Contraffazione: ha qualche stima su quanti danni produce all’imprenditoria italiana?
Si tratta di danni ingentissimi. Benché una stima diretta delle dimensioni del fenomeno dell’abusivismo sia estrema mente complessa, dato che le attività abusive, in quanto illegali, tendono a non manifestarsi pienamente alla luce del sole, si possono fare dei tentativi di stime indirette sulla base della percezione che gli operatori regolari hanno dell’entità del fenomeno nel loro mercato di riferimento. Valutando l’insieme delle risposte, la mediana indica un peso dell’abusivismo pari al 13,8% per cento sul fatturato del comparto. Una valutazione coerente con le risposte degli intervistati indica il fenomeno dell’abusivismo commerciale pari a 21,4 miliardi di euro, con un danno erariale – in mancato gettito fiscale e contributivo – di 11,1 miliardi.
Se le attività abusive fossero azzerate, l’Erario recupererebbe abbastanza tasse non solo per finanziare il taglio di Imu e Tasi sulla prima casa, ma anche il raddoppio della platea di beneficiari del Bonus da 80 euro. Ci guadagnerebbe anche l’occupazione: la regolarizzazione farebbe emergere 32mila posti di lavoro aggiuntivi. Mi sembra che questi pochi dati rendano chiare le dimensioni eccezionali del problema.
In modo semplice potrebbe delineare delle linee guida per contrastare il fenomeno?
Sicuramente c’è bisogno di mettere a disposizione delle Forze dell’ordine maggiori fondi, per permettere un’azione sistematica contro la contraffazione e l’abusivismo commerciale. Ma serve una risposta coordinata su più fronti, coinvolgendo i cittadini – che, soprattutto nei periodi di crisi, si fanno tentare dai falsi risparmi ottenuti attraverso l’acquisto da abusivi – e soprattutto le Istituzioni, che devono fare di più.
Bisogna voltare pagina: innanzitutto sul fronte della trasparenza è giunto il momento che l’open data non sia solo una espressione alla moda ma diventi il “verbo” delle strutture di rilevanza pubblica che detengono informazioni che hanno valore evidente per comprendere le dinamiche del nostro Paese. Per questo è necessario che le banche dati di Unioncamere, Agenzia delle Entrate e Inps, vengano messe in linea per evitare che iscrizioni “strumentali” facciano lievitare un numero di imprese che di fatto è inesistente.
Inoltre, è fondamentale riformare il registro delle imprese: attualmente ci sono più di 190mila imprese del commercio ambulante registrate presso il database delle Camere di Commercio italiano. Ma è un numero su cui gravano pesantissime incertezze: il sistema camerale registra le imprese all’atto di iscrizione, ma non è previsto alcun controllo per verificare che le stesse siano imprese reali e attive. Solo ogni cinque anni, di prassi, il registro viene ripulito dalle scorie, con la chiusura d’ufficio delle inattive. L’incertezza che questo provoca deve essere risolta: proponiamo che ogni anno il registro delle imprese sia verificato, cancellando le imprese e le partite Iva inattive.
Infine non è più rinviabile una seria politica di controlli sull’abusivismo commerciale: questa battaglia contro l’illegalità va condotta e vinta una volta per tutte. ... [continua]
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FOTO: Mauro Bussoni, segr. gen. naz. Confesercenti
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