…Avevano tradito. Gianni e Riccardo
avevano osato raccontare quello che i loro commilitoni, violando leggi,
regolamenti ed etica professionale andavano facendo nelle protette stanze
dei distretti di Polizia.
Ma erano andati oltre. Il loro gesto aveva messo davanti a una precisa
scelta gli uomini che volevano dirigere il primo sindacato di Polizia.
Costoro, di fronte alla denuncia di torture, l'accusa più infamante
che possa raggiungere un reparto di Polizia, avevano due strade. Chiedere
che si andasse sino in fondo, appoggiare e sostenere i poliziotti che
avevano avuto il coraggio di parlare, stroncare ogni tentativo di copertura
e omertà corporativa. Oppure chiudersi a riccio, coprire i presunti
colpevoli, isolare chi si era preso la briga di denunciare. Scelsero la
seconda strada. La più semplice, la più ovvia, la più
vigliacca. Un ufficiale di polizia che divenne uno dei più alti
dirigenti del Siulp e che poi ha percorso una lunga carriera, fece, in
quei giorni della primavera del 1982, una considerazione precisa. A me
cronista, che gli chiedevo perché stava abbandonando Ambrosini
e Trifirò al loro destino, rispose testualmente: "Queste cose
(quelle che dicono Ambrosini e Trifirò, ndr) voglio dirle per tre
anni, non adesso e mai più". L'ufficiale venne eletto e quelle
cose non le ha più dette. Mai.
Riccardo invece venne emarginato, gli bruciarono la porta di casa, fu
costretto a 1asciare il Siulp alla cui fondazione aveva contribuito in
modo determinante. Ancora adesso ci sono dirigenti di Polizia che considerano
quel periodo un "periodo buio della sua carriera, un'ombra sulla
sua vita professionale.
Riccardo non si preoccupava dell'emarginazione. Continuava a lottare,
scriveva articoli su articoli per Franco Fedeli, sosteneva come e dove
poteva le proprie opinioni ci sentivamo spesso per telefono. E dei giorni
della mia breve prigione mi ripeteva. "Non l'ho certo fatto per te
di andare dal magistrato, per me potevi restare in galera per mesi. L'ho
fatto perché quello che era successo era sbagliato, perché
tutto non doveva diventare la bugia di un giornalista". Sapevo che
l'aveva fatto per tutte e due le ragioni...
Pier Vittorio Buffa
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