“Una esigenza e una vocazione unitaria, soprattutto in questo momento”, dice Claudio Giardullo nell’intervista che pubblichiamo in questo numero speciale dedicato al decennale della nascita del Sindacato Lavoratori di Polizia (Silp) per la Cgil. Un’occasione per fare il bilancio, sia pure sintetico, di un’esperienza che ha dato vita a – è ancora il Segretario generale del Silp a sottolinearlo – “un nuovo corso del sindacalismo confederale nella Polizia”. Mantenendo, nella diversità delle sigle e dei rispettivi connotati, la ricerca di una basilare unità d’azione.
In questi dieci anni il Silp è cresciuto, ha definito le sue strutture, ha elaborato delle linee di intervento efficaci, ha saputo acquisire la fiducia di molti lavoratori di Polizia. E lo ha fatto partecipando e cooperando attivamente a una affermazione complessiva del sindacalismo di Polizia. E’ questo un aspetto essenziale che riguarda non solo la difesa dei diritti di questi lavoratori, ma la difesa della sicurezza per tutti i cittadini, della legalità, e quindi della democrazia nel nostro Paese.
Ecco, la sicurezza. Un tema ritualmente ricorrente in occasione delle scadenze elettorali (lo è molto meno quello della “legalità”, termine che si avvicina troppo alla deprecata “questione morale”), per essere poi dimenticato, o dirottato su altri binari. Gli stessi elettori, ansiosi di assicurazioni su questo fronte, riescono di rado a focalizzarne esattamente i contorni, a distinguere le chiacchiere dai fatti, gli autoincensamenti dalla realtà. D’altra parte l’informazione, in particolare quella televisiva (la più diffusa) è spesso carente, o persino deviante. Ebbene, ad avere le idee chiare, e a dire le cose come stanno veramente, sono proprio i sindacati di Polizia, che si esprimono sulla base di un’esperienza professionale quotidianamente messa alla prova, assumendo responsabilmente la funzione di garanti.
Sono i sindacati di Polizia a dire che ai tutori della sicurezza e della legalità vengono negati i mezzi e gli strumenti indispensabili per assolvere adeguatamente ai loro compiti. Sono i sindacati di Polizia a indicare con precisione, dati e cifre alla mano, lo stretto legame che esiste tra efficienza e un equo trattamento che riconosca la durezza, le difficoltà, i rischi del lavoro dei poliziotti. E a ricordare che la buona volontà e lo spirito di sacrificio non possono coprire la disattenzione, o peggio, di chi ha il dovere di gestire la “res publica”.
I sindacati di Polizia parlano, e parlano ad alta voce, anche scendendo in piazza. E ascoltandoli ci si rende conto di quale importanza sia stata la lotta – pacifica, ma coraggiosa e determinata – che portò alla riforma del 1981 per la smilitarizzazione e la sindacalizzazione del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza. Una riforma nata dalla spinta interna dei “questurini” e dei “celerini” non più disposti ad essere dei pretoriani privi dei diritti di ogni cittadino, che chiedevano di potersi liberamente associare al pari degli altri lavoratori. Una riforma che ci ha dato una Polizia formata da donne e uomini consapevoli, preparati, lavoratori coscienti dei loro diritti e dei loro doveri. E – requisito essenziale per mantenere il necessario rapporto di fiducia e di reciproco rispetto con la società civile – con la capacità di individuare e riconoscere i propri errori.
Sicurezza, abbiamo detto, ma anche, ripetiamolo, legalità. Ed è questa per il Silp, dice Giardullo, “la vera emergenza del Paese”. In Europa l’Italia detiene ben saldo il record assoluto sul piano della criminalità organizzata. Nel mondo siamo al secondo posto, dopo gli Stati Uniti. E’ da tempo noto che il sistema di dominio delle mafie va molto al di là dell’aspetto prettamente gangsteristico, che per un boss arrestato ve ne sono almeno due pronti a sostituirlo, e che infine si tratta di potentati economici dotati di solide radici imprenditoriali, finanziarie, politiche. Ed è piuttosto risibile che chi ha responsabilità di governo accompagni l’annuncio di misure per il sequestro dei beni dei boss con un attacco alle fiction sulla mafia, accusate di gettare discredito sull’immagine del Paese: siamo tornati a “i panni sporchi si lavano in famiglia”? Oppure, preferibilmente, non si lavano affatto? Da parte sua il Silp aveva chiesto che ai giudici di Palermo fosse mantenuta la scorta, e non con agenti in divisa, e si batte affinché non venga tagliato – fra tanti tagli in vigore e in intenzione – lo strumento delle intercettazioni, dimostratosi molto efficace nell’azione di contrasto alle cosche, e nell’individuazione dei loro fiancheggiatori.
Dare spazio alla voce del Silp per la Cgil significa certo sostenere la sua azione, e insieme la validità di un fronte sindacale che dimostra in modo esemplare coerenza e considerazione degli interessi comuni. Un sindacato dei diritti e dei valori, come si configura nel programma del Silp, è la migliore garanzia di una civile convivenza estesa a tutto il territorio nazionale. Senza sacche di illegalità tacitamente accettata, destinate ad estendersi, e certo non controllabili con trovate estemporanee quali le ronde. Se il lavoro degli operatori di Polizia è parte integrante dell’interesse generale, va da sé che questo lavoro richiede una qualifica professionale e una preparazione che, sia pure con le migliori intenzioni, non possono essere improvvisate. Così come non si può pretendere di prospettare una politica della sicurezza e della legalità negando le risorse indispensabili. In questa situazione, di fronte a delle scelte che conducono a una dequalificazione della Polizia, i sindacati giustamente si ribellano. Ed è essenziale che la loro protesta sia sempre più largamente diffusa, e ascoltata.
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