Rischi inesistenti?
Egregio Direttore,
ti sarei grato se volessi pubblicare la allegata lettera che ho fatto pervenire - nei mesi scorsi - al direttore generale della Sanità militare gen. Donvito.
“Come lei ha rilevato (audizione alla Camera del 29 giugno 2004 a pag. 12 del resoconto parlamentare) nelle conclusioni del primo studio della Commissione Mandelli vi è dimostrato che non esiste nesso di casualità tra le patologie riscontrate in particolare i linfomi e l’uranio impoverito.
Le Commissioni mediche che hanno negato le cause di servizio lo hanno fatto sulla base della sopra citata valutazione del prof. Mandelli a conclusione della prima relazione in quanto non vi si evidenzia alcun nesso tra l’uranio impoverito e le patologie tumorali riscontrate. In sostanza, in base a questa relazione, i nostri militari (e ovviamente anche i civili) non corrono alcun rischio. Non si vede, allora alcuna necessità: 1) di adottare norme di protezione; 2) di rinunciare all’uso di armi all’uranio impoverito.
Se i militari che si recano in zone dove è previsto l’impiego di uranio impoverito considerano valide le conclusioni del prof. Mandelli e le deduzioni dei medici che in base a questa hanno deciso di non concedere la causa di servizio, sarà facile trovare (ed eticamente corretto) 1.000 volontari disposti ad operare senza protezione nelle suddette zone, in quanto si garantisce loro che vi operano senza alcun rischio. Allora, su questi mille militari si potranno fare degli esperimenti in quanto potenziali soggetti alle forme di inquinamento possibili. Ovviamente, invece, se i mille volontari opereranno adottando le misure di protezione che li assicurano da qualsiasi possibile forma di inquinamento, norme di protezione quali quelle citate dal gen. Donvito a pag. 13 della relazione e cioè “Facciale Nbc completo di borsa a doppio filtro con indumento protettivo permeabile da indossare sulla tuta di combattimento per proteggere la pelle da aggressivi chimici e dal contatto per almeno 24 ore da particelle radioattive ecc.”, allora sappiamo in partenza che nessuna contaminazione da materiale inquinante e quindi da uranio impoverito, potrà avvenire e possiamo fin da ora essere sicuri del risultato degli studi, e cioè che questi 1.000 soggetti non correranno alcun pericolo, confermandosi così le conclusioni della prima relazione Mandelli. In questa situazione lo studio è del tutto inutile oltreché altamente fuorviante. Si tratterebbe solo di molti miliardi dei cittadini spesi inutilmente. Se, comunque, dei militari sono disposti ad esporsi, ovviamente senza protezione, all’ambiente operativo allora può essere importante rifare le relazioni Mandelli con dati realistici ed evitando il gran numero di gravi errori di cui sono affette. Peraltro, se si vuole procedere a degli studi che abbiano una qualche, sia pur limitata, validità, occorre procedere secondo il metodo che ci ha insegnato Bacone e che ha affinato Galileo e cioè eseguire delle sperimentazioni nei poligoni di tiro (ovviamente in zone protette come possono essere quelle in caverna), sperimentazioni necessarie per valutare l’effetto dell’uranio impoverito sulle corazzature e blindature dei nostri mezzi; integrando poi queste sperimentazioni (mettendo all’opera tutta la strumentazione disponibile) in modo da poter valutare gli effetti collaterali. Naturalmente per queste sperimentazioni ci si dovrà limitare a delle cavie. Anche se questo solleva pure dei problemi etici. Gli studi, poi, dovrebbero riguardare, come non è stato il caso delle Commissioni Mandelli, oltre che gli effetti radioattivi dell’uranio impoverito, anche gli effetti chimici. Inoltre non devono essere prese in considerazione solo le forme tumorali ma anche le patologie genetiche che sono state del tutto dimenticate dalla Commissione Mandelli, anche se abbiamo registrato vari casi tra i militari e tra i civili di malformazioni genetiche nei figli. Per quanto riguarda gli effetti di possibile inquinamento dell’ambiente, una sperimentazione in un poligono, come quello di Salto di Quirra, tenuto conto che occupa un’area di circa 13mila ettari, richiede almeno tre campionamenti per ettaro. Comunque, anche limitandosi ad un solo campionamento per ettaro (che dà un’indicazione piuttosto vaga dato che l’area di inquinamento di un proiettile è di circa solo 10 cmq), occorre un minimo di 13mila prelievi. Impiegando apparati Nbc per le rilevazioni occorre tener presente che la fascia esplorata dall’intensimetro è di circa 10 cm. Per un solo ettaro di terreno occorrerebbero quindi 1.000 passate lunghe 100 metri. Infine sempre per quanto riguarda gli studi sulle conseguenze ambientali va tenuto presente che in alcuni poligoni possono trovarsi delle miniere e che queste possono essere state utilizzate in passato per stoccaggio abusivo di materiali tossici. Una attenta verifica in questo senso andrebbe fatta prima di procedere ad una ricerca ambientale nelle aree dei poligoni.
Una osservazione conclusiva. Nelle relazioni e negli studi finora svolti sembra ci si preoccupi solo dei militari, mentre ci si dimentica completamente delle popolazioni civili che, tra l’altro, non possono servirsi di misure di protezione. Questo vale, naturalmente, anche per la fauna. Un aspetto eticamente assai disdicevole nel lavoro finora compiuto”.
Ti ringrazio per l’ospitalità e ti saluto cordialmente
Falco Accame
Pres. Ana-Vafaf - Roma
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