Abbiamo scelto, per ora, di non scrivere sulla tragedia che si sta consumando in Palestina. Ne avremmo molte di parole da spendere ma, come tutti, attendiamo col fiato sospeso che questa mattanza finisca, anche se la parola “fine”, al netto di quasi ottant’anni di violenze perpetue, non è mai stata così lontana.
Attendere, sì, e già qui sorge il primo problema: almeno in Italia (ma grosso modo in tutta Europa) nell’opinione pubblica si percepisce un netto rifiuto dei conflitti bellici accesisi nelle zone più “calde” del mondo; vale la pena ricordarlo, non solo Gaza e Ucraina, ma anche in Armenia e Kurdistan vi sono persone comuni, civili, donne e bambini, che perdono la vita ogni giorno. Un rifiuto, però, che si percepisce appena, voci (troppo) fuori dal coro che ancora non sono sufficienti ad orientare il dibattito e, di conseguenza, a trasformarsi in una forte mobilitazione per la Pace. Ciò avviene nonostante il grande sforzo di associazioni, di intellettuali e di una parte (purtroppo ridotta) dei media.
Mentre i Paesi del Vecchio Continente stanno sempre più virando verso logiche e politiche sovraniste, anti migratorie e velatamente “guerrafondaie” (mi si concedano almeno le virgolette), viene da chiedersi se riuscirà ad emergere, sia sul piano culturale e d’opinione, sia sul piano più strutturalmente politico, un “fronte per la Pace”, un fronte che in ciascun paese possa dare eco a questo dissenso così imbarazzato, tanto incerto quanto messo a margine, in alcuni casi addirittura bandito dal mondo della comunicazione. Mi rivolgo a questo esercito “trasparente” di opposizione, a questo ormai sfumato mondo della sinistra che, da tempo, stenta a riprendere la parola nel dibattito politico (nazionale e internazionale): muoviamoci compatti per la Pace, chi può farlo se non le sinistre?
Chiudo con un messaggio di cordoglio rivolto ai familiari della povera Giulia Cecchettin, una tragedia che si è rivelata ancor più orribile di quello che tutti abbiamo temuto per giorni. La nostra Redazione osserva e segue da tempo il triste fenomeno della violenza di genere, riteniamo che anche per mezzo di una costante sensibilizzazione e una mirata informazione si potrà intraprendere la strada di un serio cambiamento nelle già complesse relazioni di genere, affinché tali orrori, quelli che finiscono sulle prime pagine e quelli che restano sconosciuti alla massa, non avvengano più.
Il direttore
Ugo Rodorigo