Dalla tutela dei diritti fondamentali agli strumenti giuridici utilizzati dalle Istituzioni per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Intervista al giurista e docente universitario Daniele Butturini
Da qualche mese, la pandemia legata alla diffusione, su scala mondiale, del cd. Coronavirus ha costretto i governi ad adottare provvedimenti fortemente limitativi delle libertà fondamentali, in primis il diritto di circolazione e la libertà di iniziativa economica privata. Milioni di persone sono state chiamate ad un’assunzione di responsabilità senza precedenti, con ripercussioni di ordine economico e sociale. Ma come è stato possibile tutto ciò? Quali sono gli strumenti giuridici a disposizione di un ordinamento democratico per fronteggiare le emergenze? Quale il ruolo della libertà di stampa in situazioni straordinarie? In che modo è possibile limitare i diritti sanciti dalla Costituzione?
Polizia e Democrazia lo ha chiesto al prof. Daniele Butturini, docente di “Diritto costituzionale delle emergenze e libertà fondamentali” e di “Diritto costituzionale dell’informazione giornalistica” all’Università di Verona.
Professor Butturini, come può essere definito il concetto di “emergenza”?
Possiamo definire l’emergenza, sul piano descrittivo, nel seguente modo: circostanza imprevista, caso fortuito, stato di pericolo, situazione critica che richiede un intervento urgente ed immediato. L’emergenza non è una categoria unitaria, perché rimanda ad ambiti specifici e particolari. Si parla di poteri d’emergenza, stato d’emergenza, legislazione d’emergenza, organi straordinari, ecc.
Sotto un aspetto più prettamente giuridico, l’emergenza comporta questo: il diritto ordinario risulta inadeguato e, di conseguenza, opera la necessità di un intervento urgente a contenuto sospensivo o derogatorio che, con mezzi eccezionali, continui ad assicurare valori e interessi normalmente protetti dall’ordinamento giuridico.
Quindi il diritto dell’emergenza può addirittura sospendere il diritto ordinario?
Sì, temporaneamente, introduce uno stato giuridico di eccezione, nel quale parte del diritto ordinario viene sospeso, perché quello emergenziale è ritenuto il mezzo giuridico più adeguato per fronteggiare e superare l’emergenza stessa e così tornare al diritto ordinario, quando l’emergenza ha fine. Potremmo dire che lo stato di emergenza serve proprio per conservare i diritti, i principi e i valori fondamentali di un ordinamento, di una comunità; diritti, principi e valori che invece subirebbero una permanente soppressione se non venisse fronteggiato lo stato di emergenza con un diritto eccezionale. I poteri di emergenza sarebbero in funzione proprio della tutela dell’ordinamento, anche se parte delle leggi verrebbero temporaneamente sospese e, quindi, non applicate. Questa è la visione dello stato di emergenza in un ordinamento giuridico costituzionale di impronta democratica e liberale.
In cosa trova fondamento il potere emergenziale?
Nel dovere dello Stato all’autodifesa. Si può affermare che lo stato di emergenza si fonda proprio sull’obbligo dello Stato di attivarsi nel caso in cui la sua sopravvivenza venga minacciata da un evento eccezionale. L’esigenza fondamentale dello Stato è la conservazione di se stesso. Un’epidemia che diventa pandemia rientra nella definizione di emergenza sanitaria, ovvero di una situazione eccezionale, consistente nella propagazione di un contagio virale dagli effetti anche mortali, che può giustificare provvedimenti sospensivi del diritto ordinario e restrittivi di diritti e garanzie, proprio al fine di contenere il contagio medesimo.
Quali strumenti prevede la Costituzione italiana per fronteggiare situazioni di emergenza? Nell’ordinamento costituzionale italiano non vi è alcuna norma che preveda lo stato di emergenza “generale”, e quindi le situazioni per attivarlo e la procedura per dichiararlo. L’unico stato di emergenza regolato dalla Costituzione è quello che fa riferimento allo stato di guerra, disciplinato dagli artt. 78 e 87. La previsione espressa e formale nella Costituzione italiana di una emergency clause non sussiste a differenza di altre Costituzioni. Vi è invece una fonte del diritto prevista per affrontare casi straordinari di necessità e urgenza: il decreto-legge. Si parla di casi straordinari nel senso di casi eccezionali o imprevedibili; di necessità nel senso dell’impossibilità di ricorrere a strumenti ordinari; di urgenza nel senso che bisogna provvedere immediatamente.
Che tipo di fonte è il decreto-legge?
Si tratta di un atto normativo, parificato alla legge ordinaria approvata dal Parlamento. Non solo: il decreto-legge è un atto del Governo, che viene successivamente sottoposto ad un controllo politico e giuridico da parte del Parlamento. Inoltre viene emanato, dopo l’approvazione da parte del Governo, dal Presidente della Repubblica, organo garante del rispetto della Costituzione. Si tratta di una fonte del diritto dotata di garanzie, affinché il suo utilizzo avvenga nel rispetto della Costituzione. Poi vi sono le cd. ordinanze contingibili e urgenti che però sono previste non dalla Costituzione, ma da leggi ordinarie (legge sulla protezione civile, leggi in materia ambientale, leggi sugli enti locali ecc.). Nella storia repubblicana italiana le grandi emergenze di tipo eversivo, ad esempio quelle legate al terrorismo di matrice ideologica e quelle, endemiche e sistemiche, legate alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, sono state affrontate e fronteggiate proprio con l’adozione di decreti-legge che sono intervenuti incidendo su diritti essenziali di rango costituzionale.
A quali condizioni sono possibili restrizioni dei diritti fondamentali in situazioni straordinarie?
I diritti costituzionali, come la Corte Costituzionale ha sancito, possono essere ristretti in circostanze straordinarie a patto che siano rispettate le seguenti condizioni. In estrema sintesi, la restrizione di un diritto deve essere proporzionata, ovvero il mezzo della limitazione dei diritti deve essere necessario e indispensabile per affrontare il fine che consiste nel contrastare l’emergenza e per salvaguardare, ad esempio come in questo periodo, il bene salute, inteso sia come diritto fondamentale della persona sia come interesse della collettività ai sensi dell’art. 32 della Costituzione. Poi vi devono essere beni o diritti costituzionali effettivamente in pericolo, pericolo che giustifica la restrizione di altri diritti. È poi necessario che la restrizione del diritto o dei diritti sia temporanea o che, per lo meno, perduri esclusivamente per il tempo nel quale l’emergenza sussiste e, infine, che sia intrinsecamente ragionevole, ovvero esclusivamente atta alla difesa del bene e del diritto in pericolo.
È possibile anche sospendere del tutto alcuni diritti fondamentali?
La Costituzione non prevede la sospensione di diritti fondamentali. I diritti possono essere limitati, se ciò serve per assicurare un altro diritto di pari importanza che è esposto ad un pericolo, ma a patto che non venga intaccato il loro contenuto essenziale. Si vìola il contenuto essenziale, quando un diritto è limitato a tal punto da non poter essere più esercitato nelle sue condizioni minime. In questo senso ritengo che un diritto fondamentale non possa essere integralmente sospeso ma solo ristretto, perché la sua sospensione sottende ad una sua, per quanto temporanea, eliminazione. Ciò non è previsto dalla Costituzione formale. I diritti vanno bilanciati, quando vi è un conflitto, ma il bilanciamento presuppone un equilibrio nel senso che alla limitazione di un diritto corrisponde la tutela di un altro diritto. Se invece vi è sospensione vera e propria di un diritto, non può esservi bilanciamento e quindi equilibrio fra gli stessi. Io penso che una limitazione possa essere giustificata, non una sospensione.
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