Intervista a Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale
di Avviso Pubblico, che analizza costi, cause ed effetti
della corruzione, tornata al centro di numerose inchieste
giudiziarie, ed individua alcune soluzioni: «Servono leggi
più chiare, controlli fattibili, e soprattutto occorre una risposta
culturale. Le intercettazioni? Strumento indispensabile»
La corruzione, antico male italiano, dilaga da Nord a Sud, come rivelano parecchie indagini della magistratura e delle Forze di polizia. Le tangenti, purtroppo, vanno ancora di moda. Anzi, sembra che il losco sistema delle mazzette sia addirittura in aumento rispetto ad un tempo. Scandali ed arresti sono all’ordine del giorno. Il malaffare che imperversa ed affiora dalle inchieste vede implicati politici, imprenditori, funzionari pubblici, “colletti bianchi”, mafiosi. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ribadito che la lotta alla corruzione è vitale per la crescita. E Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, ha dichiarato che la corruzione è un fenomeno grave ma non invincibile. Troppe norme complesse ed una burocrazia farraginosa rappresentano terreno fertile per questa piaga.
Quali differenze esistono con la stagione di “Mani Pulite”? E come reagire alla pesante situazione? Su questi temi abbiamo interpellato Pierpaolo Romani, 45 anni, veneto, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico (www.avvisopubblico.it), la rete degli Enti locali per la formazione civile contro le mafie, associazione costituita nel 1996 per unire ed organizzare gli amministratori pubblici che si adoperano a promuovere la cultura della legalità democratica nella politica e nella pubblica amministrazione.
Nell’intervista che ci ha rilasciato egli ricorda, tra l’altro, i costi sociali – oltre a quelli economici – che la corruzione produce: «Nega il merito, riduce i diritti, fa aumentare le tasse, danneggia la democrazia». Poi, sottolinea: «In Italia l’impunità ha contribuito ad accrescere la corruzione». E tuona: «E’ necessario confiscare le ricchezze dei corrotti e restituirle alla collettività». «Dobbiamo ribellarci con le armi della cultura e della responsabilità», evidenzia.
Romani è stato consulente della Commissione parlamentare Antimafia ed è autore del libro “Calcio criminale” (Rubbettino ed., 2012, con prefazione di Damiano Tommasi), un volume sugli scandali del mondo del calcio, dalle partite truccate alla gestione delle scommesse fino alla corruzione. Nel 2014, nel rapporto sulla lotta alla corruzione in Europa, Avviso Pubblico è stato citato dalla Commissione europea nel capitolo riservato all’Italia e alle buone pratiche per la sua attività di formazione, di diffusione di documentazione, di creazione di una coscienza civica e politica sui danni della corruzione e di proposta d’intervento per contrastare il fenomeno.
Dottor Romani, benché la corruzione sia un fenomeno sommerso e quindi difficile da quantificare esattamente, è possibile fare comunque una stima approssimativa di questo “male italiano”? Quanto costa ogni anno alla collettività?
La corruzione costa e a pagarla sono i cittadini onesti. In merito ai costi economici, è difficile da quantificare. La corruzione è un fenomeno sommerso: si svolge tra un corrotto e un corruttore, i quali sono collegati tra di loro da un vincolo ferreo di omertà. La Banca Mondiale ha fatto delle stime ipotizzando che la corruzione costi il 3% del Pil mondiale. La nostra Corte dei Conti, da diversi anni a questa parte, utilizzando lo stesso principio, sostiene che la corruzione costi 60 miliardi di euro all’anno ovvero mille euro a cittadino.
I costi economici della corruzione sono sicuramente maggiori… Poi, ci sono dei costi di altro tipo come, per esempio, i costi sociali... [continua]
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FOTO: Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico
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