G No alla Festa della Polizia
Egregio Direttone,
è con amarezza di chi ha sempre creduto nel progetto di una Polizia veramente democratica che mi trovo a scrivere queste righe. E quando dico democratica lo faccio pensando al valore della parola che utilizzo, alla sua sacralità, a ciò che ha significato per i nostri padri, e non per riempirmi la bocca con un termine che troppo spesso viene pronunciato solo per l'effetto che sortisce su chi ascolta, più che per ciò che realmente rappresenta.
Io faccio parte di quella schiera di persone che sono entrate a far parte della Polizia di Stato perché pensavano che quello potesse essere un luogo privilegiato dove poter far emergere le ragioni della democrazia. E sono orgoglioso di far parte di un sindacato il cui merito assoluto è proprio quello di aver fatto suo sin dall'inizio questo modo di concepire l’attività di polizia nella società moderna. E lo ha fatto chiedendo asilo in quella grande casa dei diritti e della difesa dei più deboli che da più di un secolo è la Cgil.
Purtroppo oggi rischiamo di vanificare anni di conquiste dure, difficili, spesso dolenti, non senza ostacoli e momenti di dolorosa regressione e penoso scoramento. E questo perché buona parte della politica degli ultimi tempi, troppo spesso miope e inadeguata, ci ha sospinto indietro di parecchi anni, relegandoci al ruolo di difensori dei loro privati privilegi.
Spingendoci troppe volte sulla piazza contro chiunque avesse voglia di gridare il proprio disagio e la propria rabbia. Quella piazza dove il poliziotto oggi è rimasto solo a cercare di restare in equilibrio su quella linea di confine che lo separa da una società sempre più complessa, in quel territorio neutro che dovrebbe essere la difesa della legalità.
Lontano dalla politica mercenaria, lontano dalla folla, lontano persino dalla propria classe dirigente, sempre più carrierista e succube del potere politico.
No, io non sono andato alla festa della polizia quest'anno. Di quale polizia? A fare che? A festeggiare cosa? Basta con questa fiera delle ipocrisie. Basta a far finta di niente.
E’ ora che tutti capiscano che il poliziotto non è servo di nessuno ma è semmai al servizio della comunità e di un ideale: quello di una società libera e democratica nella quale convivano il diritto di tutti e quello dei singoli, dove il ruolo della polizia deve essere quello di termometro del disagio e insieme di controllore necessario e indispensabile della giusta osservanza delle prerogative di tutti.
Un’utopia? Forse, ma come tutte le utopie, anche questa serve per tenere dritta la barra del timone e dirigere la prua di questa barca sempre più sbrindellata verso la giusta meta.
Bisogna capire che i poliziotti sono lavoratori esattamente come tutti gli altri e quello che chiedono, prima ancora di tutte le possibili e quanto mai attuali rivendicazioni di tipo salariale, è il riconoscimento della loro dignità.
I poliziotti di pasoliniana memoria ormai non esistono più. I poliziotti sono cambiati, ma la polizia sostanzialmente è rimasta sempre la stessa, adeguandosi di volta in volta all’evolversi dei tempi con mere operazioni di maquillage istituzionale.
Bisogna avere il coraggio di riconoscere che il grado di evoluzione di una forza di polizia è commisurato alla crescita culturale della società di cui è espressione. E' da lì che bisogna ripartire se vogliamo costruire una società migliore, più equa più solidale.
Francesco Genova
Segr. Prov. Silp-Cgil Sassari
____________________________
Ilva e Guardia di Finanza
Caro Direttore,
nell’esprimere incondizionata solidarietà ai magistrati di Taranto e alle associazioni ambientaliste locali per l’importante lavoro svolto, il Movimento dei Finanzieri Democratici sottolinea che, spesso, la Guardia di finanza è chiamata ad indagare su tematiche ambientali, come ad esempio quella legata all’Ilva, con ottimi risultati.
Sorprende, pertanto, non poco, che parimenti, lo stesso Corpo, faccia difficoltà a riconoscere al personale dipendente quei diritti di cui alla legge n. 257/1992, ovvero legati ad una certificata esposizione alle mortali fibre di amianto.
Parafrasando un celebre detto si potrebbe affermare – volendo spezzare una lancia a favore delle Fiamme Gialle – che il giardino del vicino è sempre quello più inquinato. Ma tutti ormai sanno che la realtà è ben diversa e che molte caserme hanno dovuto subire importanti bonifiche per tentare di eliminare gran parte dell’amianto presente (a volte non è stato neppure possibile asportarlo tutto).
Si, ma come mai per il personale che vi ha soggiornato per numerosi anni non è stata disposta la prevista sorveglianza sanitaria? In un recente passato, qualche ufficiale che avrebbe dovuto vigilare sulla salute dei finanzieri, si è – nei fatti – prima affrettato a dire e a scrivere che non era in grado di fornire documentazione probatoria relativa ai monitoraggi e poi ha sentenziato (non si sa come considerato che sosteneva di avere smarrito o forse distrutti i documenti) che coloro i quali avevano presentato istanza di concessione dei benefici – a suo dire – non sarebbero stati esposti all’amianto.
Un atteggiamento, quest’ultimo, che dovrebbe far riflettere quanti si sono poi ammalati di patologie asbesto correlate. Per noi Finanzieri Democratici viene prima la salute e poi tutto il resto, e senza volere fare ingiustificati allarmismi ci auguriamo che questo valga anche per tutte quelle istituzioni che sono preposte alla vigilanza ed al controllo della salute pubblica.
Da questo momento in poi nessuno potrà dire “io non sapevo”, abbiamo informato tutti ma ora attendiamo risposte concrete e veritiere.
Lorenzo Lorusso
Responsabile Dip. del Mfd
Finanzieri Esposti all’Amianto - Trieste
|