La mafia al Nord
Gentile Direttore,
come si sà la mafia italiana è una organizzazione clandestina e illegale, suddivisa in tante piccole associazioni (famiglie o cosche) rette dalla legge dell’omertà e del silenzio, che prendono ordini da padrini di rango più elevato.
Tramite gregari e picciotti esercita il controllo di varie attività economiche arrivando, quando riesce, a intrecci con il potere politico specie di sottogoverno.
Per fare illecitamente affari remunerativi e criminali, privilegia infiltrarsi nei settori specifici per poter controllare traffico di droga e armi, prostituzione, appalti in edilizia e nelle grandi opere delle infrastrutture, gestione dei rifiuti, movimenti terra, traffico e riciclaggio di denaro sporco, e così via.
I metodi usati partono da blandizie, proposte equivoche, avvertimenti, minacce, ricatti, e se ciò non basta si passa ad azioni di danneggiamento, botte, furti, attentati, eliminazioni fisiche.
Di questo deleterio fenomeno troppe persone continuano a illudersi che il cancro della mafia sia un fatto soprattutto meridionale, più che altro presente - insieme a camorra e ’ndrangheta - in Campania, Calabria, Sicilia. Ma il programma televisivo “Blu notte”, condotto da Carlo Lucarelli su Rai 3, ha seriamente documentato in modo significativo come la “mafia del Nord” è attiva in territori settentrionali da prima degli anni Sessanta e poi sviluppatasi sempre più grazie a persone mandate al nord a scontare pene detentive in soggiorno obbligato.
D’altronde già le vicende drammatiche legate a Calvi e Sindona in combutta con uomini d’affari insospettabili e altri spregiudicati faccendieri di centri di potere economico e finanziario (industriali, manager, banchieri) avevano dimostrato il pericoloso livello di penetrazione in gangli di società e nella mentalità di parecchia gente.
Infine tre brevi considerazioni. La mafia, anche al settentrione, non la si può lasciare correre esorcizzandola, minimizzandola o negandone l’esistenza con colpevole superficialità. Va duramente contrastata e combattuta dalle Forze dell’ordine, ma culturalmente e materialmente pure dall’agire dei cittadini, pena l’imbarbarimento della società italiana già caotica e ingiusta.
Per conoscere altri aspetti recenti dell’intreccio perverso con articolazioni anche mafiose tra politici di rango e affari con il loro corollario di condizionamenti, scandali, assurdità, si legga il libro “Mani sporche” di Gomez, Barbacetto e Travaglio. Non è vangelo ma aiuta a riflettere criticamente sui fatti e avvenimenti.
Cordialmente.
Aldo Fappani
Valle Mosso (Bi)
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Suicidi in Polizia
Gentile Direttore,
ancora una volta un gesto incomprensibile: un collega di 25 anni si è tolto la vita. Cosa dire rispetto a questi episodi? Come commentare il gesto di un ragazzo che avrebbe avuto tutta la vita davanti e ha deciso di interromperla così tragicamente? In nessun modo, perché ogni parola risulterebbe vuota e inutile rispetto a una tragedia così grande.
Ma lasciata da parte, solo per un attimo, l’onda emotiva, non possiamo esimerci dal fare qualche riflessione rispetto a un fenomeno che non è più fatto di episodi isolati e ricondubili solo a fatti personali.
Dal 1995 ad oggi i suicidi in Polizia sono stati complessivamente 133. Quasi tutti i poliziotti hanno utilizzato l’arma di ordinanza per togliersi la vita. Ma ci sono stati anche sei impiccati ed un suicida con overdose. Quanto al capitolo donne, quest’anno si é registrato anche un tentato suicidio: Luciana Callagher, 42 anni, della questura di Treviso, si è sparata puntandosi l’arma d’ordinanza sotto la gola mentre era impegnata nel servizio d’ordine per la partita Treviso-Grosseto. La donna è andata in coma, ma si è salvata.
Se da un lato i motivi potrebbero ricondursi alla sfera personale e intima di ognuno, dall’altro purtroppo in molti casi l’aspetto professionale non è trascurabile.
Un trasferimento, motivato magari dall’apertura di una vertenza sindacale, atteggiamenti vessatori potrebbero essere alla base di un cedimento emotivo che porta alle estreme conseguenze. Fatti che non dovrebbero inderogabilmente più accadere.
Non dobbiamo e non vogliamo più leggere e sentire di poliziotti che usano l’arma di ordinanza contro se stessi. La Polizia deve stare vicino ai suoi uomini, ascoltarli, dialogare con loro, gratificarli, cercare un confronto, pur nella diversità delle opinioni e nel rispetto delle idee, costruttivo e mai punitivo.
Troppi sono i colleghi che vivono come violenti fatti legati alla loro carriera, come un trasferimento coatto da un ufficio operativo. Da quel momento sono costretti per anni a subire angherie e prepotenze da parte di un’Amministrazione che tante volte vuole restare sorda e cieca. Le loro domande di trasferimento interno non vengono mai prese in considerazione sebbene la loro professionalità è indiscutibile, vengono fatti oggetto di sanzioni disciplinari vergognose, di spudorate diminuzioni delle valutazioni annuali, sono tenuti lontani per anni dai colleghi che hanno finanche paura di farsi vedere a parlare con loro perché verrebbero sicuramente fatti oggetto di analoghe attenzioni punitive.
A tutto questo deve essere posto necessariamente un freno. Restituire l’affetto di chi non c’è più alle proprie famiglie è cosa impossibile, noi, come Sindacato Indipendente di Polizia, possiamo garantire che la nostra lotta andrà sempre nel senso della difesa della personalità e della dignità degli uomini prima e della professionalità dopo, perché nessuno, nell’esercizio delle proprie funzioni, debba sentirsi vessato al punto di rinunciare al bene più prezioso che è la vita.
Cordiali saluti.
Franco Maccari
Segr. Gen. Coisp - Roma
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Trattenimento in servizio
Gentile Direttore,
desidererei sapere se l’art. 72 del d.l. 25/6/2008, n. 112 può essere applicato alle Forze di Polizia. Il suddetto articolo peraltro recita così: “Facoltativo, per le Amministrazioni, l’accoglimento della richiesta di trattenimento in servizio fino a 67 anni. Gli interessati dovranno presentare domanda nel periodo compreso fra i 24 e i 12 mesi che precedono il compimento del limite di età per il collocamento a riposo”.
Sarebbe interessante un’attente lettura dell’articolo in esame che prevede anche il pensionamento anticipato, ma retribuito al 50%, come pure la facoltà che viene data alle Amministrazioni di risolvere, con un preavviso di 6 mesi, i rapporti di lavoro con personale che abbia già raggiunto il limite massimo di 40 anni di anzianità contributiva.
Credo che questa norma, come del resto il d.l. in argomento, sia di grande interesse, non solo per il pubblico impiego, ma forse anche per le Forze di polizia.
Cordiali saluti
Vincenzo Di Maria
della Polizia di Stato
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