm nel loro territorio. La Cia (Confederazione italiana Agricoltori) afferma che “il biotech non serve all’agricoltura italiana”. La Confagricoltura esulta: “Finalmente si pone fine al paradosso secondo cui in Europa si devono consumare prodotti Ogm ma non consentire agli agricoltori di utilizzare varietà geneticamente modificate nei loro campi”. In conclusione, sembra evidente che – mentre in un modo o nell’altro i prodotti transgenici entrano nella nostra alimentazione – la discussione sia ancora aperta.

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