Il primo rilevante problema concerne la riutilizzabilità del beneficio con il medesimo lavoratore in caso di sua assunzione da parte di altro datore di lavoro. Il caso è quello del lavoratore assunto con l'esonero ma licenziato prima dello scadere dell'anno di riferimento il quale venga assunto, sempre nel corso del 2015, da un datore di lavoro diverso dal precedente.
Durante l'iter legislativo della legge di stabilità, da più parti, era stato segnalato il rischio che la norma in esame potesse essere interpretata nel senso di non consentire tale possibilità. La norma recita infatti: “L'esonero ... non spetta con riferimento a lavoratori per i quali il beneficio di cui al presente comma sia già stato usufruito in relazione a precedente assunzione a tempo indeterminato”. Erano stati quindi presentati anche diversi emendamenti volti ad aggiungere a questo periodo la frase “con lo stesso datore di lavoro”, in modo da chiarire, in modo inequivoco, la possibilità di riutilizzazione del medesimo esonero in caso di successiva assunzione presso altro datore di lavoro.
Si tratta di un tema particolarmente delicato in quanto ne potrebbero derivare conseguenze rilevanti in termini di segmentazione del mercato del lavoro o addirittura di discriminazione fra lavoratori.
Occorre chiedersi, se un lavoratore assunto con l'esonero e successivamente licenziato, possa essere riassunto, con l’esonero contributivo, una volta riaccumulati i sei mesi di disoccupazione, presso altro datore di lavoro. Il testo legislativo pare fornire a questa tesi elementi di conforto poiché l’esclusione di cui alla seconda parte del secondo periodo del comma 118, può ben essere riferita ad assunzioni effettuate presso il medesimo datore di lavoro visto che solo nella prima parte di quel periodo si fa riferimento alle assunzioni effettuate presso “qualsiasi datore di lavoro”, specificazione questa che non ricorre, invece, nella seconda parte del medesimo periodo con riferimento alla fruizione ripetuta del beneficio. Ma è soprattutto, appunto, la ratio legis a confortare l’esegesi proposta poiché, se l'esonero è riconosciuto non al lavoratore bensì all'azienda per incentivarla alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro, quest'ultima non può minimamente essere penalizzata da precedenti rapporti di lavoro di quel medesimo prestatore ma di cui essa potrebbe anche non essere a conoscenza.
Del resto, accumulando gli altri sei mesi di disoccupazione, quel lavoratore si troverebbe nuovamente in quella condizione di difficile collocabilità che costituisce il presupposto fondamentale per la fruizione integrale dell’incentivo in questione.
|