Talvolta governare è difficile, complicato,
rischioso. Tanto più se si ha a che fare
con la criminalità organizzata. Pertanto, sicurezza
e legalità devono viaggiare di pari
passo. A ridosso delle elezioni, in un
viaggio immaginario, abbiamo deciso
di percorrere l’Italia, da un capo all’altro,
sulle orme di chi si batte contro mafie
e corruzione. Tante voci, un unico
obiettivo: dire basta!
Il voto è alle porte. Saremo chiamati a rinnovare Camera e Senato. Eppure – mentre andiamo in stampa, a venti giorni dall’apertura delle urne – regna ancora la confusione, tra programmi che scarseggiano, candidati premier da definire e colpi di scena: prevedibili e meno.
Da Monti, capo dell’Esecutivo uscente che, smessi i panni di tecnico, ha preso a correre per Palazzo Chigi; a Antonio Ingroia – magistrato in aspettativa – che, mollata la toga, è finito alla testa degli Arancioni; con Berlusconi, tornato alla carica con una nuova candidatura, poi smentita, e quindi riconfermata; salvo poi mostrarsi interessato a un ministero di peso come il Tesoro, strizzando però l’occhio alla premiership. Ma tant’è.
Quel che è certo è che di sicurezza si è parlato poco. Forse niente. E magari è un bene. Dal tritacarne elettorale è sempre uscita malconcia.
Difficile dimenticare la campagna per le amministrative 2008 che fece di Gianni Alemanno il sindaco di Roma. All’indomani dell’uccisione di Giovanna Reggiani, nei pressi della stazione di Tor di Quinto, la città era scossa. Una donna, di ritorno a casa la sera, aggredita, seviziata e gettata in un fosso. E la paura spinse molti a votare l’approccio securitario. Ma quanto giova?
Parlano i fatti. Trentasette omicidi solo nel 2011; numerosi nel 2012 e lo spettro – inquietante - dei regolamenti di conti fra clan per il controllo del territorio. Il tutto, mentre a livello nazionale la Revisione di spesa tagliava 18mila operatori del settore sicurezza - 5mila solo in polizia -, 30mila già sottratti negli ultimi tre anni dal precedente Esecutivo con una riduzione di 3 miliardi negli stanziamenti. E la polizia, da tempo, sotto di 11mila agenti.
E’ per questo che, il nuovo governo - quello che uscirà dalle urne - dovrà confrontarsi con questi temi, per dare risposte ai cittadini e, tra questi, a coloro che vestono una divisa, obbligati a fare i conti con una riforma che li costringerà alla pensione non prima dei 66 anni. Al pari di qualunque altro lavoratore del pubblico impiego.
Un paio di numeri fa scrivemmo: “La lotta alle mafie merita tutta la nostra attenzione perché un Paese in cui sicurezza e legalità vacillano è un Paese in cui la democrazia viene meno”. Ecco perché, proprio a ridosso del voto, scegliamo di dedicare al tema un’ampia monografia: poiché riteniamo le due questioni inscindibili.
Come lo erano, forse, per una persona di cui, a settembre, ricorrono i tre anni dalla scomparsa. Si tratta di Angelo Vassallo, “sindaco pescatore”, crivellato, a Pollica - la cittadina che amministrava - da nove proiettili, sette dei quali a segno. Dietro la sua morte, per gli inquirenti, la matrice camorristica perché Vassallo, strenuo sostenitore di un ambientalismo fattivo – non a parole -, si era battuto contro chi voleva fare della sua terra una distesa di cemento. Battaglie che avevano fruttato ad Acciaroli - località costiera del Cilento - riconoscimenti come le ‘bandiere blu’ e il rilancio turistico.
Primo cittadino per tre mandati di fila, chi lo ha conosciuto lo ricorda come «fermo e intransigente, uno che non esitava ad allontanare personalmente gli spacciatori dalla piazza». Uno che ha pagato con la vita il suo amore per la legalità.
Vassallo, lo abbiamo voluto in copertina – con la sua fascia tricolore, di fronte al suo mare cristallino, tra i volti dell’antimafia - per non dimenticare. All’indomani del suo assassinio, Roberto Saviano scriveva: “Angelo Vassallo rischia di morire per un giorno soltanto e di essere subito dimenticato. Come se fosse normale, fisiologico per un sindaco del meridione essere vittima dei clan. E invece è uno scandalo della democrazia”. Uno scandalo che rischia di ripetersi se sicurezza e legalità non viaggeranno di pari passo.
Ecco perché, fuori dalle secche del dibattito politico preelettorale, incagliato su tasse – chi le toglie; chi le abbassa; chi si propone addirittura di restituirle – auspichiamo un confronto serio sui temi della sicurezza e della legalità. Vassallo diceva: «Rispetto dell’ambiente e legalità sono le risorse del domani, per la costruzione di una nuova felicità e una nuova economia». E chissà che sia davvero questa la rotta.
FOTO: Angelo Vassallo
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