Sono “redditi di lavoro dipendente”, secondo la definizione contenuta nell’art.49, c.1 del D.P.R. 22.12.1986, n.917, “quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri”.
Costituiscono redditi della stessa natura, per il capoverso dell’articolo citato, le pensioni e gli assegni ad esse equiparati, nonché le somme di cui all’art.429, ultimo comma, del codice di procedura civile.
Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. La disposizione enuncia il principio generale della omnicomprensività del reddito fiscalmente rilevante e della totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve, in denaro e in natura, in relazione al rapporto di lavoro subordinato, fatte salve le deroghe espressamente previste dalla normativa.
Con riferimento al profilo temporale, l’art.51 del D.P.R. 917/86 precisa che “si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono”.
Il momento della percezione è quello in cui il provento esce dalla sfera di disponibilità del datore di lavoro erogante per entrare nel compendio patrimoniale del lavoratore percettore.
Nei successivi commi dell’articolo in esame vengono stabile specifiche deroghe al principio generale della omnicomprensività, individuando alcune voci che non concorrono a formare il reddito o vi concorrono soltanto in parte: in merito alle previsioni in cui è stabilito che alcune somme o valori concorrono a formare il reddito soltanto per la parte eccedente un importo complessivo predeterminato ovvero che concorrono interamente se il loro ammontare supera una soglia determinata, va precisato che i predetti limiti sono stabiliti con riferimento al singolo dipendente e all’intero periodo d’imposta, pertanto non va fatto alcun ragguaglio se il rapporto in corso d’anno, il datore di lavoro è tenuto ad attestare distintamente al lavoratore i singoli importi che non hanno concorso a formare il reddito.
Anche le somme per interessi e rivalutazione dovute a seguito di sentenza di condanna sono soggette al criterio di cassa: nel caso di mutamento del regime fiscale, si applica la disciplina vigente nel periodo di imposta di percezione e non di quello di maturazione del credito.
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