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Agosto/Settembre/2018 - Analisi
Analisi
Salvini, un po’ tribuno e un po’ ministro
di Salvatore Palidda

Sarà l’apparato del Viminale
a mettere con le spalle al muro
il titolare dell’Interno finora molto concentrato
solo su immigrazione, Rom e legittima difesa?


Nella storia di tutti gli Stati e anche di quella italiana s’è sempre visto che, grosso modo, “i governi e i leader politici cambiano, ma è la burocrazia dello Stato che continua a governare”. Dopo la liberazione i leader della Resistenza (comunisti, socialisti, liberali - ma non liberisti -, cattolici e laici) speravano di cambiare un po’ e alcuni (ma pochi) partigiani diventarono prefetti, questori e dirigenti delle Polizie. Ma, nel sistema bipolare Usa-Urss, l’Italia era non solo uno dei tre Paesi che aveva perso la guerra e soggetto a sanzioni, ma anche il Paese che doveva stare nel blocco occidentale, cioè sotto il dominio dell’alleato-dominante (gli Stati Uniti). Un fatto tanto indiscutibile - sancito già dal patto fra Roosevelt, Stalin e Churchill a Yalta - che anche il Pci era assolutamente deciso a rispettarlo. E fu lo stesso Togliatti (capo del Pci), Primo Ministro di Grazia e Giustizia che firmò quella che di fatto diventò l’amnistia per quasi tutti i fascisti e collaborazionisti del nazismo, cosa che permise a quasi tutti i burocrati del ventennio fascista di restare al loro posto nei Ministeri e vari apparati dello Stato e in particolare nelle Polizie. Ancora di più, dopo il cosiddetto “colpo di Stato bianco” con le elezioni del 18 aprile del 1948, gli Usa ipotecarono definitivamente la sovranità nazionale italiana nel campo degli affari internazionali, della difesa e degli affari militari. In cambio il partito-Stato (la Dc) vinse quelle elezioni grazie al sostanziosissimo sostegno non solo Usa ma anche della Chiesa e di tutto l’universo moderato e conservatore e di una parte della sinistra che passò nei ranghi del filo-atlantismo; da allora questo partito ottenne la sovranità negli affari interni. L’uomo chiave divenne Scelba che diede alla Dc un controllo di Polizia efficace senza lesinare le maniere forti (facendo sparare sui manifestanti in diverse occasioni) e con l’ausilio ancor più efficace della mafia (che non risparmiò gli assassinii di decine di sindacalisti, comunisti e socialisti capi di lotte operaie e popolari).

Dopo la riforma del 1981 la gestione delle Polizie si avviò a una relativa democratizzazione, ma come è stato ampiamente documentato su questa rivista anche in occasione del ventesimo e trentesimo anniversario, questa riforma non fu mai interamente applicata, anzi fu sabotata e persino deformata.
Sempre in mano a democristiani, è solo nel 1994 che per la prima volta dal 1945 il ministero dell’Interno passa a un politico non solo non-Dc ma di un partito nuovo e che era stato sempre all’opposizione, cioè al leghista Maroni. Successivamente dopo brevi intervalli di ministri “tecnici”, passa a Napolitano allora Pds, poi di nuovo a una ex-Dc, Russo Jervolino e a un altro sempre ex-Dc Bianco, poi a Scajola (anche lui ex-Dc e allora Fi), quindi a Pisanu (Fi), a G. Amato (Pd), alla prefetta Cancellieri, ad A. Alfano, a M. Minniti e infine ora all'on. Salvini. ... [continua]

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