Poteva accadere e infatti è avvenuto: l’ennesimo scontro fra manifestanti e forze dell’ordine, in un corteo, a Roma, lo scorso 31 ottobre. Che sia o meno la capitale, poco conta: poteva succedere ovunque; quel che conta è che siamo di fronte a uno scenario fin troppo consueto con l’aggravante che, da una parte e dall’altra del cordone di sicurezza, ci sono, sempre più, persone accomunate da un conto in sospeso con lo Stato. Vuoi perché pur contribuendo per una vita come cittadini si sono ritrovati da un giorno all’altro senza un tetto sulla testa, o al più non ce l’hanno mai avuto, vuoi perché svolgono un mestiere spesso esposto a rischi e per il quale, da sempre, manca un adeguato riconoscimento economico. E tutele. Parliamo dei due mondi che si sono fronteggiati il 31 ottobre scorso: da un lato i movimenti per la casa e dall’altro le forze di polizia disposte in assetto antisommossa lungo le vie del centro. Scontri, un blindato assaltato, cassonetti rovesciati, uova, monetine e spray urticante spruzzato contro gli agenti schierati lungo via del Tritone che hanno reagito lanciando lacrimogeni verso i manifestanti, per disperderli. Si dirà: ordinaria amministrazione; eppure, in questa che è la succinta cronaca di una manifestazione come altre, c’è l’indizio di cosa possa accadere se, ancora a lungo, continueranno a mancare le risposte che i cittadini attendono. Casa, lavoro: in sostanza, dignità. Tanto più che i dati Istat sono tutto fuorché confortanti e dipingono un Paese, il nostro, in cui in cinque anni sono raddoppiati i poveri assoluti, col 10% delle famiglie italiane che non arriva a fine mese.
Numeri che fanno riflettere, specialmente se visti alla luce della disoccupazione galoppante che, quest’anno, ha raggiunto i livelli del 1977. E quegli anni in molti se li ricorderanno: con gli annessi drammatici della degenerazione del conflitto. Ecco anche perché si guarda con sempre maggiore apprensione alla Legge di Stabilità: perché o si punta alla crescita o la situazione rischia davvero di diventare esplosiva. Non a caso, nelle ultime settimane, i sindacati di polizia sono sempre più spesso scesi in piazza: perché la lunga marcia parlamentare intrapresa dalla Manovra 2014-2016, possa tenere in considerazione anche le istanze di un comparto su cui gravano tagli, blocchi, inadeguatezze. Morale della favola, la Legge di Stabilità, dal momento della sua presentazione, è riuscita a catalizzare tanta contrarietà da unire in un commento unanime imprenditori, parti sociali e singoli cittadini: ‘va modificata’. C’è tempo entro fine anno quando, giocoforza, sarà approvata. Nel mirino, in particolare, la stretta al pubblico impiego che per il comparto sicurezza, tra le altre cose, significa sospensione della contrattazione estesa a tutto il 2014, taglio degli straordinari, blocco del 50% del turn-over e diluizione della somma spettante per le pensioni con buona uscita superiore ai 50mila euro. Senza dimenticare che il blocco contrattuale incide su lavoratori già penalizzati da quattro anni di mancati contratti e per i quali ancora non si sono trovate soluzioni allo stallo degli automatismi stipendiali per gli anni 2012-2013 o per l'avvio della previdenza complementare. Il tutto, a margine di un biennio come il 2011-2012 in cui l'Aran (Agenzia per la Rappresentanza negoziale nei contratti pubblici) ha stimato una flessione dell’1,3% dei salari con un innalzamento notevole dell’anzianità degli occupati.
In una nota congiunta, già a metà ottobre, due sigle come il Siap (Sindacato italiano appartenenti polizia) e l’Anfp (Associazione nazionale funzionari polizia) mettevano in guardia l’Esecutivo facendo notare una prima macroscopica inadempienza che rischierà di pesare come un macigno sui rapporti tra Governo e Amministrazione: “Anche questo governo non ottempera alla previsione normativa di convocare presso la presidenza del Consiglio dei ministri le rappresentanze del personale ed i sindacati del comparto sicurezza in occasione della predisposizione di provvedimenti di natura finanziaria. L'atteggiamento responsabile viene ripagato con la compressione del dialogo e dei diritti di rappresentanza dei sindacati di polizia; eppure l'esecutivo è sostenuto da una maggioranza al cui interno vi sono sensibilità che hanno mostrato attenzione alle reali esigenze dei poliziotti che sono chiamati ogni giorno, con meno mezzi e risorse, ad affrontare situazioni dure, difficili e delicate per garantire l’ordine pubblico e il contrasto alla criminalità”. Parole cui si uniscono quelle del Siulp (Sindacato italiano unitario lavoratori polizia), per voce del suo segretario Felice Romano che ha chiesto di «aprire immediatamente un tavolo di discussione, con il sindacato, che possa accompagnare l’iter parlamentare della legge, in modo da far comprendere al Parlamento il gravissimo disagio e lo scoramento totale delle donne e degli uomini in uniforme che quotidianamente si sacrificano in ogni angolo del Paese per la sicurezza e la coesione sociale». E nel caso la Manovra fosse approvata così com’è, Siulp, Sap, Ugl Polizia e Consap-Adp si dicono pronti a chiedere le dimissioni del ministro Alfano che ritengono non in grado di rappresentare il comparto. Intanto la Cgil, unica tra i confederali, tira dritto sullo sciopero generale annunciato per questo mese. Sussanna Camusso, la segretaria, ha infatti assicurato: «Lo sciopero è una forma di pressione, non ci fermiamo. Non mi pare ci siano segni che possano determinare un cambiamento di direzione nella Legge di stabilità». Fuori dalla possibilità di scioperare – in quanto tale diritto non è garantito ai poliziotti - ma comunque critici sulle premesse della legge di previsione economica, anche i referenti del Silp per la Cgil (Sindacato italiano lavoratori di polizia afferente a Corso Italia): «Con l’attuale Legge, gli interventi sul sistema delle Pubbliche Amministrazioni ed il lavoro pubblico appaiono in assoluta continuità con le politiche fin qui adottate». Una continuità, ha detto Daniele Tissone, segretario Silp, «dopo 6 anni di tagli, riduzione di risorse, e interventi sul lavoro di tale intensità e linearità da mettere in discussione l'ordinario funzionamento delle amministrazioni pubbliche. Non un cambio di tendenza, quindi, rispetto al passato ma ancora la considerazione della sicurezza quale ‘costo’ anziché risorsa». E allora staremo a vedere che strada prenderà questa manovra. Quel che è certo è che imporrà ulteriori sacrifici e noi, in tempi di tagli e austerità, abbiamo deciso di intraprendere un viaggio tra storia e privilegi, quelli delle Regioni a Statuto Speciale.
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