È solo il destino?
Egregio Direttore,
come al solito ciò che è accaduto sembra da attribuirsi al destino cinico e baro. Così come accadde per la strage di Nassiryia. Ma bastava qualche pilone in cemento all’esterno della caserma per evitare quella strage.
Così per i gravi incidenti che si verificarono per il trasporto di personale fuori della base; sarebbero bastate per evitarli quelle autoblinde che furono inviate in seguito.
E così per la morte del maresciallo Cola, sarebbe bastato un elicottero blindato per evitarla. Ma quello che si doveva fare circa le misure di protezione è stato fatto solo dopo; non basta poi coprire quanto accaduto con assordanti misure patriottiche e inventando inesistenti eroismi.
Nel caso dell’elicottero caduto è stata formulata l’ipotesi di una preparazione al volo notturno inadeguata. Se questa è la causa si tratta di una causa che certamente si poteva evitare e forse qualche ragione avevano gli elicotteristi che a suo tempo avanzarono proteste. Ora si tratta anche di provvedere a tempestivi indennizzi ai parenti delle vittime. In tempo di pace vige la legge 308/81 che assegna, in caso di morte per eventi dannosi, circa 50 milioni di vecchie lire ai parenti delle vittime. Purtroppo negli ultimi tempi questa legge non è stata rispettata dal ministero della Difesa nei riguardi del personale volontario e di carriera. I militari morti a Nassiryia sono tutti volontari e di carriera ed è fermamente auspicabile che il ministero della Difesa si attenga a quanto stabilito dalla legge.
Ancora una considerazione: lo Stato dichiara di non avere i soldi per pagare gli indennizzi alle vittime militari, ma i soldi non mancano per una parata militare. Eppure una scusa per evitarla c’era: il lutto per i morti dell’elicottero presso Nassiryia. Tra l’altro visto che il nostro apparato militare vanta una vocazione per le operazioni di pace la ostentazione di armmi è “fuori linea”. Parimenti errata è l’inflazione delle medaglie d’oro al valor militare, forse così ambita perché porta con sé una dote economica non indifferente. Le condizioni per concedere una medaglia d’oro al valor militare sono in teoria severissime, implicano atti di grande eroismo in una situazione di guerra da parte di militari. Altra questione è invece la medaglia d’oro al valor civile.
Anche nel caso Calipari, che operava in missione di pace e non in una operazione di guerra, si poteva concedere una medaglia d’oro al valor civile. Tra l’altro gli agenti dei Servizi segreti non hanno uno status militare. Certamente una medaglia d’oro al valor militare non compete a chi muore semplicemente perché presta servizio militare, magari per cause del tutto estranee alla sua volontà. Nemmeno ai 5 agenti con le stellette che morirono trucidati a via Fani fu concessa un’alta onorificienza al valor militare. Il problema di una altissima deconazione al valore si pose già per il maresciallo Vincenzo Li Causi, capo del “Centro Scorpioni” di Gladio che, si disse, venne ucciso da una pallottola vagante in un agguato in Somalia. Il riconoscimento di un atto eroico non può essere legato a considerazioni di opportunità politica.
Grazie per l’ospitalità e cordiali saluti.
Falco Accame
Pres. Ana-Vafaf
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Sempre più in basso
Egregio Direttore,
ricorda quella vecchia pubblicità in cui Mike Bongiorno gridava dalla cima di una vetta: “Sempre più in alto!”? Bei tempi. Tempi in cui i ruoli erano più chiari: istituzioni, poliziotti, delinquenti, cittadini onesti. Tenendo questo in mente voglio raccontarle quello che è accaduto a Pesaro durante la partita Scavoli Basket-Real Madrid. Verso la fine della partita, il pubblico (fossa dei supertifosi in testa) è sceso dalle gradinate e, inferocito contro gli arbitri, ha iniziato da bordo campo ad inveire nei loro confronti. Fin qui tutto normale. Gli arbitri, però, non hanno gradito ed hanno interrotto la partita fino al ristabilimento della calma. Dopo un paio di appelli dello speaker “Il pubblico è pregato di tornare al proprio posto”, in mezzo al baccano si è sentita la voce dello speaker dire: “La Polizia è pregata di allontanare gli spettatori da bordo campo”.
Qui la normalità è finita. Può immaginare lo sconcerto e l’indignazione degli operanti, dirigente compreso, a sentirsi dare ordini al microfono da un “chicchessia”. Il secondo pensiero che è balenato nella mia testa è questo: le persone del pubblico non sanno che esistono chiari accordi con il servizio d’ordine della Scavolini che i responsabili di evitare le invasioni di campo sono innanzitutto loro e che la Polizia interviene solo in caso di seri problemi di ordine pubblico. Quindi tutti quegli onesti cittadini avranno pensato: “Guarda un po’ cosa fanno i poliziotti che io retribuisco con le mie tasse, un bel niente”. Come è stato fatto giustamente notare qualche giorno dopo l’incontro, c’è qualche problema di rapporto: la Polizia non è un fantoccio da gestire per il proprio uso e consumo. E, vorrei aggiungere, non è nemmeno lo straccetto dei piatti.
Non che quello che è successo sia di una gravità inusitata, però è un chiaro sintomo della confusione dei ruoli in cui ormai siamo immersi. In tempi in cui lo sforzo di avvicinamento tra Polizia e cittadini si è concretizzato in mille forme: Urp, poliziotto di quartiere, slogan diversi ad ogni festa della Polizia “”Polizia tra la gente”, ecc.), è triste constatare come il servizio alla cittadinanza, che crea sicurezza mediante il sacrificio e la professionalità di tanti operatori, diventi più che un servizio, un mezzo servizio (Luisa inizia presto, finisce presto e non pulisce il water). Io non posso salire sulla cima del K2 come ha fatto Mike Bongiorno, ma dalla cima del II° piano della questura voglio gridare: “Sempre più in basso!” e aggiungere anche un po’ polemicamente: “da chi dipende tutto questo? Dalla base che ha convinto la cittadinanza ad essere trattata come lo straccetto dei piatti? Non credo.
Cordiali saluti
Luciana Comastri
della Polizia di Stato - Pesaro
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