Non solo un libro, il progetto del consorzio Coimart è molto più
ambizioso. Un gruppo di imprenditori “illuminati” ha finanziato anni
di ricerca per poter dar voce alla storia di Joe Petrosino e fare chiarezza
sulla sua vita e sulla sua infanzia. Ma Luca Guardabascio, l’autore del libro,
ha intravisto qualcosa di più in questo progetto, dar voce a tutte quelle
figure anonime che hanno reso grande il nome dell’Italia nel mondo
“Pietre sull’Oceano. La storia di Giovanni Esposito e Joe Petrosino” di Luca Guardabascio, edito da Historica, è un romanzo di formazione che racconta la storia della famiglia Esposito, emigrata in America da Padula, città del salernitano, nel 1870, subito dopo la Presa di Roma, in un’Italia in fermento e in cambiamento. E’ un romanzo di sentimenti, di mistero, un film già scritto, per questo tra le illustri presentazioni spicca quella del creatore della famosa serie televisiva de I Soprano, David Chase, che stampa a caratteri cubitali riferendosi all’autore “Non riesco a pensare ad una persona migliore per scrivere un romanzo del genere”. Inoltre, il fotografo Richard Haskin dedica a Guardabascio un sentito omaggio fotografico grazie al quale i giornali Usa hanno titolato “L’italiano che esporta cultura, umorismo e tradizioni”. Ci sono poi accordi già stipulati con il New York Police Department e con le associazioni internazionali intitolate a Joe Petrosino per un’eventuale trasposizione cinematografica dell’opera, e personalità come le scrittrici Elizabeth Atkins e Pierrette Simpson (quest’ultima superstite dell’Andrea Doria), si sono dichiarate pronte a collaborare con Luca Guardabascio per nuovi futuri progetti.
Un romanzo tra mondi, mode e culture lungo 120 anni, dal 1861, dall’unità d’Italia, al terremoto dell’Irpinia del 1980. Al centro del racconto una vita straordinaria, quella di Giovanni Esposito, emigrato con la sua famiglia da Padula a soli 9 anni; bimbo imbarcato con una valigia di cartone che è riuscito a far sentire la propria voce per raccontare la nostra storia recente grazie all’esempio di quell’amico, di quel martire, di quell’emigrante buono, nemico di tutte le mafie: il detective n. 285 Joe Petosino. Un libro da leggere per ritrovare noi stessi, la nostra storia, la nostra identità offuscata.
Come nasce il progetto editoriale di Pietre sull’Oceano, e quali sono state le sue fonti di ispirazione e documentazione?
Il progetto nasce grazie al finanziamento di imprenditori illuminati che hanno supportato 24 mesi di ricerche. Sono amici che non hanno mai abbandonato il proprio Paese e lo hanno reso grande a livello internazionale. Professionisti e appassionati di cultura che si sono riuniti in un consorzio che si chiama Coimart.
Nel maggio del 2013 mi hanno proposto di raccontare in un film la storia di Joe Petrosino e di fare chiarezza sulla sua vita e sulla sua infanzia. Ho preso la palla al balzo e ho proposto un progetto non meno ambizioso, quello di un libro che non solo doveva raccontare la storia di Joe Petrosino, ma quella degli emigranti anonimi che non hanno avuto voce nella storia, ma che vivono come figure mitologiche attraverso i ricordi e la tradizione orale. Inoltre la mia storia aveva un obiettivo preciso: il romanzo doveva focalizzarsi anche su chi non era mai partito e aveva reso grande l’Italia accettando la sfida di un Paese neonato. Vengo da una famiglia di emigranti, il mio bisnonno è morto in America e da sempre ascolto storie di viaggi, sacrifici, speranze e sana emigrazione.
Petrosino doveva essere il simbolo di questa idea e il punto nodale del racconto; gli altri personaggi, gli Esposito, i Cancellaro, Caputo, La Manna, Giobbe ecc… i veri protagonisti, ribaltando così il punto di vista utilizzato dalle grandi produzioni. Era un salto nel vuoto, poi però le cose che devono funzionare, seguono una strada che sfugge alle comprensioni umane e Francesco Giubilei con la casa editrice Historica, ha preso il manoscritto in catalogo con distribuzione Mondadori.
Qual è il significato del titolo del suo volume?
Pietre sull’Oceano è un’idea nata durante una cena con un’altra grande fonte di ispirazione del romanzo, lo scultore Giovanni Cancellaro. Eravamo lì a giocarci i titoli mettendo sul piatto le idee più disparate.
La sensazione però che avevo ben chiara in testa, sin dalle mie prime interviste svolte negli Stati Uniti ad emigranti di prima generazione, era la dimensione psicologica e quasi schizofrenica che queste persone hanno, che è quella di non appartenere totalmente a nessun Paese. “Ci chiamano italiani in America ed americani in Italia” mi ripetevano in lacrime.
Da qualche tempo avevo con me un romanzo poco conosciuto di Edmondo De Amicis: Sull’oceano, che suonava davvero bene ma era incompleto come titolo perché la mia è una storia che si svolge soprattutto sulla terraferma. Volevo imprimere l’idea di “un’immanenza fluttuante” al racconto sin da subito. La città da cui partono i giovanissimi Giovanni Esposito e Giuseppe Petrosino si chiama Padula che è la città della Certosa e della pietra. Il titolo però vuole sottolineare la condizione di emigrante con tutte le sue peculiarità: duro, coriaceo, spesso cocciuto, ricco di speranza ma tragico e pesante come una pietra che non andrà mai a fondo. La pietra, oggetto immobile, se presa dal talento giusto può essere materia di grande capolavoro e l’emigrante si carica tutto il peso di una vita decidendo di partire. Il Mondo dell’emigrante, infatti, sembra finire e rinascere lì su quell’oceano dove la sua coscienza rimane sospesa a combattere tra passato e futuro, tra le radici spezzate e le nuove che cresceranno altrove. ... [continua]
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FOTO: Luca Guardabascio
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