A Bologna una cattedra-laboratorio per studiare la criminalità
e un master per imparare a gestire i beni confiscati ai boss
aperto anche alle Forze di polizia
Prosegue il viaggio tra le cattedre virtuose degli Atenei italiani. Dopo Milano (con Nando dalla Chiesa), “Polizia e Democrazia” giunge all’Alma Mater di Bologna, dove incontra la professoressa Stefania Pellegrini – titolare della cattedra di Sociologia del Diritto presso la Scuola di Giurisprudenza – che ormai da anni promuove iniziative e seminari per una più approfondita conoscenza dei fenomeni criminali. Nonostante sia un esame a scelta previsto solo al quinto anno della Laurea magistrale in Giurisprudenza, l’insegnamento di “Mafie e antimafia” è uno dei corsi che fin dal primo anno di attivazione registra un altissimo tasso di frequenza e un notevole gradimento da parte degli studenti. Nato come un seminario, è diventato un vero e proprio corso autonomo durante il quale i discenti affrontano lo studio delle mafie seguendo un approccio sociologico-giuridico, fondamentale per la piena comprensione del fenomeno mafioso e la predisposizione di più efficaci strategie di contrasto.
Direttrice del primo Master interamente dedicato alla formazione degli operatori (anche appartenenti alle Forze di polizia) che si occupano, a vario titolo, della gestione e del riutilizzo dei beni e aziende confiscati alle mafie, non si può non rimanere contagiati dall’entusiasmo della giovane docente, quando si presenzia alle sue lezioni o si assiste a uno dei numerosi incontri culturali che organizza e conduce in città, coniugando rigore scientifico e autentica passione civile, in un proficuo scambio di saperi tra contesto locale e Università. Proprio dal Master è partito un progetto di mappatura, unico a livello nazionale, dei beni confiscati presenti sul territorio della Regione Emilia-Romagna.
Professoressa Pellegrini, cosa si intende per “economia mafiosa” e qual è il suo impatto sui territori locali?
L’economia mafiosa è l’economia creata dal capitale mafioso, ossia quello prodotto dalle attività criminali gestite dalle mafie. Se una parte di questo capitale viene riutilizzata per le attività criminali stesse, un’altra parte, assai consistente, è reimmessa nel sistema economico legale al fine di essere “ripulita”, dato che se non entrasse nei canali legali, rimarrebbe del tutto improduttiva.
L’impatto sui territori di questi capitali è devastante. Si pensi a come incidono sul mondo produttivo, le cui regole vengono alterate dall’immissione di ingente liquidità a vantaggio solo delle aziende connesse alle consorterie che acquisiscono così una forza economica tale da escludere dalla concorrenza le aziende legali. ... [continua]
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Stefania Pellegrini ha conseguito il titolo di dottoressa di ricerca in Sociologia del diritto nel 1995. Dal 2004 è professoressa associata presso la Facoltà di Giurisprudenza (attualmente Scuola di Giurisprudenza - Dipartimento di Scienze Giuridiche) dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, dove insegna Sociologia del Diritto, Etica delle professioni, Mafie e antimafia, Sociologia dei processi economici e dinamiche del lavoro. Dall’a.a. 2012/13 è Direttrice del Master di II livello in Gestione e riutilizzo di beni e aziende confiscati alle mafie, dedicato a Pio La Torre.
E’ autrice e curatrice di numerose pubblicazioni, tra cui “La vita dopo la confisca. Il riutilizzo dei beni sottratti alla mafia” (2017) e “L’aggressione dei patrimoni mafiosi e il riutilizzo dei beni confiscati” (2016), entrambe pubblicate per i tipi di Aracne Editrice.
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