Perché? Noi giornalisti siamo bravi a costruire un’epopea se una domanda così semplice la rivolge, in modo ossessivo e provocatorio, un mostro mediatico come José Mourinho in una conferenza madrilena passata alla storia. Ma se la stessa domanda la rivolge, con ben altri intenti, Letizia Lopez ci imbarazza. La ripete almeno una decina di volte, durante l’intervista, perché lei se la pone da 40 anni, da quando sua sorella Rosaria, 19 anni, è rimasta vittima di una delle pagine più folli di cronaca nera, che si identifica con il Circeo, a 100 km da Roma. Con Rosaria c’era Donatella Colasanti, allora 17enne, scampata per miracolo alla furia di Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira, ma stroncata da un tumore 10 anni fa. Rientriamo nel tunnel, dove per Letizia è ancora buio pesto e rimbomba ancora la stessa domanda: Perché?
All’inizio lei ha risposto sì alla richiesta d’intervista, ma subito dopo ha detto: «A cosa può servire 40 anni dopo? La situazione da allora è peggiorata».
Quando successe la tragedia venne organizzato un corteo, le femministe scesero in strada, una baraonda addirittura esagerata, dal mio punto di vista. Non basta, però, una manifestazione, ci vuole una legge ad hoc, anche se io non guardo solo al problema del femminicidio, ma all’omicidio in generale. E se non c’è questa attenzione, le cose non mutano: gli anni sono passati, ma non c’è un giorno in cui non si uccide una persona. Quindi, cosa è cambiato? Nulla. Per questo è come se mia sorella morisse ogni giorno.
Ha sempre invocato un vero cambiamento da questo punto di vista, ma il suo appello è rimasto inascoltato.
C’era una legge per il carcere a vita, praticamente tolto, grazie alla legge Gozzini: ma almeno 30 anni vengono mai scontati? No, perché ci sono la buona condotta e tutti i benefici premiali e chi è stato condannato esce sempre prima. Mi sembra assurdo che i politici promuovano leggi a favore degli assassini: eppure sono padri di famiglia ed è come se non si rendessero conto che i figli vanno puniti se commettono qualcosa di grave, di assurdo. Non vogliamo metterli in galera? Allora si curino e ci si chieda: perché questo ragazzo ha ucciso, perché si comporta così?
Lei ha ripetuto, in tante occasioni, «Mia sorella Rosaria è stata uccisa tante volte in questi 40 anni». Cosa le ha fatto più male, al di là della tragedia e dell’efferatezza del delitto?
Quello che mi fa più male è vedere, ogni giorno, uccisa non una ma più persone. E soprattutto notare che tutti si addolorano nel ricordare che 40 anni fa mia sorella è morta, perché io la considero una finzione. Mi hanno spesso chiamato in televisione per dire la mia, ma a cosa serve? A nulla. La cronaca ci racconta sempre più spesso di giovani donne uccise dai loro compagni, ma noi ci domandiamo il perché. Mi pare evidente che siamo di fronte ad un problema sociale.
Al di là dell’indignazione – per quanto è successo a Rosaria e per le ripetute vittime di oggi – il vero errore secondo lei risiede in una giustizia carente e in un’opinione pubblica che si infervora sul momento e poi dimentica?
Esatto. Io non ho mai visto un programma dove ci si chieda perché, perché accadono queste tragedie. Perché, perché un uomo arriva a questo punto.
Se ne avesse la possibilità, lei ‘perché’ lo vorrebbe ancora domandare a Gianni Guido guardandolo negli occhi?
No, io agli assassini non vorrei chiedere nulla. Piuttosto avrei voluto rivolgere questa domanda ai loro genitori: chi sono, come vivevano, cosa avete dato ai vostri figli, quali sono stati i vostri insegnamenti? Perché è chiaro che ci troviamo di fronte anche ad un problema familiare.
Perché non li avete aiutati? Eppure questi tre ragazzi già da giovanissimi mostravano segni di ribellione, germi di qualcosa di grave. Nessuno si è dato da fare, tanto è vero che hanno ucciso delle persone. E ogni volta che li vedo tutti e tre in foto li guardo negli occhi e mi sembra di vedere già una morte preannunciata.
Il massacro del Circeo purtroppo è passato alla storia per la brutalità e la spietatezza, testimoniata anche dalle fotografie: eppure un fatto del genere non ha smosso che in parte le coscienze.
Può scuotere al momento. Ricordo, per esempio, quando ero giovanissima come rimasi colpita dal caso di Milena Sutter, pensando: “Forse perché sono ricchi soffrono, a noi non succederà perché siamo poveri”. Io però non mi sono chiesta “può accadere anche a noi?”.
A tutt’oggi, secondo me, le persone guardano ad un fatto criminale pensando che a loro non capiterà mai. Anzi, se è possibile dirlo, anche la curiosita ha contribuito ad uccidere, in un certo senso, Donatella e Rosaria.
Lei ha mai conosciuto Donatella?
No, io vivevo in Sicilia. Però Donatella mi ha lasciato un po’ di rabbia e sofferenza. Perché questa ragazza è stata lasciata sola e abbandonata a se stessa a combattere al punto di farla morire di cancro. E ogni volta che la rivedo in un video e risento le sue parole, provo dolore. Avrei voluto dirle: ‘Combattiamo insieme’. Ma non ce l’ho fatta.
Come ha fatto a mantenere questa lucidità e questa forza pur dovendo rivivere ogni giorno da 40 anni la via crucis di Rosaria?
Intanto, c’è da dire che io sono stata, tra virgolette, fortunata, perché questa storia all’inizio l’ho vissuta da lontano. La mia famiglia, già fragile, è stata devastata e questo aspetto mi ha fatto soffrire, perché nessuno può immaginare quale squilibrio possa provocare una tragedia di queste proporzioni. Probabilmente nella mia storia, nel mio modo di vivere il dramma di Rosaria ha influito il mio carattere forte.
E’ mai andata al Circeo?
Una volta sono stata invitata a presentare un libro sulla vicenda proprio al Circeo ed era presente l’allora governatore del Lazio, Piero Marrazzo. Tornare sul luogo del delitto è stata una sfida, anche se ricordo benissimo che all’inizio non volevo andare per paura. Poi mi sono fatta forza e con grande caparbietà ci sono riuscita.
Come vorrebbe ricordare Rosaria 40 anni dopo?
Come una ragazza che avrebbe voluto realizzato i suoi sogni, a lei piaceva il teatro. Purtroppo non è stato possibile.
Le ultime parole di Donatella Colasanti sono state: ‘Battiamoci per la verità’. Dopo tutto quello che lei ha visto e vissuto si può ancora credere nella giustizia?
No. Non serve un perché.
FOTO: Il cadavere di Rosaria Lopez trovato nel cofano di un'auto
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