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Maggio-Giugno/2011 - Editoriale
direttore@poliziaedemocrazia.it
Insieme per essere più sicuri e premiare la legalità
di Paolo Pozzesi

Epocale. Non esiste aggettivo migliore e più adatto per definire la legge 121 del 1981 con la quale si riformava la Polizia.
Epocale perché i cambiamenti furono tanti e significativi, ma soprattutto perché da quel momento in poi si venne creando tra la società civile e la Polizia un rapporto diverso, quello che in molti, non tutti, chiedevano tra i poliziotti di allora. E cioè che la Polizia fosse “con” e non “contro” i cittadini.
Si usciva da anni duri e le perplessità, per usare un termine eufemistico, erano molte. Chi tra i poliziotti, a vari gradi, chiedeva non solo uno stipendio che non fosse indecoroso, ma invocava la libertà di potersi iscrivere a un sindacato e chi, tra le donne poliziotto non voleva più essere di serie B (a loro erano delegati i compiti di prevenzione e repressione di reati in materia di buoncostume, donne e minori) ma in tutto equiparate ai colleghi maschi, venivano guardati con sospetto all’esterno (e mi riferisco anche a colleghi giornalisti) e con ostilità all’interno. Erano, quei poliziotti e quelle poliziotte, delle specie di confraternite massoniche. Ed è stato grazie a loro se è nata quella legge.
Oggi, come allora, la richiesta è sempre quella. E lo abbiamo visto tutti nello slogan della Festa per i 159 anni della Polizia: “Insieme per essere più sicuri”.
Perché la Polizia non va lontano se non ha la “complicità” positiva dei cittadini. Certo servono più mezzi, certo, parte di quella riforma continua ad essere disattesa. E chissà se il ministro Maroni si riferiva a questo quando ha annunciato entro fine giugno la costituzione di una commissione di lavoro che presenterà, entro fine anno, un progetto di revisione complessiva della legge 121.
Molti valutano che l’impianto di quella legge funzioni ancora. Mantiene la sua modernità e utilità. Andrebbe aggiornata perché gli anni son passati. Per esempio si potrebbe dare maggiore attenzione al territorio utilizzando Polizie locali in sinergia col sistema di sicurezza pubblica. Si potrebbe fare anche un ragionamento sulle Regioni. Si dovrebbe creare insomma un sistema di vasi comunicanti tra gli apparati di Polizia Statale e quelli di polizia locale. Che certo non significa le ronde di leghista memoria…
Maroni, oltre ad essere il titolare del Vicinale, è anche leghista. Un partito che ha schiacciato molto il pedale dell’acceleratore sulla sicurezza dei cittadini nella scorsa campagna elettorale nazionale. Intesa però esclusivamente come difesa dal clandestino. Ma certe iniziative, per fortuna naufragate in poche settimane, come quella appunto delle ronde, non depongono a favore del convincimento che occorre dare più linfa e mezzi alla Polizia.
Il Ministro ha anche annunciato, sempre in piazza del Popolo a Roma, che sono previste tremila assunzioni nel 2011. Verrebbe da ringraziare, se non si pensasse che la sua dichiarazione avveniva prima di ballottaggi amministrativi assai pesanti, due su tutti Milano, feudo leghista, e Napoli che certo non è città che non abbia problemi di criminalità.
Anche il capo della Polizia, il prefetto Antonio Manganelli ha elogiato, numeri alla mano, l’operato delle forze di Polizia. I duri colpi alla criminalità soprattutto di stampo mafioso dell’ultimo anno sono sotto gli occhi di tutti. E il suo invito a continuare in questa direzione però dovrebbe tenere conto dei ponti radio che saltano in Sicilia e per i quali non ci sono i soldi necessari a ripararli, o gli anticipi dai propri soldi per missioni di servizio.
I poliziotti sono preoccupati e demoralizzati. Hanno sperato molto, viste appunto le promesse elettorali, in un cambiamento che non si è verificato.
Ma i più intelligenti tra loro sanno bene anche un’altra cosa.
Dalla lotta alle mafie in giù il tema della sicurezza nel nostro Paese merita tantissima attenzione. E per svariati motivi, dalla collocazione geografica, alla nostra storia, per la presidenza di criminalità organizzata di altissimo livello. Ma il tema vero da affrontare e questo sì lo si fa insieme ai cittadini, con la cosiddetta società civile, è quello della legalità, della lotta alla corruzione.
Questa è la vera emergenza del Paese, anche se pare cominci a girare un vento contrario…E tuttavia non dobbiamo dimenticare che negli ultimi due anni i livelli di legalità del nostro Paese si sono pericolosamente abbassati a fronte di una preoccupante e inquietante indifferenza da parte delle classi dirigenti che ha cominciato a diffondere una piaga pericolosissima tra i cittadini: la disaffezione agli organi Statali, fatto salvi il Capo dello Stato e i rappresentati della sicurezza appunto. Tutto ciò accade quando non si riconosce alle istituzioni un compito sul versante della sicurezza e sul versante della legalità che va al di là del ruolo del Governo. Quando in un Paese la legalità e la sicurezza non sono considerate ai vertici dell’agenda istituzionale di quel Paese, ma è lasciato alle diverse tendenze di ogni governo, il problema della legalità diventa sempre più strutturale. Perché se un governo considera più urgente far marciare un disegno di legge che ridimensiona, comunque si veda questo anche sull’altare della privacy, la capacità investigativa delle forze di polizia e della magistratura, su versanti come quelli della corruzione, ormai considerato un fenomeno sistemico e che ci colloca nelle graduatorie internazionali al sessantesimo posto, perfino dietro a Paesi che certo non hanno la nostra storia dal punto di vista della civiltà giuridica, quel Paese, il nostro Paese, è sull’orlo del collasso.
Francia, Germania e Regno Unito mediamente investono sulla sicurezza da 2 a 5 punti in più in percentuale della spesa pubblica di quanto non faccia l’Italia a fronte di problemi che non sono dello stesso livello di quelli italiani, non fosse altro per la mafia che è considerata ai vertici della criminalità mondiale. Eppure investono molto di più, perché al di là degli orientamenti politici contingenti di ogni governo, viene considerato strutturale e strategico che la legalità sia uno dei beni e degli obiettivi più importanti per un Paese che vuole mantenere la crescita dell’economia e dei cittadini. Al taglio considerevole dei finanziamenti cui si accennava prima il governo ha aggiunto per esempio l’abolizione di strumenti come il commissario straordinario anticorruzione. E quando la funzione di controllo della pubblica amministrazione sul versante della corruzione, passa da un organo presunto terzo al Ministro della Funzione pubblica, cioè del controllato, vuol dire che la legalità non è considerata.
E questo aiuto allora che chiedono le Forze dell’Ordine ai cittadini. La corruzione può portare effetti “benefici” ma di brevissimo termine. Il nostro Paese ha problemi economici seri, dalla disoccupazione alla crescita che negli ultimi dieci anni è rimasta praticamente invariata. La miopia del breve termine non paga più perché le tensioni sociali aumentano e aumenta la richiesta di legalità. Trincerarsi dietro gli sbarchi di Lampedusa, spostare Ministeri a Milano, annunciare 3000 assunzioni, sono boutade demagogiche. I poliziotti sono cittadini e i cittadini capiscono sempre più le difficoltà di chi deve proteggerli. I cittadini stanno cominciando a capire che più che la sicurezza conta la certezza della pena. Per reati cosiddetti gravi e per reati solo all’apparenza meno gravi ma che sono un tumore che cresce lentamente e logora la società. Recenti sentenze, come l’omicidio volontario per i morti della Thyssen della Procura di Guariniello, hanno trovato d’accordo anche gli operai di Terni che potrebbero perdere il posto di lavoro. Perché prima del loro lavoro viene la loro vita.

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