La storia dello sciopero della fame di Gianni Tonelli
e di una protesta che continuerà, con il supporto
della gente e dei poliziotti
Inutile tentare di fare dei distinguo, quando un sindacalista della Polizia è al 58° giorno di sciopero della fame (al momento dell'intervista, finirà intorno dopo i 60), vuol dire che la situazione è grave. A memoria d'uomo non si ricorda uno sciopero della fame così lungo di un poliziotto, un sindacalista, soprattutto in Italia. Siamo abituati a politici e sindacalisti che arrivano a Roma “e magnano”, ma non ad uno che scende dall'Emilia Romagna e perde 24 kg per protestare.
Entrato in Polizia il 20 gennaio 1984, laureato in Giurisprudenza nel 1987, nel ruolo degli ispettori, Gianni Tonelli, Segretario generale del Sindacato autonomo di Polizia, non mangia da quasi due mesi e non ha intenzione di smettere, almeno finché sarà possibile, senza debilitare irrimediabilmente il suo fisico. Ricoverato due volte per un malore, appena uscito dall'ospedale, ha continuato a non mangiare. Mi concede un'intervista a Piazza Montecitorio, in una pasticceria siciliana in cui fanno bella mostra succulenti cannoli e “zuccherosissime” cassate, con lui condivido l'unico cibo permesso, oltre a sali minerali e vitamine, una tisana amara.
Segretario perché lo sta facendo?
Perché in Italia stiamo vivendo due emergenze, la prima è lo stato di sfascio logistico ed infrastrutturale della mia Amministrazione, la Polizia di Stato; il secondo, una repressione del dissenso senza precedenti dal dopoguerra.
Addirittura...
Per aver presenziato ad una trasmissione su Rai Tre [In mezz'ora di Lucia Annunziata n.d.r.] con una maglietta che ricorda la foggia di quella della Polizia, ma assolutamente inconfondibile, in quanto, sulle spalle, c'era una scritta “I love (con il cuore, rosso sgargiante) Polizia”, lunga 28 ed alta 4 cm, visibilissima, ho visto aprirsi due procedimenti disciplinari nei miei confronti ed un avviso di garanzia per “falso ideologico in atto pubblico”.
C'è di più, un mio collega, nonché sindacalista del Sindacato autonomo di Polizia, per aver mostrato degli equipaggiamenti inidonei al servizio ma normalmente usati, in tv, è stato sospeso dal servizio, una sanzione che implica anche la perdita di una grandissima parte dello stipendio. Per un poliziotto, con una bambina di 6 anni a carico, è una catastrofe.
Un bel problema, sia il suo, sia quello del collega...
Per quanto mi riguarda mi hanno fatto martire al costo di una pizza, per il reato che mi hanno contestato, la legge richiede un “dolo” volto a raggiungere un obbiettivo specifico. La maglietta che indossavo era chiaramente diversa da quella in uso alla Polizia: la stessa differenza che c'è tra i soldi del Monopoly e quelli veri. Nel caso che mi riguarda, è acclarata la malafede dei vertici della Polizia di Stato nei miei confronti e non solo, il collega sospeso, secondo l'accusa, avrebbe mostrato, alla trasmissione Ballarò, materiale “non più in uso alla Polizia di Stato” quando, invece, i documenti del Commissariato, dimostrano esattamente il contrario, anzi i caschi [in pessime condizioni n.d.r.] ripresi dalle telecamere sono stati dati al turno successivo di Volante.
Detta così mi sembra una vera e propria trappola, che però si potrebbe spiegare nel silenzio dei vertici della Polizia di Stato nei suoi confronti...
Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza è l'Istituzione che deve salvaguardare la legalità e promuovere la pacifica convivenza, la concordia, tra i cittadini e deve essere il guardiano dei valori fondanti della nostra democrazia, non può essere uno strumento di repressione illecita del dissenso per fini politici. Non siamo la Securitate ed i tempi di Ceaucescu sono finiti. Il silenzio dei vertici è vigliacco ma funzionale.
Se il “Palazzo” non presta attenzione al mio sciopero della fame, è perché sa che la prima cosa che farei, sarebbe chiedere conto di queste denunce inesistenti. Ed allora, far finta di non sapere, permette di non scegliere, tra l'essere conniventi con i mandanti di questi atti ingiusti, oppure intervenire e riportare la situazione alla legalità.
Parliamo di Polizia... la situazione degli equipaggiamenti è così terribile come denunciate da mesi?
Un esempio su tutti, le armi lunghe in dotazione ed ancora in uso, l'M12 per l'80% sono state prodotte tra gli anni ’77, ’78, ’79, poiché andarono, nel corso di quel periodo, a sostituire il Mab [moschetto automatico Beretta n.d.r.]. Inoltre, la manutenzione può essere fatta solo dalla casa madre, gli armaioli della Polizia possono fare solo la cosiddetta “ordinaria manutenzione”, cioè la pulizia e lubrificazione e non quella più completa, compreso il collaudo e la verifica dei componenti, che viene fatta solo dalla Beretta.
Essendo stata concepita tra la fine degli anni ’50 e l'inizio degli anni ’60, del secolo scorso, l'M12 è un'arma ancora idonea al moderno servizio di Polizia?
Qualsiasi esperto dice di no. Anche il Capo della Polizia in un articolo lo afferma. L'M12 va cambiato.
Parliamo di protezioni, i giubbetti antiproiettile in dotazione proteggono da impatti dai calibri che i terroristi amano (5.56 e 7,62mm)?
Non resisterebbero ad impatti di colpi sparati da un fucile Kalashnikov. Per farlo avrebbero bisogno di una piastra supplementare che, attualmente, non è in dotazione ai servizi ordinari quali le Volanti che si occupano del pronto intervento o alle Squadre che quotidianamente sono sul territorio: dai Nuclei Prevenzione Crimine alle Squadre Mobili.
Da sottolineare che questi giubbetti, ormai scaduti, stanno affrontando una extra-attività che è stata certificata dall'Amministrazione della Pubblica Sicurezza e non dal costruttore e non su quelli in uso ogni giorno agli operatori della Polizia, che hanno preso pioggia, sole o si sono bagnati di sudore, con una possibile ricaduta sulla resistenza delle fibre aramidiche che li compongono, ma su quelli, degli stessi lotti, tenuti, in perfetto stato di conservazione, nei depositi.
Speriamo che i terroristi non ci attacchino...
Ma ormai il problema dei calibri usati non è solo dei terroristi, anche i malviventi comuni usano le stesse armi, nelle rapine ai caveau o ai portavalori. Anche le nuove leve mafiose utilizzano ormai il Kalashinikov che si acquista sul mercato nero a poche centinaia di euro.
Le macchine però stanno arrivando...
Sì, ma con le mezze verità ci stanno facendo credere che il problema non esiste più. Se arriva una macchina nuova e due vengono rottamate, il problema si aggrava non si risolve. Ovvio che si dà la notizia solo del nuovo arrivo e non delle rottamazioni.
Lo stesso discorso vale per le nuove assunzioni?
Se si afferma che sono state assunte 2.500 unità, straordinariamente per il Giubileo, dico una mezza verità e tre bugie. Non c'è niente di straordinario in quanto erano assunzioni previste non sono per il “Giubileo”, perchè usciranno dal corso a Giubileo ormai concluso e sono già destinati ovunque, ma non a Roma. Inoltre, se il governo vuole farci intendere che ci saranno 2.500 poliziotti in più, non ci dice tutta la verità, perchè, nello stesso periodo, in 5.000 sono andati in pensione. E potrei fare centinaia di esempi, dai soldi che dicono che vengono dati ai poliziotti che poi vengono tolti per altre vie, all'addestramento.
L'addestramento della Polizia è un fiore all'occhiello...
Una volta lo era sicuramente. Dopo i fatti di Charlie Hebdo, sono stati inviati 30.000 poliziotti a fare un corso antiterrorismo. Ma si trattava di un'introduzione ad un vero corso e durava solo tre ore. Mi chiedo, si può diventare chirurghi in tre ore?
Un altro esempio, dagli uffici ministeriali sono stati messi in strada, per lavorare sulla cosiddetta “sicurezza percepita”, persone che non si addestravano al tiro da 4 anni. Ecco due semplici esempi da cui si capisce la grandezza del problema.
Questi sono i motivi della denuncia generalizzata del Sap, di cui è invaso il web con migliaia di contatti sul nostro sito e sui social e le piazze italiane, grazie ai nostri rappresentanti che, ogni giorno, ci mettono la faccia e sono lì a spiegare le nostre ragioni a chiunque lo chieda.
Di chi è la colpa di questo stato di cose?
E' divisa su due livelli, il primo è ovviamente politico ma immediatamente dopo viene quello tecnico dirigenziale interno, il quale, per assicurarsi la carriera e magari ottenere prestigiosi incarichi dopo la pensione, ha acconsentito di fare carne da macello dell'apparato della Polizia di Stato.
Si sta preparando a fare la “stampella” della Meloni e di Salvini?
Io faccio la “stampella” ai colleghi e alla loro dignità professionale e tutela. Da quando ho iniziato a collaborare con la Segreteria generale del sindacato, nel lontano 1989, qualcuno mi dava schierato politicamente a destra o sinistra ed eletto il giorno dopo. La mia bandiera è per i colleghi e per la Polizia. Sono andato a protestare sotto casa di Berlusconi e di Renzi in egual misura. Ho molto apprezzato la solidarietà del sindaco di Sel di Cagliari che mi ha scritto una lettera ma non per questo organizzerò le sue prossime elezioni.
Non è una questione politica, la solidarietà alla mia protesta è arrivata da sinistra e da destra e mi fa molto piacere, perchè questa battaglia non è per la poltrona ma per avere una Polizia sempre più efficiente e, giusta.
Ma è stato sul palco della Lega...
Si e su quello del M5S. Andrei ovunque per esporre le mie idee, è chi ha paura di queste che non mi invita.
Tuttavia, con alcuni esponenti del centrosinistra non corre buon sangue, mi riferisco al fatto che alcuni vorrebbero i numeri identificativi sulle divise.
I numeri identificativi sarebbero un grave problema per i poliziotti che verrebbero immediatamente identificati da chiunque e non solo, come è giusto, dalla magistratura. Si prestano in maniera perfetta alle false denunce nei confronti degli operatori che, dopo qualche ora, sarebbero esposti ad una gogna mediatica ingiustificata.
E allora come si minimizzano le ingiuste violenze dei poliziotti?
Con la soluzione che proponiamo da sempre, telecamere ovunque, sugli agenti, come nelle auto e nei commissariati. Le uniche che possono certificare con certezza cosa succede ed identificare chi è, realmente, a compiere i reati.
E' curioso che questa proposta non sia stata neanche discussa da chi vuole i numeri identificativi, mentre è stata ritenuta altamente innovativa dagli organizzatori del TEDx [http://www.ted.com/about/programs-initiatives/tedx-program n.d.r.] che mi hanno invitato a parlarne. Non avrei problemi a discuterne di questo progetto anche con chi ancora oggi accusa la Polizia di non essere “democratica” magari [e sorride], davanti a delle linguine cacio e pepe, una volta finito il mio sciopero della fame.
Lei risulta antipatico per aver difeso i suoi colleghi [in un caso anche dei Carabinieri e Polizia Penitenziaria n.d.r.] nei casi di Aldrovandi, Uva e Cucchi...
Direi di sì. Io sono un amante della verità e non ne faccio una questione corporativistica. In passato mi sono rifiutato di difendere poliziotti iscritti al Sap, il mio stesso sindacato, che si erano macchiati di reati. In alcuni consigli di disciplina ho votato la “destituzione” per chi, si era acclarato, aveva commesso fatti che meritavano la massima censura.
Non vorrei mai “mele marce” in nessuna Istituzione dello Stato, ma riguardo al caso Aldrovandi ed Uva ho assunto le difese di colleghi che venivano accusati ingiustamente, anche per la colpevole inerzia dei vertici dell'Amministrazione che non ha voluto scontrarsi con il “partito dell'antipolizia”e non ha difeso adeguatamente dei propri dipendenti innocenti.
Innocenti... i poliziotti del caso Aldrovandi sono stati condannati in via definitiva...
E quella non si potrà cambiare, ma dopo una battaglia durata anni, dopo che siamo riusciti a strappare i manuali d'addestramento della Polizia che mostravano come valida ed insegnata quella tecnica di ammanettamento [a pancia in giù n.d.r.] che ha provocato la morte del ragazzo, abbiamo fatto sì che la Corte dei Conti imputasse, sotto il profilo della responsabilità economica, una cifra irrisoria di risarcimento dovuta dai poliziotti.
Anche nel caso Uva aspetto la sentenza, dopo che per ben 4 volte la pubblica accusa ha richiesto il proscioglimento dei colleghi e si è dovuti arrivare ad una imputazione coatta. Formula piuttosto rara nel nostro sistema penale, che fa pensare ad un processo voluto a furor di popolo e non rivolto alla legittima ricerca della verità, a cui la giustizia dovrebbe tendere.
Ritorniamo alla protesta, ha ricevuto, in via riservata, solidarietà per lo sciopero della fame da qualche alto dirigente della Polizia?
Sì, in molti mi hanno chiamato.
E che cosa ha detto loro?
Che con loro non abbiamo futuro, perché rappresentano una classe dirigente di pavidi, persone che non hanno rispetto della loro dignità e di quella dei loro colleghi su strada. Non si faranno passi in avanti, perché questa dirigenza non ha il coraggio di opporsi ad un processo di degenerazione, di smantellamento, della Polizia di Stato per l'interesse dei pochi.
Cosa ne sarà della Polizia di Stato tra 10 anni?
Se non cambierà nulla saremo in condizioni disperate. Ma ho fiducia nell'opinione pubblica, nei poliziotti e sono convinto che si può migliorare. Da quando ho iniziato lo sciopero della fame, nonostante il silenzio del “Palazzo” ho avuto centinaia di migliaia di interazioni con persone che mi sostenevano e mi incoraggiavano. Ecco, se dovessi immaginare quale sia la mia forza nel continuare questa protesta, potrei dire la vicinanza della gente e dei colleghi.
Com'è non mangiare per tutti questi giorni?
Un sacrificio disumano che non consiglierei a nessuno. Mettersi a tavola, magari annusare e convincersi a non mangiare, non è qualcosa a cui siamo predisposti e lo sforzo è grande. Ma so che serve ai cittadini per prendere consapevolezza di un problema che i loro “difensori” vivono sulla propria pelle da anni. Ormai i fatti stanno dimostrando che questa consapevolezza è universale, per cui, per quanto disumano sia, sta servendo.
Siamo quasi alla fine allora...
Tutt'altro, il mio sciopero della fame rappresenta solo l'inizio di una lunga serie di altre mobilitazioni.
* * *
In Piazza Montecitorio fino al 1° luglio (data non casuale perchè è il giorno in cui ci saranno le nuove nomine degli alti dirigenti della Polizia di Stato) sarà presente il gazebo del Sindacato autonomo di Polizia, che riceve le simpatie di molti politici (in special modo di quelli non al governo) ma soprattutto di tanti comuni cittadini.
Mi imbatto però in un gruppo di stranieri (francesi, romeni, portoghesi, spagnoli, macedoni), rappresentanti del Cesp (Consiglio europeo dei sindacati di Polizia), organizzazione internazionale non governativa del Consiglio europeo, con sede a Lione, che rappresenta più di 300.000 poliziotti di 17 Paesi, 12 dei quali membri dell'Unione europea, che sono venuti a portare solidarietà a Gianni Tonelli.
Durante la conferenza stampa a tre: lo stesso Tonelli, il cipriota Andreas Symeou Presidente del Cesp e l'olandese Geert Priem è emersa una criticità di non poco conto. A riprova del silenzio delle Istituzioni, nei confronti delle proteste del Sap, il Cesp avrebbe inviato due lettere al presidente del Consiglio Renzi ed al ministro dell'Interno Alfano, per candidarsi quale mediatore comunicativo tra il governo ed il sindacato, non ricevendo risposta. Neanche una di quelle lettere di ricevuta della missiva, che si fanno per prassi: silenzio assoluto.
Quando ho chiesto al segretario Geert Priem come giudicava questa (non) risposta del governo italiano ha affermato che il nostro governo “non solo ha mancato di rispetto ai poliziotti italiani ed ai 300.000 europei del Cesp” ma si è chiesto, a sua volta, se “questi politici non siano più attenti alle loro poltrone, piuttosto che alla sicurezza dei propri cittadini”.
Lasciando la piazza non si può notare il gruppetto di poliziotti del gazebo, con un giubetto fluorescente, che spiegano le loro ragioni ai passanti e con chi protesta per altre ragioni. Rimane un vuoto, quello degli altri sindacati di Polizia, che sebbene schierati politicamente su altri lidi, o seppur non condividendo i modi ed i toni del Sap, non stiano comunque a protestare. In fondo, se un giubetto antiproiettile non resiste ad un colpo sparato da un Kalashnikov, non uccide solo un sindacalista avverso, ma un poliziotto qualunque.
FOTO: Gianni Tonelli
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