Provocazione necessaria
Egregio Direttore,
sarò controcorrente nel giudicare criticamente il legittimo agire mediatico e di piazza di Beppe Grillo e dei suoi fans, ma lo voglio esprimere. Senza grande stupore ho preso atto di articolazioni e attualità del fenomeno che si esplica spesso a tinte populiste tra urla, ingiurie, insulti, non so fino a che punto da comico valente. In ogni caso esercita il suo non facile mestiere. E al di là di stile e linguaggio dissacrante ritengo i messaggi di Grillo utili denunce. Che stimolano tutti - uomini e donne, bigotti, opportunisti, caste, potentati, lobby - a riflettere sul proprio agire assumendosene le responsabilità. Ma che non indicano a sufficienza credibili indicazioni alternative o precise ricette curative dei mali evidenziati se non con le solite frasi roboanti: “mandiamoli a casa, vaffanculo questo e quello, scendiamo in campo”; sovente abbastanza retoriche, comode, semplicistiche.
Prediche altisonanti e giudizi categorici paiono dettate da un coraggio sensazionale che non guarda in faccia nessuno. Ma che al di là di sferzanti esternazioni tese in contemporanea a ridicolizzare, denunciare e rassicurare, rischiano di indurre tanta altra gente all’antipolitica o a scivolare in uno strisciante qualunquismo con sbocchi imprevedibili. Per cui, senza demonizzare nessuno, avverto pure dei rischi nel nuovo ed esplosivo “profetismo decisionista grillista”. In quanto semplifica, pericolosamente all’estremo, contraddizioni e problemi magari reali, ma facendo, ad esempio, della classe politica italiana di tutta l’erba un fascio. E francamente ciò non è logico, e neppure giusto.O divertendosi a sparare ad alzo zero contro i partiti politici in quanto tali, che, a mio giudizio, non vanno di certo aboliti ma semmai rigenerati e rifondati con partecipazione attiva, passione, idealità, progettualità propositiva.
Beppe Grillo è simpatico per la sua ironia anticonformista e graffiante, ma a volte è esagerato e persino patetico al limite della sopportazione. In quanto affrontare le questioni spinose solo con la mannaia del duro e crudo dileggio, alla lunga risulta poco credibile. Premesso ciò, ammetto che la sua presenza nello scenario italiano sia comunque provocatoriamente necessaria.
Aldo Fappani - Valle Mosso (Bi)
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Caro Direttore,
prima di Beppe Grillo, anche Guglielmo Giannini, fondatore de “L’uomo qualunque” si era scagliato contro la partitocrazia. Beppe Grillo, in questa delicata fase storica che sta attraversando il nostro Paese, sta denunciando tutti i mali che affliggono la società italiana: dai problemi economici a quelli della sicurezza.
Quelli economici più evidenti sono: i salari bassi, molte famiglie italiane infatti non arrivano a fine mese, senza indebitarsi con il fruttivendolo o il macellaio per non parlare poi di qualche padre di famiglia costretto a rubare. Tutto questo in barba agli sprechi che vengono fatti non solo dai parlamentari ma da alti dirigenti della Pubblica amministrazione. Ma la cosa più insopportabile è che il cittadino non percepisce il senso di sicurezza: donne che vengono violentate, molestate, a volte uccise come di recente è accaduto a Genova ed Imperia, e con le leggi attuali che ormai sono inadeguate per affrontare questo tipo di criminalità.
Occorre a mio avviso, modificare la legge Gozzini e per quanto riguarda le concessioni a permessi premi, libertà vigilata, arresti domiciliari, rafforzare la Polizia Penitenziaria “nell’attività di accertamento”, portare a termine la costruzione di carceri abbandonate per evitare il sovraffollamento in ossequio anche all’art. 27 della Costituzione: la funzione rieducativa allo scopo del reinserimento del condannato.
Altro scopo non meno importante: rivedere la legge sull’immigrazione per quanto concerne i flussi d’ingresso, e in particolare dei cittadini romeni che, se entrano per turismo, devono dimostrare di possedere denaro sufficiente per poter essere ospitati nel nostro Paese (è bene ricordare che 1/6 della popolazione romena è di origine zingaresca). Rafforzare gli Uffici Stranieri ed istituire una “Volante Stranieri” con personale qualificato per espellere malavitosi albanesi e romeni in particolare, in materia di traffico degli esseri umani, e procedere ad una rapida espulsione.
Le leggi che non vanno o che si dimostrano inefficaci devono essere cambiate, questo è quello che chiede la gente attraverso Beppe Grillo.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, in una situazione decisamente diversa, ci aveva progato Guglielmo Giannini, nato a Napoli nel 1891, di madre inglese, commediografo e scrittore di romanzi gialli, che ebbe un vasto consenso popolare, quasi due milioni di voti, nelle elezioni politiche del dopoguerra, ma poi fece la fine di don Chisciotte (morì a Roma nel 1962).
Le chiedo Direttore, se trova molte analogie tra Giannini e Beppe Grillo? Alla fine il Grillo parlante servirà davvero a cambiare la politica italiana ormai giunta al collasso?
Elio De Bellis - Roma
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Caro De Bellis,
concordo con la sostanza della sua lettera. Quanto a Beppe Grillo, mi sembrano molto giuste e precise le osservazioni fatte (nella lettera che precede la sua) da Aldo Fappani: trovo particolarmente indovinata la definizione “profetismo decisionista grillista”.
Siamo d’accordo, Grillo è indubbiamente bravo, ma lo stile delle sue denunce rischia di scivolare in una banalizzazione che indica i mali (noti a tutti) e sorvola sui rimedi, i quali purtroppo non possono essere trovati nel filo delle battute.
Venendo a Guglielmo Giannini, lo ricordo bene: non ero assolutamente un suo fan, ma va detto che il suo “populismo” (da lui gestito con l’esperienza del commediografo) aveva contenuti e argomentazioni più seri e concreti delle esternazioni di Grillo. Certo, anche i tempi erano, per forza di cose, più seri. Ma credo che sarebbe sbagliato rimpiangerli.
Grazie e cordiali saluti
p. poz.
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Assurdo dualismo
Egregio Direttore,
sono un vigile del fuoco permanente e le scrivo per raccontarle di un “gemellaggio” a cui ho partecipato dal 24 al 26 agosto scorso, nella cittadina di Neuruppin, in Germania. Siamo stati ospiti dei Vigili del Fuoco di quella cittadina (“Feuerwehr”) ed abbiamo avuto modo di vivere nella loro caserma, i loro usi e costumi, i loro modi di affrontare il soccorso. Ho potuto constatare anche la collaborazione fra personale professionista e quello volontario. In quella cittadina (credo in tutta la Germania) i Vigili del Fuoco dipendono dai Comuni, mentre da noi, dipendiamo dal Ministero dell’Interno.
Da quanto ho potuto constatare e da quanto mi è stato detto, la componente professionista e quella volontaria, in Germania, convivono con una lunga tradizione alle spalle e sono bene integrate fra loro. Le une supportano le altre in maniera da rendere ottima la copertura del territorio con interventi rapidissimi. Da noi, invece, questo non sempre accade. Nonostante ci siano leggi, decreti e regolamento che attribuiscono al Corpo nazionale dei Vf compiti specifici e siano sottoposte a norma le specificità sia del personale permanente che di quello volontario, spesso si assiste ad assurdi dualismi, conflitti di competenze e prevaricazioni degli uni sugli altri, come se il soccorso in determinati casi sia un “affare personale” ed esclusivo per l’impiego di qualcuno. Credo che le norme ci siano e basterebbe applicarle affinché si evitino inutili controversie e polemiche che sono del tutto controproducenti.
Grazie per l’ospitalità e cordiali saluti.
Fabio Mivelli - Firenze
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