Nelle pieghe dei numeri, esistono storie, atti eroici
e tragedie, tutte segnate dal comune denominatore
del sacrificio di donne e uomini in divisa.
Lo raccontiamo in questo numero. Qui, col contributo
di Felice Romano, segretario nazionale del Siulp
zione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale), di qualche anno fa, pose l’accento su un dato: “Quasi il 70% degli agenti di Polizia morti in servizio sono vittime di incidenti stradali”. I motivi? Per prima cosa il mancato uso delle cinture, l’alta velocità (non potrebbe essere altrimenti) e le auto di ordinanza che versano in uno stato pietoso. Ma esistono altre motivazioni per spiegare questi numeri che comunque nascondono sempre delle storie; le più recenti coinvolgono delle donne. “Sara Gambaro agente della Polizia Municipale di Novara travolta e deceduta in servizio il 19 febbraio 2016 e Maria Ilardo della Polizia Municipale di Collesano (Pa) deceduta il 13 aprile 2015 dopo un incidente durante un servizio di viabilità”. L’Asaps, per l’8 marzo, ha dedicato una sua pagina a tutte le agenti morte in servizio (http://www.asaps.it/36216-_un_8_marzo_dedicato_a_loro_le_donne_delle_forze_di__polizia__cadute_in_servizio.html).
L’Istat, nel 2013, pubblicò una serie di prospetti sul numero di infortuni sul posto di lavoro. Nella macro-categoria ‘Amministrazione pubblica e Difesa’, gli infortuni furono 27mila, il 5,7% del totale. A questa cifra però andrebbero aggiunti i dati legati all’esposizione a fattori di rischio psicologico.
Risulta sempre più utile analizzare statisticamente gli infortuni mortali e non sul lavoro, così da individuarne le circostanze che le determinano. Sui problemi psicologici, poi, dovremmo dedicare un’intera monografia al tema. In Italia le Forze di polizia vivono un ritardo pesante rispetto alle altre Polizie europee. L’ascolto psicologico è visto come debolezza, si rischia concretamente di perdere il lavoro. C’è molto da fare.
Ma esistono altre storie nelle pieghe dei numeri, ci sono eroi e tragedie, tutte segnate dal comune denominatore del sacrificio. Ed è ciò che intendiamo raccontare nelle pagine di questo numero, ricordando la recente scomparsa di Rosario Sanarico, il sub della Polizia morto a seguito di un incidente avvenuto mentre stava collaborando alle ricerche del corpo di Isabella Noventa, sul fondo del fiume Brenta. Parleremo poi dei fratelli Turazza, Davide e Massimiliano, entrambi uccisi durante lo svolgimento del proprio lavoro. Uno, Davide, ammazzato insieme al collega Giuseppe Cimarrusti mentre sventava una rapina ad una prostituta ucraina da parte del bergamasco Andrea Arrigoni. Era il 21 febbraio 2005. L’altro, Massimiliano, ucciso nel 1994 dall’ex affiliato alla mala del ‘Brenta’ Alceo Bartalucci. Il “percorso della Memoria” sembra ben poca cosa per un sacrificio del genere.
Ricordiamo che negli anni ’90 caddero molti agenti, “da Vincenzo Bencivenga e Ulderico Biondani, in servizio alla Squadra Mobile, uccisi nel marzo del 1992 durante una sparatoria con un latitante, a Giuseppe Randazzo e Giovanni Vescovi in forza alla Polizia Stradale, deceduti l’anno dopo in seguito ad un incidente stradale durante una scorta ad un carico eccezionale”. Fu una decade molto dura, non solo al Nord. La drammatica storia della ‘Terra dei fuochi’ non può essere raccontata senza ricordare il sacrificio di Roberto Mancini. Il libro, scritto a quattro mani da Luca Ferrari e Nello Trocchia, tratteggia la figura dell’investigatore di Polizia morto di tumore il 30 aprile 2015. Questo lo spropositato costo pagato per aver indagato per anni sui traffici dei rifiuti che hanno avvelenato la Campania. A Mancini la parola ‘eroe’ non piaceva, anche se la sua battaglia solitaria ricorda le migliori pagine di un fumetto, di una persona normale che si ritrova a fare cose straordinarie. Ecco un piccolo estratto del libro, una testimonianza che inquadra l’uomo e il poliziotto. “Roberto ha dato tutto per quel dossier. L’ho incontrato pochi giorni prima che morisse” racconta con le lacrime agli occhi un altro collaboratore del tempo. “Sapeva che non ce l’avrebbe fatta. Mi disse che avrebbe voluto altro tempo per consegnare alla giustizia tutti i responsabili della mattanza. Ripeteva che persone complici erano rimaste impunite e questo non poteva sopportarlo”. In quell’occasione l’amico poliziotto gli dice di pensare piuttosto alla salute (…). Roberto, ormai a un passo dalla morte, reagisce come sempre, arrabbiandosi: “Ma che ti stai ad amalgama’? Non è finito un cazzo””.
Di cancro è morto anche Gianluca Danise il primo maresciallo incursore dell’Aeronautica Militare, veterano di tante missioni all’estero, Kosovo, Albania, Eritrea, Afghanistan, Iraq e Gibuti. Ammalatosi, accusa Domenico Leggiero, dell’Osservatorio Militare, a causa della prolungata esposizione all’uranio impoverito. Aveva ricomposto i corpi dilaniati dei colleghi vittime dell’attentato di Nassiriya del 12 novembre 2003, lavorando a 40 gradi all’ombra per restituire i resti alle famiglie. È morto a 43 anni in un ospedale a Verona lasciando la moglie e la figlia di un anno. Nelle sue ultime volontà ha chiesto di essere posto nel feretro in divisa, avvolto nella bandiera italiana.
Nel terminare questo triste ma doveroso elenco, non dobbiamo dimenticare le centinaia di suicidi tra le Forze di polizia. Stress, mobbing, condizioni di lavoro non sempre adeguate, bassi salari e chissà quali altre sono le ragioni che spingono un funzionario dello Stato a togliersi la vita. Qualunque esse siano abbiamo l’obbligo di capirle e prevenirle.
Il tema dei suicidi, le morti bianche e il contrasto al terrorismo sono i temi che abbiamo affrontato con Felice Romano, Segretario nazionale del Siulp, il primo sindacato di Polizia a essere fondato in Italia.
Morti bianche, partiamo dal dato numericamente più rilevante: più del 70% degli agenti muore per incidenti stradali. Ci sono misure concrete da prendere per ridurre questo triste numero?
Per rispondere a questa domanda in modo completo devo citare uno studio che noi come Siulp, in collaborazione con l’attuale ‘EuroCop’, presentammo alla Commissione Europea ben quindici anni fa. Questo studio viene ancora riconosciuto come uno dei migliori progetti al mondo per la formazione e l’informazione degli appartenenti alle Forze di polizia, ed è conservato all’agenzia di Bilbao della Comunità Europea.
Lo studio fu svolto in collaborazione tra il dott. Garbarino, all’epoca quadro del Siulp, e l’Università di Genova, e si prefissava di comprendere quali fossero le criticità e i rischi a cui venivano esposti i nostri operatori. Per far sì che la ricerca fosse attendibile decidemmo di partire da un indagine svolta con la Polizia Stradale sulla “sindrome del burnout” in Veneto. [La “sindrome del burnout” è una tipologia specifica di disagio psicofisico connesso al lavoro di chi quotidianamente è costretto a relazioni personali stressanti ndr]. Scegliemmo la Polizia Stradale anche perché ci dava la possibilità poi di confrontare i dati con altre Forze di polizia. Gli unici però che all’epoca svolgevano indagini simili in modo scientifico erano gli americani. Per poter confrontare i dati dovemmo tener conto delle differenze di usi, leggi ma anche costumi alimentari e tradizioni. ... [continua]
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FOTO: Felice Romano, Segretario generale nazionale Siulp
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