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Dicembre/2004 - Lettere
di Le lettere

Quei falsi d’autore

Caro Direttore,
dico subito che non sono un dipendente dei Corpi di Polizia ma più semplicemente un cittadino che esercita una attività commerciale, abbonato, sin dal primo numero a questa bella rivista.
Cosa mai potrà volere un commerciante - si chiederanno i lettori - scrivendo su questo giornale? È presto detto. Il mio ramo è la pelletteria e il mio esercizio è in una zona semicentrale della Capitale, l’articolo commerciale che tratto, insieme a tanti altri colleghi, sta registrando da tempo una sensibile flessione nelle vendite.
Certamente ci sono ragioni economiche complesse che fanno ristagnare l’acquisto di beni non di prima necessità.
A mio parere, tuttavia, almeno per la piazza di Roma, convergono altre ragioni, prima fra tutte quella del commercio ambulante di materiale contraffatto, soprattutto quello con le griffe più famose. Leggo su un settimanale che questo tipo di frode mette a rischio 125mila posti di lavoro e un miliardo e mezzo di euro di Iva non pagata.
Ogni tanto Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia Municipale si precipitano sugli extracomunitari e sequestrano loro la “merce”. E così - secondo qualcuno - il problema viene risolto.
Ma io mi chiedo: forse sarebbe più produttivo intervenire all’origine del male. I capi contraffatti con griffe di grande prestigio (che non sono fabbricati in Italia) entrano nel nostro Paese attraverso i normali canali e passano indenni attraverso i controlli doganali. È facile immaginare che nella stragrande maggioranza dei casi i grossi quantitativi di merce contraffatta (non solo pelletterie ma mi dicono anche orologi taroccati) passano indisturbati ai controlli. Se per avventura venissero individuati per la verifica, dato il ridicolo prezzo di produzione, gli “importatori” subirebbero un danno del tutto ridicolo, compensato comunque dall’enorme divario fra costo e ricavo.
I rimedi? Forse più accurati e più frequenti controlli alle frontiere: ad esempio, alla dogana di Roma, dove le norme europee non prevedono sempre controlli, se non quelli “a caso” sorteggiati da un computer.
Già... Ma nel nostro Paese, come è ormai noto, non c’è cosa più difficile delle cose troppo facili.
La mia lamentela qualcuno la potrebbe giudicare troppo interessata. È vero: sono interessato al fenomeno dei falsi. Ma credo sia mio diritto protestare (seppure attraverso le colonne di un giornale) dal momento che con il mio esercizio pago le tasse per le quali, sia io che i miei colleghi esercenti, non disponiamo di esenzioni di alcun genere.
Un commerciante di Roma

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Non fate figli!

Caro Direttore,
nella audizione tenutasi il 29 giugno scorso presso la Commissione Difesa della Camera da parte del direttore generale della Sanità militare, gen. Michele Donvito, di cui i resoconti stenografici sono apparsi sempre nel giugno scorso, emerge un dato di rilevante interesse: e precisamente la raccomandazione ai militari che operano in zone di possibile inquinamento da uranio impoverito di non mettere al mondo figli per almeno tre anni. È una disposizione molto opportuna anche se le conseguenze sul piano etico, sociale e affettivo non sono certo irrilevanti. Ciò visti i casi di malformazione alla nascita di figli di militari (e anche di civili) che si sono verificati. In particolare due casi di malformazioni gravi riguardano due militari, uno vivente in Sicilia e l’altro nelle Marche. Ma si sono verificati anche casi di civili in vicinanza di poligoni di tiro (e in questa situazione la questione delle predisposizioni di cautela appare difficilmente applicabile).
Si può notare che purtroppo le disposizioni arrivano con grande ritardo: i militari Usa si erano preoccupati della questione subito dopo la guerra del Golfo dati i numerosi casi di malformazione alla nascita che si erano verificati tra i reduci. I militari francesi avevano emanato questa disposizione da almeno 6 anni. Non si capisce anche perché la questione non sia stata posta all’esame della Commissione Mandelli che si è occupata solo di possibili patologie tumorali.
Visto che in Iraq molti militari, come si evince dalle riprese televisive, non indossano maschere e occhiali, le raccomandazioni di precauzione appaiono pertinenti.
Cordiali saluti
Falco Accame - Pres. Ana-Vafaf - Roma

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Basso profilo?

Egregio Direttore,
le scrivo in merito all’articolo “La sicurezza sussidiaria”, scritto dal deputato di An Filippo Ascierto nel vostro numero di maggio 2004.
Mi chiedo e le chiedo qual’è l’esatta interpretazione dell’ultimo paragrafo del suddetto articolo, che dice: “Non è pensabile che poliziotti, carabinieri e soldati (oramai tutti professionisti) siano impiegati in compiti di basso profilo quali il presidio di portinerie o di passi carrai, la vigilanza di obiettivi fissi o l’esecuzione di attività di routine, quando tali compiti possono essere utilmente demandati a società private di vigilanza consentendo agli appartenenti delle Forze dell’ordine e delle Forze armate di specializzarsi ed essere impiegati in mansioni più consone alla loro professionalità”.
Mi ha negativamente colpito l’opinione che i compiti di basso profilo possano essere affidati alle Guardie Giurate liberando le Forze dell’ordine e le Forze armate a mansioni più consone alla loro professionalità. Questo mi sembra in antitesi con quanto lo scrivente aveva asserito nella prima parte del suo articolo e mi confonde riguardo l’effettiva voglia che le istituzioni hanno nel professionalizzare e far operare nella sicurezza la nostra bistrattata categoria. Per fare un paragone tra la professionalità delle Guardie Giurate e le Forze dell’ordine sarebbe necessario avere a disposizione gli stessi strumenti e le stesse tutele legali e statali sennò si rischia di avere un nuovo Davide contro Golia.
Non voglio cadere in una sterile polemica e di certo questa lettera non ha lo scopo di compiangersi perché comunque, anche se operatori di serie B, abbiamo la stessa dignità e serietà sul lavoro dei nostri fratelli maggiori delle Forze dell’ordine, ma non credo di esagerare nel chiedere rispetto, soprattutto da chi afferma di stare a lavorare per il miglioramento della nostra categoria e di conseguenza per il bene e la sicurezza della collettività.
Grazie e cordiali saluti.
Lettera firmata - Guardia Giurata Particolare

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Ricordo del Carso

Caro Direttore,
posso approfittare della benevolenza sua per far conoscere ai lettori una mia poesia? Eccola e grazie per l’ospitalità.
“San Michele del Carso. Colle sacro, sempre ricordato./Colle sacro, colle del soldato/ Tante mamme addolorate./Intorno a te tante battaglie,/sulla tua sommità quelle canaglie./Tra la tua roccia, le gallerie:per il nemico utili vie./Tanti cecchini ben appostati,/tanti italiani sempre centrati./In un triste mattino:migliaia di morti con il gas nervino./Poi l’eroismo del soldato:con il sangue ti ha liberato./Soldati sempre di petto:all’assalto senza l’elmetto./Poi, più lontano il nemico è stremato,/ma, divisione l’Italia ha spezzato”.
Ancora un grazie dal vostro abbonato.
Pietro Mazza - Serrastretta (Cz)

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