Scusandomi in anticipo con i lettori, e precisando che non lo faccio per retorica o per captatio benevolentiae ma solo per commemorarne la memoria affinché sia da monito per il futuro, ritengo doveroso aprire questo numero con il ricordo delle tante, troppe vittime dell’ultimo sisma che ha colpito il nostro Paese.
Alle ore 3,36 del 24 agosto, come sempre più spesso accade da un po’ di anni a questa parte, la natura, ancora una volta, si è ribellata al maltrattamento subito dall’essere umano.
Come una vera e propria furia devastatrice, anticipata da una sorta di ululato, quasi a rivendicare il diritto di reagire alle scorribande che il genere umano gli impone, la terra si è ribellata e ha tremato investendo tutto ciò che ha trovato sui territori del centro Italia.
Questa volta, a differenza delle altre, l’ira che si è abbattuta su quei territori è durata pochi, anche se per noi sono sempre sembrati interminabili, secondi. Ad Amatrice ed ad Accumoli, così come ad Arquata e Pescara del Tronto, l’ira devastatrice del terremoto si è fatta sentire in modo terribile abbattendo e travolgendo tutto ciò che ha trovato.
Uno scenario apocalittico, un dramma immane e devastante le cui cicatrici resteranno indelebili non solo su quei territori, ma anche in tutte le famiglie straziate dal dolore della perdita dei propri cari, dei propri averi e delle proprie certezze.
Così come a l’Aquila, anche in questo caso, la macchina dei soccorsi si è attivata immediatamente e si è cominciato a scavare tra il dolore, la disperazione, le lacrime, il sangue e il suo odore acre e pungente che entra nei meandri del cervello per restare memorizzato indelebile. Ma c’era anche tanta incredulità e tantissima rabbia.
Sono proprio questi gli aspetti che si coglievano sul volto di quei due colleghi della Polizia Stradale di Amatrice, i primi ad arrivare sul posto perché accorsi immediatamente subito dopo il disastro.
Incredulità per quello che stavano vedendo, perché quanto accaduto all’Aquila non aveva insegnato nulla, perché avrebbero voluto, in un attimo, se solo avessero potuto, spostare tutte quelle macerie e soccorrere quanti lì sotto erano feriti e terrorizzati anche per i propri cari deceduti al loro fianco.
Ma nelle loro facce si leggeva anche rabbia. Rabbia perché si sentivano impotenti, perché erano consapevoli di non poter spostare tutto in un secondo e soccorrere quanti attendevano il loro aiuto. Rabbia perché ancora una volta, in modo drammatico e devastante, il destino ci insegnava che la sicurezza non può e non deve essere più considerata un costo ma solo un investimento. Un investimento a tutela del territorio, dei cittadini e del loro vivere sicuro e civile.
Oggi, dopo questa ennesima tragedia, si discute come fare per mettere in sicurezza il patrimonio abitativo e quanto costerebbe intervenire su tutti gli edifici già costruiti e che non hanno i parametri per essere antisismici. Ma, inutile nascondercelo, ancora una volta l’approccio è quello del costo. Speriamo che cambi l’approccio e che si giunga a risultati concreti. Giacché l’approccio del costo, e non quello dell’investimento che i vari governi che si sono succeduti hanno utilizzato, a noi poliziotti è ben noto e sinora è stato foriero solo di penalizzazioni e mortificazioni.
L’abbiamo sempre detto, e non come mera affermazione apodittica ma con convinzione intima del nostro essere e del nostro agire, non esistono governi amici o governi nemici: esiste il governo come unico interlocutore della nostra azione sindacale con cui confrontarsi per il bene e la sicurezza del Paese e dei cittadini; per l’interesse e il rispetto dei diritti delle donne e degli uomini del comparto sicurezza.
Siamo sempre stati consapevoli che la sicurezza è il bene primario dei cittadini e base essenziale per lo sviluppo e il rilancio del nostro Paese; per questo siamo sempre stati altrettanto responsabili ed attenti a non strumentalizzare mai questo bene evitando che fosse trascinato, almeno tramite la nostra azione, in diatribe politiche o interessi di parti che attuano la loro azione più per fini propri che per la risoluzione dei problemi che la sicurezza vive.
Siamo stati, insomma, sempre convinti che la sicurezza non possa essere considerata un costo ma un proficuo ed indispensabile investimento per la vita del Paese e di tutti i cittadini.
Purtroppo non per tutti è così. Sulla sicurezza sono state aspramente combattute tutte le campagne elettorali degli ultimi venti anni. Anche l’attuale maggioranza, il cui successo è dipeso ampiamente dalle promesse fatte in tema di sicurezza, aveva dichiarato che questo tema era tornato ad essere priorità nazionale dell’azione del governo.
Durante l’ultima campagna elettorale si è detto a gran voce agli Italiani: “daremo più sicurezza”, sottolineando che al primo punto della propria azione ci sarebbe stato l’aumento progressivo delle risorse per la sicurezza.
Il Siulp, che non si è mai lasciato incantare dal canto delle sirene di omerica memoria, pur non esprimendo, nell’immediato, giudizi negativi rispetto ai primi segnali contrastanti che emergevano dalle decisioni del governo, proprio per non cadere nella trappola del governo amico o del governo nemico, attende i fatti concreti per valutare l’effettiva concretezza delle scelte operate.
Per questo attendiamo la presentazione della bozza di legge di stabilità.
Perché essa rappresenta la prova del nove rispetto a ciò che si annuncia e a quello che concretamente si vuol fare.
Purtroppo, almeno per il momento, abbiamo avuto ragione ad essere cauti e attenti osservatori.
Dopo lo sblocco del tetto salariale, a cui si è giunti grazie alla pressante iniziativa del Sindacato, e dopo il recupero di una parte degli investimenti per migliorare gli strumenti di lavoro, attendiamo ora la vera risposta che serve al Comparto sicurezza per poter dare concreta attuazione ad una rinnovata azione che serve a contrastare l’aggressione criminale proveniente dalle mafie e dal terrorismo internazionale che, unite alla corruzione sta mettendo veramente a dura prova le tenuta delle istituzioni e della stessa democrazia.
Mi riferisco l riconoscimento della professionalità e dell’impegno che le donne e gli uomini in uniforme profondo in ogni angolo del nostro paese.
È vero, il bonus di 80 euro riconosciuto dal governo al nostro comparto, che ovviamente dovrà divenire strutturale come peraltro più volte annunciato dal ministro Alfano e dallo stesso premier Renzi, è stata solo una boccata di ossigeno al nostro sacrificio quotidiano e un piccolo ristoro al grave debito di credibilità che il paese ha maturato nei confronti dei suoi servitori. Ma non è la risposta ai nodi che da troppo tempo sono irrisolti sul tavolo del confronto.
È facile intuire che il riferimento va dritto al mancato rinnovo del contratto di lavoro, al recupero del potere d’acquisto dei nostri stipendi ormai fermi dal 2009 e al riordino delle carriere del personale che, da oltre 20 anni attende un provvedimento che renda giustizia e riconoscimento alla nostra dignità professionale, senza la quale nessuna riforma avrà speranza di trovare una positiva attuazione.
Il tutto, ovviamente mentre ci si continua a chiedere di più per gestire l’epocale ondata immigratoria, per fronteggiare l’onda assassina del nuovo terrorismo internazionale che non esita a colpire ovunque e chiunque pur di destabilizzare le certezze di un popolo democratico e libero o per ridare slancio alla lotta contro la criminalità che mai come in questo momento, proprio perché troppo silente, è divenuta assai più diffusa e pericolosa. Il tutto nonostante il danno prodotto dal blocco del turn over ancora non sia stato superato, basta considerare che la media dell’età oggi nella Polizia di Stato è di 48 anni per le qualifiche esecutive e di 53 per quelle di concetto o direttive ovvero che entro il 2030 ben oltre 40.000 degli attuali 99.000 poliziotti in servizio andranno in pensione.
Ma per mantenere standard di efficienza elevati ed efficaci come quelli sinora garantiti e all’altezza di queste nuove e più complesse sfide, occorrono investimenti che aumentino la prevenzione e la capacità di analizzare i fenomeni per anticiparli o reprimerli in quei casi in cui la prevenzione non è stata sufficiente.
Ad oggi, però dalle indiscrezioni che trapelano, e nonostante le troppe rassicurazioni da parte degli esponenti dell’esecutivo e dei responsabili delle amministrazioni, nulla ancora di certo traspare sul disegno di legge di stabilità.
E qui la domanda sorge spontanea: come si fa a chiedere di più dando di meno?
Poiché, purtroppo, al peggio non c’è mai fine e le delusioni accumulate in questi ultimi venti anni sono tante e tali da indurci se non alla diffidenza sicuramente alla cautela, pur ringraziando per i riconoscimenti quotidiani che ci attestano fiducia e credibilità, vogliamo la certezza che le rassicurazioni sinora fornite diventino realtà con appostamenti specifici e sufficienti ad operare gli interventi necessari in tema di carriere e di rinnovo contrattuale.
Siamo abituati a dare con generosità ed abnegazione, fa parte del nostro Dna.
E questo, a parole, ce lo riconoscono tutti.
Siamo lavoratori speciali con alto senso dello Stato, per un lavoro speciale e con uno speciale attaccamento al dovere.
Questa, l’abbiamo già detto, è la “specificità” che ci distingue da altri lavoratori del pubblico impiego.
Da tempo siamo abituati, alla fine di ogni anno quando il Parlamento è chiamato ad approvare la legge di stabilità, a dover ricordare ai politici di ogni schieramento che questa nostra “specificità” non può essere riconosciuta solo a parole ma soprattutto nell’assegnazione delle risorse.
Fino allo scorso anno, anche se con qualche affanno, ciò è stato possibile per il tetto salariale.
Ma se pensiamo al contratto, alle prestazioni aggiuntive ed obbligatorie cui i poliziotti sono sottoposti, loro malgrado e per l’interesse primario della sicurezza dei cittadini, per le quali ricevono, quando va bene, un compenso appena pari a quello previsto per l’ora ordinaria, diversamente sono costretti a fruire del riposo compensativo perché non ci sono le risorse per retribuirle, è evidente che le sole rassicurazioni, o le pacche sulle spalle non bastano più.
Sappiamo bene che il momento non è dei migliori per l’economia nazionale e che è necessario ridurre le spese per aumentare la produttività del Paese.
Ed è proprio qui che sta il punto: le risorse destinate alla sicurezza sono una voce passiva o un investimento che spingerà sul volano dell’economia e aiuterà a riportare verso l'alto il tenore e la qualità dell’economia e della vita degli Italiani?
Il Siulp lo ha sempre ritenuto un investimento per la collettività e per il Paese. Lo ha affermato in ogni sede e in tutte le occasioni sino al punto che lo stesso governo lo ha fatto proprio e, per la prima volta nella storia della Repubblica, lo ha messo persino in un documento di programmazione economica e finanziaria.
E lo abbiamo detto forte e chiaro a maggioranza ed opposizione e alle commissioni parlamentari, promuovendo come sempre l'unità di tutte le sigle sindacali della Polizia di Stato, cui si sono aggiunte tutte le organizzazioni sindacali e le rappresentanze militari del Comparto sicurezza e difesa.
Omettere oggi il riconoscimento della specificità del nostro Comparto, sarebbe per il governo una smentita a se stesso, per gli operatori della sicurezza e della difesa un’umiliazione ed un’offesa alla dignità.
Per questo riteniamo che qualsiasi decisione sarà frutto di una precisa volontà politica e non più di una svista.
Ma per non lasciare intentata nessuna delle iniziative possibili, abbiamo promosso, sempre con tutte le sigle sindacali del Comparto, ulteriori iniziative per allertare i cittadini ed informare il Parlamento, nel quale riponiamo fiducia ed aspettative, del grave rischio sicurezza che il Paese correrà se la manovra finanziaria non conterrà le necessarie risorse per dare corso al processo di riordino del modello e delle carriere del personale oltre che del contratto di lavoro ormai scaduto da oltre 7 anni.
Perché gli Italiani è giusto che sappiano come stanno esattamente le cose.
E per questo il Siulp, operando con il consueto senso di responsabilità, che storicamente da tutti gli è riconosciuto, non si sottrarrà dall’onere di spiegare ai cittadini chi, come e perché avrà tradito ancora una volta le fiducia dei poliziotti e compromesso la loro sicurezza.
E lo farà con tutti gli strumenti che gli sono consentiti ed in tutte le sedi necessarie affinché siano ripristinati i livelli di sicurezza indispensabili per i cittadini e il rispetto dei diritti degli operatori della sicurezza e della difesa.
Perché in questo Paese, una volta e per tutte, l’assunto che la sicurezza è un investimento e non un costo diventi punto irrinunciabile per ogni governo e certezza per ogni cittadino.
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