Doveva essere la stagione delle riforme, e invece sarà quella dei conti. Più precisamente dei conti amari, e una lunga stagione che dovrebbe prolungarsi fino al 2014.
Quella che si presenta, sia pure con emendamenti e correzioni di tiro o piccole variazioni, è comunque una manovra che colpisce i meno abbienti con il solito pretesto che sono i più numerosi, e facilmente reperibili.
I soldi da racimolare per restare nei canoni imposti dall’euro e per non far sì che le voci che danno l’Italia, vicina al Portogallo se non alla Grecia, risultino fondate, sono parecchi. Ma viene il sospetto, visto l’ultimo richiamo dell’Europa che ricordava al governo che ancora non si era avuta notizia e tantomeno un documento sul piano di rientro, che a questa manovra si potesse e si dovesse lavorare prima. Certo pianificare, che è poi quello che dovrebbe fare un qualsiasi governo di qualsivoglia colore, comporta la discussione e un iter corretto, e non di urgenza. Quindi come ha recentemente e di nuovo, ricordato il Presidente della Repubblica, il Parlamento deve fare leggi e non decreti legge che sono sì previsti e giustificabili ma solo in casi eccezionali. Ma se si procede per decreti legge, come sembra sarà anche questa manovra fiscale, è facile prestare il fianco a sospetti, non solo per questo ma anche se si infilano, smentite peraltro dagli stessi alleati, norme salva azienda.
Se quindi come si diceva sopra è più facile racimolare soldi colpendo i meno abbienti, è anche vero che si rischiano le proprie fila, perché tra questi, numericamente preponderanti, vi saranno anche moltissimi elettori dei politici che governano in questo momento. Se poi al già considerevole malcontento iniziato con le amministrative e proseguito con i referendum, fino ad arrivare all’incertezza di Pontida e alla solitudine tribunalizia di Berlusconi, si aggiunge addirittura una tassazione pesante sui risparmi, è ovvio che resta unicamente il decreto legge. Che però se va bene al presidente della Banca Centrale Europea, Jean Claude Trichet, non piace a Piazza Affari, né alle agenzie di rating che infatti hanno fatto precipitare la borsa italiana il primo venerdì di questo mese. Si sostiene da parte degli addetti ai lavori che la manovra non è affidabile. E questo anche perché ci sono esponenti della maggioranza che parlano addirittura di un tesoretto di 5 miliardi. Suonano, questi tesoretti che vanno e vengono e di addirittura prodiana memoria, suonano dicevo agli investitori europei come i danari del Campo dei Miracoli di Pinocchio. Un po’ ci sono, un po’ spariscono
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E a proposito di Pinocchio, quello che è mancato e continua a mancare è la chiarezza, intesa nel senso di limpidità, nei comportamenti dei signori del Palazzo. Naturalmente si fa per dire ci sono i soliti scandali e scaldaletti. Più o meno passibili di interventi giudiziari. E questo certo non aiuta i cittadini, già colpiti e disorientati, a dare fiducia a coloro che hanno in mano la cosa pubblica. Ma non sono solo gli scandali, c’è anche una confusione delle lingue che conduce a discorsi e a proposte estemporanee che non appare con evidenza su che cosa riposino e quali effetti veramente si propongano. Vale per tutte la richiesta ripetutamente e autorevolmente avanzata di spostare da Roma a Milano due o tre ministeri, forse come idea guida di un federalismo all’italiana o alla padana sul quale le linee restano sempre confuse, ma certo non ipotizzabile come soluzione per unire risparmio e razionalizzazione burocratica.
Altro punto di contesa all’interno della maggioranza di governo, è quello delle missioni militari all’estero delle quali si parla ma di rado o mai se ne definiscono i contorni precisi. Qualcuno, la Lega, chiede che si ritiri il contingente italiano in Afghanistan e questa proposta è accolta con dei sì e dei no, che in realtà non spiegano nulla. Non spiegano ad esempio che da alcuni anni in Afghanistan sotto la stessa insegna della Nato sono operative due missioni militari con compiti e regole di ingaggio diversi tra loro. Eppure sapere come stanno le cose in quel tormentato Paese sarebbe opportuno se non altro per la sicurezza dei nostri militari.
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Resterebbe da chiedersi quali prospettive abbia il nostro Paese al di là delle strategie e delle tattiche partitiche che attengono alle mosse di maggioranza e opposizione. Schieramenti che del resto potrebbero essere addirittura ribaltati quando la nave Italia si trova ancora lontana da un porto del quale ancora non si conosce neppure il nome.
Bisogna essere fiduciosi, ovviamente, anche perché essere pessimisti servirebbe a ben poco. Detto ciò le inquietudini non possono essere esorcizzate come dei fantasmi. Si dice che agli italiani non manchino le energie necessarie. Sarebbe auspicabile sapere con precisione necessarie a che cosa. Restando nella metafora della navigazione le acque sono agitate ovunque. Ad esempio si è molto dissertato, a torto e a ragione, sulle “primavere arabe” a noi in fondo abbastanza vicine geograficamente.
E del resto in questi giorni c’è stata la prima udienza del processo a Mladic. Un altro Paese e un’altra storia geograficamente prossima, in cui però si trattava di stabilire se etnie e religioni potessero combattersi e arrivare a compiere piccoli olocausti a due passi da casa. La Bosnia oggi ha il 50 per cento della disoccupazione giovanile. I suicidi sono in aumento e soprattutto non aveva e non ha petrolio da scambiare con vuoi l’assenso, vuoi l’intervento. Il Governo ha appena rifinanziato le missioni all’estero ma La Russa una concessione ai leghisti l’ha fatta diminuendo le risorse e gli uomini in campo.
Per quanto ci riguarda probabilmente faremmo meglio ad affrontare con maggiore conoscenza quello che si presenta come il nostro inverno prossimo futuro.
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