Ci scuseranno i nostri Lettori per il ritardo ma non potevamo andare in stampa prima dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Come tutti gli italiani, abbiamo seguito con ansia (e non poco fastidio) quello che a tutto il mondo è apparso come un vero e proprio “teatrino” della politica.
Primo motivo di apprensione, inizialmente, è stato vedere tra i “quirinabili” Silvio Berlusconi: il Cavaliere avrà pure dimostrato di poter ancora condizionare, almeno in parte, gli orientamenti del centrodestra ma alla fine dei giochi (come, forse, direbbe lui stesso) si è trattato di uno scherzo. Pericolo vero c’è stato, invece, con il tentativo di portare al Colle la Casellati. L’esigenza di eleggere una donna al Quirinale, per la prima volta, ha sicuramente rappresentato il momento più alto di queste elezioni; iniziare con chi aveva garantito che Ruby era la nipote di Mubarak, però, non avrebbe reso sufficientemente giustizia a questa scelta doverosa, speriamo solo rimandata di altri sette anni.
Sul fronte opposto non si può dire che si sia data una grande lezione politica. Alla spaccatura del centrodestra, ha fatto da contraltare una maggioranza piuttosto divisa, confusa, incapace di trovare l’accordo su un candidato; mancanza, questa, che conferma l’indispensabilità di una figura come Draghi alla guida (tutt’altro che semplice) del Governo.
Un’Italia, insomma, in cerca di stabilità, dove il mantenimento dello status quo avviene più per mancanza di valide alternative che per scelte politiche condivise. Con Draghi e Mattarella il nostro Paese può guardare avanti, sulla strada della ripresa. Un sospiro di sollievo generale, anche fuori dai nostri confini, soprattutto per quanto riguarda i mercati internazionali. Uno scenario, quello della politica estera, che preoccupa e non poco, specie se si guarda a est: la questione ucraina, unitariamente a quella della “dispettosa” Bielorussia di Lukashenko, rappresenta da mesi una vera e propria bomba ad orologeria. Nel braccio di ferro tra Putin e Biden, il ruolo e le scelte dell’UE avranno un peso decisivo, speriamo risolutivo.
Tornando a noi, più che un augurio, non ci resta che ringraziare il nostro Presidente, perché al giorno d’oggi, prima ancora della professionalità, prima ancora del senso del dovere, dobbiamo saper distinguere e apprezzare il valore delle persone che ci rappresentano. La senatrice Liliana Segre, nei concitati giorni che hanno preceduto la rielezione di Mattarella, si era augurata che il nuovo Presidente fosse come lui, che fosse “almeno antifascista” come lui. In un Paese come il nostro, con una Costituzione come la nostra, tale “ambizione” dovrebbe essere scontata. Ma di questi tempi… grazie Presidente.
il Direttore, Ugo Rodorigo