L’arte teatrale, la forza delle parole, per risvegliare le coscienze, soprattutto quelle delle nuove generazioni, perché solo «investendo sui giovani potremo cambiare volto a questo Paese». Intervista al regista e attore catanese Enzo Rapisarda
In via Raimondo Franchetti, strada intitolata ad uno dei più importanti esploratori italiani del XX secolo, c’era la succursale, ricavata all’interno dell’ex carcere minorile, dell’Istituto Tecnico “Archimede” di Catania. La scuola si trovava a duecento metri da quella che si chiamava via dello Stadio, perché quello era ed è il quartiere Cibali. Adesso si chiama Giuseppe Fava perché lì, il 5 gennaio di quarant’anni fa, lo uccisero con cinque colpi calibro 7,65 alla nuca. Quel calibro fece sì che il delitto fosse inizialmente etichettato come omicidio passionale, giacché la criminalità organizzata era solita utilizzare altri tipi di armi, tesi questa non accettata dal prefetto Emanuele De Francesco, all’epoca Alto commissario antimafia, e dal questore catanese Agostino Conigliaro.
Fava si era recato in via dello Stadio per prendere la nipote impegnata nel pirandelliano “Pensaci, Giacomino!” al teatro stabile “Giovanni Verga” dove, a partire dal 1967, erano stati allestite cinque sue opere. Quel 5 gennaio 1984 «non c’era scuola perché le lezioni sarebbero ricominciate dopo l’Epifania. Ricordo ancora oggi, tutti i fiori e i biglietti che trovammo a coprire la vigliaccheria dei sicari…. e sono passati 40 anni».
Chi parla è il regista e attore Enzo Rapisarda. Nato il 27 luglio 1967 a Catania, sposato con Rita, due figlie (Anna e Stella), è cavaliere all’Ordine del Merito della Repubblica italiana. Nel 1990, insieme a Giulia Brogi, ha fondato la “Nuova Compagnia Teatrale”, di cui è l’attuale direttore artistico e con la quale, in oltre trent’anni d’attività, ha messo in scena innumerevoli spettacoli. In particolare, nel 2018, con il patrocinio del Dipartimento della Pubblica sicurezza, ha diretto ed interpretato “Mi aspettavo che…”, atto unico ideato dalla….
di Antonio Mazzei