Mentre la Serie A ha ripreso a porte chiuse, si discute sulla riapertura degli impianti sportivi. A breve la decisione del Ministero dello Sport
Affrontare il problema dell’emergenza sanitaria attraverso le “vicissitudini” che sta vivendo il mondo del calcio può fornire dei dati molto significativi. Da sempre sport nazionale per eccellenza, intorno al quale da decenni gravitano interessi che vanno ben al di là di quelli meramente sportivi, il calcio rappresenta indubbiamente uno specchio del nostro Paese.
La recente ripresa del campionato di Serie A nelle scorse settimane ha suscitato diversi interrogativi in merito a tematiche, quali le pessime previsioni economiche e la futura gestione dell’ordine pubblico in ambito sicurezza, che riguardano tutta la società nel suo complesso. Il problema dell’accesso agli impianti sportivi, in particolare, non si esaurisce quindi a semplice interesse economico legato al mondo dello sport, ma riflette piuttosto il clima di incertezza in cui versano le stesse Istituzioni, sul come continuare ad affrontare il “post” Covid 19. Ammesso che di “post” si possa già parlare.
Come è noto, il campionato italiano si è fermato alla ventiseiesima giornata, con il primo provvedimento emanato dal CONI, in data 23 febbraio, riguardante le regioni maggiormente colpite dal Coronavirus. Il comunicato fu accolto tra dubbi e scetticismo: con la curva dei contagi ancora in ascesa, tutto si pensava ma non che la “macchina del calcio” potesse fermarsi. Inizialmente si è parlato di partite a “porte chiuse”, ma i decreti del Governo e del Ministero dello Sport, ai quali il CONI si è prontamente allineato, hanno di fatto “imposto” (ai club ed alle pay TV) la sospensione che, a suon di proroghe, si è protratta fino allo scorso 22 giugno.
Con l’avviso dello scorso 12 giugno il Ministero dello Sport ha disposto che: «Gli eventi e le competizioni sportive – riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato Olimpico Nazionale italiano (CONI), dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e dalle rispettive federazioni, ovvero organizzati da organismi sportivi internazionali – sono consentiti a porte chiuse ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico, nel rispetto dei protocolli emanati dalle rispettive Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate ed Enti di Promozione Sportiva, al fine di prevenire o ridurre il rischio di diffusione del virus COVID-19 tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che vi partecipano». Una ripresa “in sordina” per il calcio italiano, mentre la riapertura al pubblico degli stadi resta ancora una possibilità remota.
Tuttavia, nel corso delle ultime settimane, il tema è tornato nuovamente alla ribalta. La prima a ipotizzare una possibile riapertura degli impianti sportivi è stata Sandra Zampa, sottosegretaria al Ministero della Salute: «Credo che, studiando modi e forme, ci sia questa possibilità. Una possibilità che dipenderà dal fatto che le persone dovranno entrare ovviamente una lontana dall’altra e che ci sia un accesso con controllo della temperatura – ha spiegato il 12 giugno in un’intervista concessa all’emittente radiofonica Kiss Kiss – bisogna che i tifosi sullo stadio assumano un impegno e che i club assumano un impegno serio nel controllo». Opinione condivisa pochi giorni anche da Gabriele Gravina, presidente della FIGC, ai microfoni di Rai Radio 1: «Normalità significa che il nostro Paese per una serie di ragioni stia ritornando a riconquistare spazi e capacità di relazione. Manca l’ultimo tassello, per quanto ci riguarda, ma credo che, se l’evoluzione così positiva della curva epidemiologica ce lo consentirà, vedere i nostri tifosi all’interno degli stadi credo sia l’ultimo tassello e credo che potrebbe dare il senso reale di un ritorno alla normalità».
Leggermente più attendista il neopresidente della Lega Calcio Paolo Dal Pino che, in un’intervista rilasciata al New York Times il 29 giugno, ha dichiarato: «Riportare i tifosi allo stadio? Dobbiamo essere prudenti e pazienti, ma siamo fiduciosi che se la situazione sanitaria continuerà a migliorare, il graduale ritorno dei tifosi negli stadi sarà una realtà, forse anche a partire dal prossimo mese. Ogni situazione di crisi rappresenta un’opportunità per migliorarci con ogni mezzo, ci sono opportunità da cogliere. Come la riduzione della burocrazia per chi spera di costruire nuovi impianti».
Dichiarazioni, queste, concomitanti con la fine della quarantena e l’inizio della c.d. “fase 2” che, di fatto, ha gradualmente generato un ritorno alla riapertura degli spazi pubblici, esercizi di ristorazione, centri commerciali, mezzi di trasporto interregionali. Un “allentamento”, da un punto di vista strettamente sanitario, che ha lasciato a margine proprio gli stadi ed altre strutture destinate ad un’utenza numericamente più ampia. Ciononostante, pochi giorni dopo la ripresa della Serie A, una prima risposta al problema è arrivata dall’attuale Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, mentre era in visita al centro sportivo “Kodokan” di Napoli lo scorso 3 luglio: «Bisognerà aspettare la prossima metà del mese di luglio per capire come andrà l’andamento della curva epidemiologica. Vedremo cosa si potrà fare. Intanto il campionato è iniziato, sono sicuro che questo fa piacere ai tifosi».
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