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Settembre-Ottobre/2017 - Editoriale
direttore@poliziaedemocrazia.it
Silenzi e grida
di Cesare Vanzella

Stupisce il silenzio con cui il mondo politico e sindacale è riuscito, dopo aver accusato un iniziale leggero mal di pancia, a dimenticare le parole di fuoco con cui il capo della Polizia Gabrielli aveva bollato i fatti di Genova, il G8, le violenze della Polizia. Con parole schiette aveva detto: a Bolzaneto fu tortura.
Ci saremmo aspettati che riprendesse vento un dibattito su quella pagina oscura, una delle tante della storia italiana, che in tutti questi anni, sedici per l’esattezza, si era via via avvitato su se stesso aiutato dalle lungaggini della magistratura e da un vasto desiderio di non sollevare polveroni. Invece no, un appiccicoso scirocco ha avvolto le dichiarazioni di Gabrielli, depotenziandole, annullandole, relegandole allo sfogo di un uomo magari alle prese con il feroce caldo estivo.
Tutto sommato gli è andata pure bene, a Gabrielli, perché questo Paese è abituato alla politica dello sgozzamento dell'avversario. Emanuele Fiano (Pd) firmatario della legge che introduce il reato di propaganda fascista si è visto nei mesi scorsi insultare da un esponente di centro-destra (inutile farne il nome per non offrirgli ulteriore palcoscenico) con questa frase dal rancido sapore antisemita:“Le sopracciglia le porta così (Fiano, ndr) per coprire i segni della circoncisione”.
Il ministro dell'Interno Minniti vara un Codice per le Ong e poi stringe accordi in Libia per evitare il continuo travaso dell'Africa in Italia e il fondatore di Emergency Gino Strada imbraccia il bazooka dell'ideologia, esibisce un disprezzo che non ci saremmo aspettati. “Ha una storia da sbirro e va avanti su quella strada lì. Per lui far finire donne e bambini morti ammazzati nelle carceri libiche è una cosa compatibile con i suoi valori. Con i miei no”. Evviva.
Sempre Gabrielli e Minniti si sono trovati sulla graticola quando si è dato seguito in pieno agosto a “un'ordinanza di servizio del Questore d'intesa con la Prefettura”per sgomberare un palazzone a Roma occupato da quattro anni. Ma siccome nessuno prova a riflettere prima di agire si è ordinato lo sgombero senza aver preventivamente individuato dove sarebbero dovuti andare a vivere quelle centinaia di rifugiati disperati. Bene hanno fatto il Ministro e il Capo della Polizia a ricordare che da quel momento in poi la politica avrebbe dovuto trovare soluzioni abitative per gli occupanti prima di ogni intervento della forza pubblica. Parole di buon senso evidentemente non nelle corde di un mondo che, all'improvviso, per evidenti fini elettorali, è passato dall'accoglienza indiscriminata al pugno di ferro.

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