Negli ultimi decenni, sono avvenute delle evoluzioni a causa di: 1 - calo delle nascite (le ultime statistiche nel nostro Paese danno 1,4 figli per ogni donna); 2 - l’aspettativa di vita più lunga (79 anni e 4 mesi per gli uomini e 84 e 5 mesi per le donne); 3 - formazione scolastica più lunga ed ingresso nel mondo del lavoro più tardivo (25/35 anni). Pertanto l’aumentato onere economico della previdenza non più sostenibile dallo Stato e il necessario adeguamento alla normativa Europea, hanno reso indispensabile un drastico intervento del legislatore per modificare il vecchio sistema di calcolo delle pensioni. Infatti con il d.lgs n. 503 del 31 dicembre 1992 (mini riforma Amato) è stato previsto il cosiddetto doppio calcolo della pensione anche per i pubblici dipendenti, la quota “A” (percentuale di pensione maturata alla data del 31 dicembre 1992), computata sull’ultima retribuzione percepita alla data di cessazione dal servizio; la quota “B” (percentuale maturata dal 1° gennaio 1993 fino alla data del pensionamento), computata sulla media delle retribuzioni percepite negli ultimi 10 anni, ovvero, l’intero periodo, dal 1° gennaio 1993 fino alla cessazione dal servizio, se con anzianità contributiva inferiore a 15 anni alla data del 31 dicembre 1992.
Con la legge 335/95 (legge Dini) è stato previsto il calcolo con il sistema contributivo per tutti i lavoratori iscritti alle varie forme dell’assicurazione generale obbligatoria, assunti in data successiva al 31 dicembre 1995 e quelli già in servizio a tale data, ma con anzianità contributiva inferiore a 18 anni. Ci sono stati poi altri interventi sulle pensioni, l’art. 59, comma 8, della legge 449/1997 e l’art. 12 della legge 122/2010, che hanno introdotto le cosiddette finestre mobili, l’art. 22 ter della legge 102/2009 e successive modificazioni, che ha previsto l’aspettativa di vita, da applicare nei casi di cessazioni dal servizio per anzianità, fino ad arrivare alla tanto discussa riforma Fornero.
Tutte le modifiche di cui sopra hanno avuto un unico scopo, quello di ridurre il rendimento dei trattamenti pensionistici e quello di allungare l’età pensionabile dei lavoratori. Pertanto, qui di seguito, cerchiamo di evidenziarne gli effetti negativi e in quale misura le stesse modifiche hanno interessato il personale del Comparto Sicurezza e Difesa. ... [continua]
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