La parità di trattamento retributivo, a parità di mansioni, è sancita nel nostro ordinamento esclusivamente per quanto riguarda il lavoro delle donne rispetto agli uomini ed il lavoro dei minori rispetto ai lavoratori maggiorenni (art.37 Cost.). Non è invece configurabile un principio generale di comparazione soggettiva in base al quale il datore di lavoro è tenuto ad attribuire a tutti i lavoratori, a parità di mansione espletate, lo stesso trattamento retributivo. Al contrario il legislatore ammette espressamente la possibilità di situazioni di disparità di trattamento come risulta dall'art. 2077, comma 2, cod. civ., il quale, nell'imporre la sostituzione con le norme collettive delle clausole difformi contenute nei contratti individuali salvo che tali clausole siano più favorevoli al lavoratore, prevede di fatto un allineamento dei contratti individuali di lavoro alla disciplina collettiva non in tutti i casi, ma solo in quelli in cui il contratto individuale di lavoro contenga disposizioni meno favorevoli per il lavoratore.
Secondo la Suprema Corte la tutela costituzionale del diritto dei minori alla parità di trattamento, a parità di lavoro, con i maggiorenni si riferisce non solo ai minimi salariali ma all'intero trattamento spettante ai lavoratori maggiorenni, ivi compresi gli scatti di anzianità, e spetta tuttora non solo agli infradiciottenni ma ai lavoratori fino ai 21 anni di età ; l'attribuzione ai minori di una retribuzione inferiore rispetto a quella dei lavoratori maggiorenni si giustifica solo se ai primi vengono affidate mansioni diverse e meno impegnative.
La L.300/70 vieta espressamente la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio in quanto motivati da ragioni sindacali, politiche, religiose, razziali di lingua o di sesso.
In questa ipotesi e qualora il fatto sia accertato dal giudice del lavoro, su domanda dei lavoratori nei cui confronti è stata attuata la discriminazione o delle associazioni sindacali alle quali questi hanno dato mandato, il datore di lavoro è condannato al pagamento di una somma pari all'importo dei trattamenti economici di maggior favore illegittimamente corrisposti nel periodo massimo di un anno. La violazione comporta inoltre l'applicazione dell'ammenda oppure l'arresto da 15 giorni a un anno. Nei casi più gravi le pene dell'arresto e dell'ammenda sono applicate congiuntamente.
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